La Noia è la più ovvia reazione ad un protratto malessere esistenziale generico e generale, alla reiterata disillusione dei progetti più delicati e puliti di una vita, puntualmente e miseramente falliti per oggettiva impossibilità di realizzazione. D'altronde, se è oggettivamente ugualmente poco saggio sperare ed illudersi nel mentre la realtà pesa come un macigno che schianta il petto nella più assoluta assenza d'alternativa, è comunque vero che speranza ed illusione sono inevitabili ed indispensabili alla sopravvivenza delle anime ipersensibili, per lo meno se il subconscio sia deciso a procrastinare ancora un po' il suicidio.
La Noia è il mio 'anti-Godot' per antonomasia: non l'aspettavo affatto, ma arriva puntualmente lo stesso, e sempre in versione straziante, se non addirittura aggressiva, con effetti virulenti su ogni parola, azione, fatto e perfino pensiero, altrui e finanche miei.
Ogni tanto Candide ci riprova. Se almeno anche quelle due o tre anime in cui, con dolorosa sofferta cernita dopo una vita di empirici responsi, ho di nuovo e del tutto unilateralmente riposto l'ultimo residuo di fiducia e timida speranza, non riuscissero a recarmene anch'esse la loro puntuale dose, il panorama esistenziale potrebbe ancora riservare qualche dolce e confortante sorpresa. D'accordo: immaginifica, ma confortante; altamente improbabile, ma non completamente impossibile.
Ma non lo so davvero, né ci credo più di tanto: in realtà pure questo stesso costante dubbio non è che una delle tante versioni della potente Noia Madre la cui sostanziale lezione, per l'umano, è la seguente: "Sei nulla, gli altri son nulla, le parole fuggono e ti lasciano soltanto la loro stessa ombra; non hai niente, non saprai mai niente, non darai, non riceverai, ma, soltanto, penserai di dare e ti parrà di ricevere, mentre invece state tutti stritolati in mortificanti cliché, perdipiù effimeri. Sei ridicolo, lo siete tutti quanti, ed io vi schiaccio quando voglio."
Dopo un ragionevole numero di eclatanti smacchi, talvolta così ravvicinati nel tempo da indurmi a chiedermi se io non sia mai un magnete inconsapevole e potente per l'altrui ipocrisia e soprattutto per l'orrenda altrui ignavia, dovrei desistere decisamente da ulteriori prove, se non che pure la tattica auto-dissuasoria mi dà pesante ed intollerabile noia. In fin dei conti, se non fingo almeno di credere vero qualcosa, perdo anche la possibilità d'essere.
In conseguenza di tale ultima logica considerazione, un umano -pur disgustato da tutto e tutti e da sé stesso- altro non può fare che cavalcare a grandi linee il Grande Infingimento, oppure auto-sopprimersi, oppure sostenere la realtà con l'opportuno distacco ed optare per l'osservazione impassibile di grandi eventi o di fatterelli privati, smascellandosi di sbadigli.
(Uno dei miei rarissimi amici - della categoria 'fluttuantinonhocapitobeneperché'- se ora mi legge sta pensando "un altro post pieno di 'morenismi' che mi lasciano perplesso: lei insiste ed insiste con il voler afferrare la verità delle verità, nonostante le abbia mille volte spiegato che la verità è un'opinione.")
Solo che io non so come si faccia a vivere in precarietà di significati e pretesti: mi tengo l'orrenda Noia, ché nulla sa di compromessi ed espedienti. Almeno è sincera. La mia noia inossidabile resta l'unica cosa di cui vantare certezza, tra tante chiacchiere, manfrine, promesse, dimenticanze, rumori, ebetaggini, presunzione, sommamente bugiardi.