Ci sono ancora cose, seppur sempre più rare, capaci di scuotermi e la loro suggestione, per pochi istanti, riesce a far riemergere quelle potenzialità vitali che mi appartengono per indole e che le restrizioni, i patimenti e soprattutto il sopravvenuto disgusto dell'esistenza hanno sepolto sotto cumuli di mortificazione ed una sorta di atarassia non già conquistata ma piuttosto subita per sfinimento.
Ascolto "A woman left lonely" della Joplin e mi ricordo chi sono con esattezza perché le potenti ripercussioni emotive che me ne derivano non possono essere che a me attinenti in modo unico ed esclusivo.
Nel passato è contenuta la certa testimonianza del fatto che sono stata capace di vivere in coerenza ed interezza con me stessa nonostante oggi il mio povero presente sia di fatto un disperato tentativo di sopravvivere sopra le righe senza consentirgli di insozzarmi e per fare questo devo anche dimenticarmi, rendermi assente, rinunciare alla mia verità.
Non ci è dato scampo, in quest'ultima lunga fase del tardo capitalismo: le opzioni fittizie a disposizione dell'individuo medio (la cui posizione nei suoi vari aspetti scivola progressivamente verso il baratro) per poter vivere non sono che due: aderire alla dilagante edonia depressa -la scelta maggioritaria delle masse insulse e vacue- oppure optare per un dolorosissimo auto-confino meditabondo e comunque senza gioia.
Sono ancora e da sempre convinta che la tensione principale nella vita di ogni umano sia la felicità ma anche che felicità non sia sinonimo di piacere. Il piacere fine a se stesso è appannaggio dei poveri di spirito.
Quel che trovo stupefacente, piuttosto, è il grado di asservimento mentale, qualche volta inconsapevole, di cui fanno sfoggio, loro malgrado, i sedicenti intellettuali.
A che cosa, a chi servono?
E' meno arduo rispondere a questo piuttosto che chiedersi a quale platea ideale aspirino a rivolgersi.
C'è stato un tempo, in fondo non così remoto, in cui approfondire ed accrescere la cultura equivaleva ad aspirare alla libertà, innanzitutto di pensiero e giudizio personali ed immediatamente dopo generale, per tutti, di tutti, dell'umanità.
Quest'ultima è un'aspettativa desueta, se non morta: l'autoreferenzialità è il massimo delle loro aspirazioni.
Ne deriva, signori intellettuali-mezze-calzette d'oggi, che siete inutili, a causa della vostra completa assenza di coraggio e del vostro evidente, fin imbarazzante, povero narcisismo.
Nel passato è contenuta la certa testimonianza del fatto che sono stata capace di vivere in coerenza ed interezza con me stessa nonostante oggi il mio povero presente sia di fatto un disperato tentativo di sopravvivere sopra le righe senza consentirgli di insozzarmi e per fare questo devo anche dimenticarmi, rendermi assente, rinunciare alla mia verità.
Non ci è dato scampo, in quest'ultima lunga fase del tardo capitalismo: le opzioni fittizie a disposizione dell'individuo medio (la cui posizione nei suoi vari aspetti scivola progressivamente verso il baratro) per poter vivere non sono che due: aderire alla dilagante edonia depressa -la scelta maggioritaria delle masse insulse e vacue- oppure optare per un dolorosissimo auto-confino meditabondo e comunque senza gioia.
Sono ancora e da sempre convinta che la tensione principale nella vita di ogni umano sia la felicità ma anche che felicità non sia sinonimo di piacere. Il piacere fine a se stesso è appannaggio dei poveri di spirito.
Quel che trovo stupefacente, piuttosto, è il grado di asservimento mentale, qualche volta inconsapevole, di cui fanno sfoggio, loro malgrado, i sedicenti intellettuali.
A che cosa, a chi servono?
E' meno arduo rispondere a questo piuttosto che chiedersi a quale platea ideale aspirino a rivolgersi.
C'è stato un tempo, in fondo non così remoto, in cui approfondire ed accrescere la cultura equivaleva ad aspirare alla libertà, innanzitutto di pensiero e giudizio personali ed immediatamente dopo generale, per tutti, di tutti, dell'umanità.
Quest'ultima è un'aspettativa desueta, se non morta: l'autoreferenzialità è il massimo delle loro aspirazioni.
Ne deriva, signori intellettuali-mezze-calzette d'oggi, che siete inutili, a causa della vostra completa assenza di coraggio e del vostro evidente, fin imbarazzante, povero narcisismo.