Scrivo sempre meno e mi dispiace per i pochi ma preziosi amici elettivi cui posso dare solo le parole quali surrogato di presenza. Io me li porto lo stesso nel cuore, ma loro come possono supporlo, se anche il segno linguistico scompare?
Questa mia vita è immane dispendio di forze, mio malgrado, e pur in assenza di ragionevoli speranze di sbocco.
Il mondo, là sotto, s'è particolarmente imbruttito: nella debolezza dell'affaticamento l'immagine si deturpa, oppure, al contrario, la vista si fa selettiva e disvela l'orrore.
I messaggi esterni convergono, tutti, verso il grande raduno del brutto, nel consueto infingimento annuale cui non si sottrae neppure chi l'ha preventivamente irriso con sarcasmo e la solita, ma sedicente, arguzia.
Ma è doveroso - immagino che sia - accontentare sempre qualcun altro, acconsentire alle sue fantasie, alle sue pietose menzogne: al diavolo il principio della non contraddizione!
Loro si piacciono così, pieni di sfaccettature stridenti, evidentemente conciliabilissime tra chi sa stare a galla comunque tra tanti dire che smentiscono irrimediabilmente il fare, propensi all'auto-buonismo ed all'indulgenza. Creature miti e mutevoli, sostanzialmente flaccide.
Certo non aspirano a cambiare il mondo, non davvero, no: soltanto per celia, per noia, per posa: rivoluzioni in digitale, farfugliamenti gratuiti, e poi, la tacchinella al forno. Cin-cin, buon natale.
Si sopporta qualsiasi cosa, tranne forse la defezione di chi si amava, il tradimento delle idee.
Ma che cosa è più grave ed odioso: amare chi in troppi modi sancisce la propria indegnità ad essere oggetto d'amore, o la defezione stessa?