mercoledì 14 ottobre 2020

All'amico D.

Certo, per amor d'onestà e di verità cui la tua indole ti costringe, vorresti dirlo a quel vecchio amico che di tanto in tanto ancora ti fa visita che non sei più affatto quella persona che lui si ostina a vedere, forte della dolce fragranza di ritorno dei ricordi di giovinezza.

Non sei più il "suo angelo immaginario", non hai più visioni né profezie da elargirgli. D'altronde, pur nella sua buonafede, neppure ai tempi d'oro dei dialoghi e delle passeggiate filosofiche nei campi aveva scoperto che in realtà la tua era una voce di Cassandra.

Vorresti spiegargli quanto sia opaca adesso la tua vita e scandaloso il tuo costante dolore. Vorresti descrivere la vastità della tua solitudine senza appello, esattamente identica a quella sua stessa, che però lui per nulla al mondo vorrà ammettere mai.

Vorresti almeno dire a quest'ingenuo buon amico che a te difetta il meccanismo di rimozione che salva tutti gli altri e vedi con chiarezza che l'esistenza, coattiva perché imposta da una legge naturale che gli uomini poi sistematicamente infrangono e sconfessano, altro non è che malattia e preludio di morte. 

La malinconia, si sa, è contagiosa ed invisa ai gaudenti, ma la sua eterna indissolubile  permanenza sotterranea nei suoi portatori mentre li fa apparire fragili li fortifica. Vorresti congratularti con lui perché, se non altro, ha intuito ed amato solo la tua forza.

Eppure, giacché sei umana, le sue comparsate ti commuovono e le apprezzi, ed intanto pensi a quante altre inutili vicende sono nate così, in mancanza di pienezza, con spirito frugale e rassegnato, senza aspirazioni di grandiosità, perché poco,  in verità, quando riguarda la tua stirpe, ci si può aspettare di permanentemente grandioso.