Quanto è istruttivo riflettere su noi stessi, e quant'è utile l'osservazione priva di qualsiasi coinvolgimento emotivo/passionale dei propri simili: risulterà propedeutico a alleggerirsi da tutto ciò che costituisce incrostazione ed espediente. (Ah: io adoro la pulizia!)
Bisogna essere implacabili, severissimi, se ciò che preme è incamminarsi verso un'approssimazione di verità. Si tratta di una partita tutta personale, in cui non c'è nulla da vincere di tradizionalmente mercantile, ma la cui posta è comunque preziosa per chi ha in noia le contraddizioni.
Contraddirsi è un prender tempo, nell'inconsapevole ingenuità del dimenticare che siamo meccanismi a termine.
Bisogna essere implacabili, severissimi, se ciò che preme è incamminarsi verso un'approssimazione di verità. Si tratta di una partita tutta personale, in cui non c'è nulla da vincere di tradizionalmente mercantile, ma la cui posta è comunque preziosa per chi ha in noia le contraddizioni.
Contraddirsi è un prender tempo, nell'inconsapevole ingenuità del dimenticare che siamo meccanismi a termine.
E' stupefacente guardarci vivere, anche quando è drammatico.
Non c'è, oggettivamente, limite alcuno agli alibi che concediamo a noi stessi, in particolar modo quando sono in ballo quei pochi capisaldi teorici e talvolta perfino cervellotici che paiono fondamentali a mantenere una certa consapevolezza di sé.
Innumerevoli volte ho ascoltato i pretesti di chi assolve non soltanto le sue stesse debolezze, ma anche le cose palesemente sbagliate.
"Siamo solo umani", si dicono, mi dicono.
"La vanità? Non è grave" aggiungono, "tutti aspiriamo ad emergere, a prevalere, ad affermarci, ad imporci al mondo, al piacere: è un pietoso tentativo di sconfiggere la morte"
"La doppiezza? Prassi comune, spesso tecnica di sopravvivenza" sostengono.
"L'individualismo, la sete di potere, l'egoismo, il narcisimo? Umanissimi, normali elementi umani".
Ogni cosa è concessa, così come il suo esatto contrario. L'etica è una libera illazione. Ci sono infinite etiche.
L'etica delle etiche sta nell'accettazione che non esiste una sola etica.
Chi tenta di uscire dall'approssimazione, dall'aleatorietà, è dannato; chi cerca l' athanor ove riforgiare il più autentico sé stesso è un sacro pazzo.
Ciò è sconfortante e fortemente dissuasorio, perché quel che mi è davvero chiaro e che mi pare inconfutabilmente vero è che io, quegli altri, non li capisco, non li ho capiti al tempo, e non li capirò mai.
Se così non fosse non patirei tanto disagio nell'osservare le loro azioni ed il loro stile d'essere, così noncurante dello stato di pulizia di quelle stesse loro anime.
Queste parole, cacciatrici di un punto, si guardano stupefatte, conscie di non trasmettere il messaggio che rimane, per sua origine e fine, eternamente incomunicabile.
Non c'è, oggettivamente, limite alcuno agli alibi che concediamo a noi stessi, in particolar modo quando sono in ballo quei pochi capisaldi teorici e talvolta perfino cervellotici che paiono fondamentali a mantenere una certa consapevolezza di sé.
Innumerevoli volte ho ascoltato i pretesti di chi assolve non soltanto le sue stesse debolezze, ma anche le cose palesemente sbagliate.
"Siamo solo umani", si dicono, mi dicono.
"La vanità? Non è grave" aggiungono, "tutti aspiriamo ad emergere, a prevalere, ad affermarci, ad imporci al mondo, al piacere: è un pietoso tentativo di sconfiggere la morte"
"La doppiezza? Prassi comune, spesso tecnica di sopravvivenza" sostengono.
"L'individualismo, la sete di potere, l'egoismo, il narcisimo? Umanissimi, normali elementi umani".
Ogni cosa è concessa, così come il suo esatto contrario. L'etica è una libera illazione. Ci sono infinite etiche.
L'etica delle etiche sta nell'accettazione che non esiste una sola etica.
Chi tenta di uscire dall'approssimazione, dall'aleatorietà, è dannato; chi cerca l' athanor ove riforgiare il più autentico sé stesso è un sacro pazzo.
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Ci sono dei momenti in cui mi servirebbe disperatamente fare il punto della mia vita, per fornirle una base di equilibrio qualsiasi, epperò non posso.
Non posso perché, se pure addivenissi ad una qualsiasi decisione, se pure ne trovassi uno dei bandoli, sì da sperare poi di dipanare l'intera matassa, non potrei in alcun modo evitare di inciampare nei numerosi nodi di cui è disseminata e che mi sono estranei e indisponibili come, ad esempio, gli altri umani, senza i quali io non avrei potuto vivere affatto.Ciò è sconfortante e fortemente dissuasorio, perché quel che mi è davvero chiaro e che mi pare inconfutabilmente vero è che io, quegli altri, non li capisco, non li ho capiti al tempo, e non li capirò mai.
Se così non fosse non patirei tanto disagio nell'osservare le loro azioni ed il loro stile d'essere, così noncurante dello stato di pulizia di quelle stesse loro anime.
Queste parole, cacciatrici di un punto, si guardano stupefatte, conscie di non trasmettere il messaggio che rimane, per sua origine e fine, eternamente incomunicabile.
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