venerdì 19 giugno 2015

Equivoci di massima

In questa osmosi perenne e dolorosa, sì che quel che é dentro esce e quel che è fuori entra, e quel che è dentro è straziato e quel che è fuori è volgare e stupido, le difese sono progressivamente distrutte: la sensazione di agonia irreversibile è così netta e chiara da regalare una calma quasi perfetta.
 
Stiamo a vedere quanto duri, campionessa dell'autodistruzione...

Ho un'enorme ammirazione per gli stacanovisti del vivere, quelli che mentre ogni cosa e tanti loro simili muoiono o soffrono, vanno a sottoporsi a puntuali terapie inutili per i dolori di schiena.
E' un'ammirazione schifata -lo ammetto-, probabilmente molto simile all'oscura ambigua fascinazione che talvolta ci irretisce in uno spettacolo macabro od osceno.
Ammiro, con lo stessa sensazione di nausea, perfino quelli che conciliano, sostanzialmente, sullo stato inamovibile della realtà che li circonda, come coloro che annaspano in modo commovente per tenersi a galla nel sistema che sentono come il solo possibile, e che legittimano in continuazione, pure se quello stesso sistema umilia e stritola e ridicolizza innanzitutto il loro libero pensiero, e poi la loro vita materiale.
In qualsiasi modo vogliono aderirvi, ed io non riesco a comprendere -se non nella propensione all'appartenenza ai "normali"- cosa, tra l'intelligenza, la dignità, il desiderio del bello, sia morto prima.
Perché si è stati disposti ad illudersi sull'assurda possibilità di un "capitalismo etico", piuttosto che impegnarsi, umanità tutta, nella creazione di un socialismo vero?
  

Da un punto di vista oggettivo, lo so, l'individuo non può nulla né contro il male esterno a lui né contro le sue stesse personali sventure -quelle che influenzano la sua intera esistenza, come nascere in un luogo della Terra anziché in un altro, appartenere ad un determinato censo, sviluppare una malattia genetica, trascinare una sua certa storia passata,  ecc.- , ma essendo egli una creatura senziente ed anche sufficientemente logica, spesso  non ha alcuna alternativa al porsi domande senza sosta, ad avvertire un orribile disagio nel patire oppure osservare ingiustizie ed offese, a provare un mortificante senso di impotenza nell'assistere all'avvilimento dei valori che avvertiva come fondanti del senso di umanità.

Così credo io.
Ed invece sbaglio, perché generalizzo.
L'individuo non esiste, se non nelle elucubrazioni private che ciascuno di noi, nel suo proprio intimo, elabora.
Infatti, non capisco assolutamente più le ragioni di nessuno e nessuno, nessuno al mondo, mai, ha capito una mazza delle mie.