giovedì 20 aprile 2017

Lasciala andare via

Un tempo, e non così remoto, un conoscente che non vedo e probabilmente non vedrò più,  mi disse "...ti tengo d'occhio...", quale massimo tributo d'affetto di cui fu capace o che io seppi ispirargli.
La vita insegna, non abbastanza presto, che le parole seguono spesso rotte desertiche dispersive e fumose perfino quando nel proferirle o pensarle siamo completamente in buonafede.
Come la maggior parte dei propositi umani era fiacco e mendace, perciò fu semplicemente e chiaramente smentito dai fatti, simile a centinaia d'altri, prima e dopo, a me occorsimi.

Gli uomini non sono che uomini, per quanto ingombrante e tronfio possa essere il loro ego, e se qualcuno ravvisasse qui  intento riduttivo, vedrebbe bene.
Non ho più la minima voglia di impegnarmi in una qualsiasi discussione o nel dialogo che nel passato  è sempre stato, quasi letteralmente, per me vita.
Comincio a dimenticare vocaboli, le parole mi appaiono sempre più non solo sospette, ma ormai moleste. I pochi che le usano appena decentemente hanno fini quasi sempre e quasi tutti indecenti e i molti che le sillabano a malapena con inflessioni e storture dialettali me le rendono, in modo equivalente, odiose.

Di tanto in tanto m'imbatto nelle corpose e poi inesorabilmente morte corrispondenze epistolari intrattenute con tanti amici defilati.
Quale spreco di stoica filantropia, povera illusa!

Quando ne scovo un filone, tra file dimenticati nel disordine del mio vecchio portatile, subisco una trasfigurazione e divento il disgraziato Bartleby impiegato all'Ufficio lettere smarrite di Washington.

Non imparerò mai la lezione, lo so bene, eppure è la prima che l'esistenza impartisce: ogni cosa è leggera, leggera, leggera, "...To let it go/Light enough to let it go" .