Ma dove dovrei mai archiviarla questa memoria tanto satura, che dovrei farne dei troppi ricordi di un tempo non già 'migliore', ma almeno vissuto... Non so dove porla, ché trascinarla appresso è inaudita fatica e lacerante malinconia, ma, d'altro canto, il suo accantonamento presupporrebbe la dissacrazione dell'intera mia vita e senza sacralità anche il significato è perduto.
... a che mi serve, ora, quest'aura di eroismo -che chi evita accuratamente il coinvolgimento mi declama con ammirazione- per scelte coraggiose, o scriteriate, od obbligate dall'insopprimibile senso di dignità... ; a che mi serve se il dolore insiste, se la speranza non ha più contorni, se non c'è strada da calpestare, se i sedicenti miei simili, che tanto blaterano d'amicizia ed affetto, non investirebbero in un vero sforzo d'incontro una sola e minima delle loro energie inutilizzate, giacché essi altro non sono che ectoplasmi, che narrazione di sé, maschere senza vero volto, tremanti e pavidi o -al contrario-orribilmente rapaci?
La realizzazione di ogni desiderio, anche il più elettivo e nobile, passa attraverso il lordume del denaro.
Ecco perché donne e uomini di questo tempo non hanno scampo e la loro realtà oggettiva è la perenne prostituzione.
La prima volta che ci si vende è quando ci si consente il primo alibi intellettuale: 'Devo accettare la mia complessità, la mia ignoranza, la mia contraddizione, la mia debolezza, perché sono soltanto umano'.
Menzogne schifose.
Il sinonimo di 'poveri e belli' è 'perdenti condannati a morte'.
La purezza, qui, è colpa ridicola.
Mi guardo intorno.
Rimango stupefatta.
Nel ghetto dei puri non c'è più nessuno. Volteggiano ancora, come foglie d'autunno, come piume in gorghi d'aria, parole morte dimenticate nella fretta della fuga.
La realizzazione di ogni desiderio, anche il più elettivo e nobile, passa attraverso il lordume del denaro.
Ecco perché donne e uomini di questo tempo non hanno scampo e la loro realtà oggettiva è la perenne prostituzione.
La prima volta che ci si vende è quando ci si consente il primo alibi intellettuale: 'Devo accettare la mia complessità, la mia ignoranza, la mia contraddizione, la mia debolezza, perché sono soltanto umano'.
Menzogne schifose.
Il sinonimo di 'poveri e belli' è 'perdenti condannati a morte'.
La purezza, qui, è colpa ridicola.
Mi guardo intorno.
Rimango stupefatta.
Nel ghetto dei puri non c'è più nessuno. Volteggiano ancora, come foglie d'autunno, come piume in gorghi d'aria, parole morte dimenticate nella fretta della fuga.
A volte tratteggi certi spiragli d'altrove, certe tessere di un mosaico privilegiato, che è un peccato immaginare tutto ciò andare perduto nell'oblio, come grida nel silenzio.
RispondiEliminaProvare a comporre un romanzo, un testo più capiente di una serie di post, non sarebbe per lo meno un tentativo di non lasciar cadere morte e dimenticate le tue intime parole, prima che non ci sia più né fretta né fuga?
Sono d'accordo sul ribrezzo d'accostare povertà e bellezza. Parafrasando Alda Merini, la povertà senza riscatto è come la sensibilità senza intelligenza. Se non la elabori non serve a nulla, rimane un paté di cuore.
Kisciotte caro, non ho davvero mai avuto alcuna velleità di pubblicare, se non, forse, da bambina, quando in risposta alla domanda di rito: "Che cosa ameresti fare da grande?" rispondevo: "Vorrei scrivere la favola delle favole..., soprattutto per arrivare al lieto fine."
EliminaSuccessivamente, arrivò la piccola fiammiferaia, ed il sogno svanì.
Grazie delle belle parole.