L’ALBATRO
Spesso, per divertirsi, gli uomini d'equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di vïaggio,
Il solco della nave sopra gli abissi amari.
E li hanno appena posti sul ponte della nave
Che, inetti e vergognosi, questi re dell'azzurro
Pietosamente calano le grandi ali bianche,
Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.
Com'è goffo e maldestro, l'alato viaggiatore!
Lui, prima così bello, com'è comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
L'altro, arrancando, mima l'infermo che volava!
Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell'arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare.
Il poeta perde l' aureola, quand' è trascinato sulla terra. Sa volare, governare il cielo, ma non è capace di vivere sulla Terra.
"La morale della borghesia mi fa orrore", scrive Baudelaire. Così sceglie di affidare il suo dolore alla bellezza (la bellezza pitagorica del sonetto!), egli è un Dandy, ossia un asceta, un monaco del bello e si ribella all' utile della società borghese. Un dandy che, tuttavia, salirà sulle barricate della seconda Repubblica in difesa degli umili e degli oppressi.
Un cattolico morto bestemmiando.
Un morbo. Bellissimo, nella sua maledizione. Una nera malattia.
***
Ah, ma non succede soltanto ai poeti; ed allora è peggio. Non è così fratelli nessuno?
Come collocare simbolismi nella vita stritolata metropolitana, nell' untuoso facile moralismo, nella cloaca politica e civile, nella mediocrità dei gusti comuni di chi ama il pattume, ed abbisogna di culti?
Ebbrezza.
Non si può che mantenere l' ebbrezza del bello, che è qualcosa di triste, ardente e vago. "Il mistero ed il rimpianto sono caratteri del bello. [...] la gioia ne costituisce uno degli ornamenti più volgari, mentre la malinconia ne è l' illustre compagna... ".
Al lettoreStupidità e peccato, errore e lesina
ci assediano la mente, sfibrano i nostri corpi,
e alimentiamo i nostri bei rimorsi
come un povero nutre i propri insetti.
Son testardi i peccati, deboli i pentimenti;
vendiamo a caro prezzo le nostre confessioni,
e torniamo a pestare allegri il fango
come se un vile pianto ci avesse ripuliti.
Sul cuscino del male Satana Trismegisto
lungamente ci culla e persuade
e l'oro della nostra volontà,
alchimista provetto, manda in fumo.
È il Diavolo a tirare i nostri fili!
Dai più schifosi oggetti siamo attratti;
e ogni giorno nell'Inferno ci addentriamo d'un passo,
tranquilli attraversando miasmi e buio.
Come il vizioso in rovina che assapora
il seno martoriato di un'antica puttana
arraffiamo al passaggio piaceri clandestini
e li spremiamo come vecchie arance.
Dentro il nostro cervello, come elminti a milioni,
formicola e si scatena un popolo di Demoni;
la Morte, se respiriamo, nei polmoni
ci scende, fiume invisibile, con sordi gemiti.
E se stupro o veleno, lama o fuoco
non ci hanno ancora ornato di gustosi ricami
il trito canovaccio del destino
è solo, ahimè, che poco ardito è il cuore.
Ma in mezzo agli sciacalli, alle pantere, alle linci
alle scimmie, agli scorpioni, agli avvoltoi, ai serpenti,
ai mostri guaiolanti, grufolanti, striscianti
del nostro infame serraglio di vizi,
uno è ancora più brutto, più cattivo, più immondo!
Senza troppo agitarsi né gridare,
vorrebbe della terra non lasciar che rovine
e sbadigliando inghiottirebbe il mondo:
è la Noia! - Occhio greve d'un pianto involontario,
fuma la pipa, sogna impiccagioni ...
Lo conosci, lettore, quel mostro delicato,
- Ipocrita lettore, - mio simile, - fratello!
(Charles Baudelaire, I fiori del male)
Oh dolore, oh dolore, il tempo mangia la vita...
Cercare lettori tra i nostri simili è un esercizio di specchio illusorio. Preferirei persone inconsapevoli di queste dinamiche.
RispondiEliminaPoi mi (ri)fermo a leggere te.