Disseziono, con scrupolosa attenzione, il corpo informe e mostruoso dell'angoscia totale in cui sono tumulata: è così esaustivamente umana, così omnicomprensiva e vasta e democratica, che mi par quasi bella. A suo modo è un'opera d'arte finita e perfetta: da qualsiasi parte la guardi pare frutto di onesto talento e fervente immaginazione.
Invece è il frutto, maturo ed inevitabile, solo di una certa capacità di sentire intensamente e di un po' di intelligenza. L'acume delle intuizioni e delle deduzioni, sui fatti della vita e sulla natura umana, è una vera calamità, una condanna a morte senza possibilità di appello.
Qualcuno -forse perfino io-, in altre condizioni, un tempo, ne ha fatto una specie di bandiera, crogiolandosi nella convinzione che ciò bastasse a renderlo migliore, elevato dalla turpe moltitudine, ma poi, se gli accadimenti dell'esistenza e del destino cui l'assurdità lo ha votato, incrudeliscono al punto di togliergli energie e mezzi di sussistenza, se ogni certezza e solidità è perduta, se gli amici sono scomparsi rivelando così l'esatta entità delle loro menzogne passate e la vacuità delle loro parole solo formalmente affettuose, la bandiera diventa feretro di solitudine interiore che avvolge un'anima sfinita.
Chiunque possieda l'ambizione e la fatale attitudine di far aderire il proprio pensiero alle azioni, chiunque non possa che vivere in simile integrità, è votato alla disperazione, perché niente, della realtà in cui dovrà necessariamente immergersi, sarà per lui indolore, o facile, od anche pure solo neutro ed indifferente.
"Avanzo lentamente, defunto, e la mia visione non è più mia, non è più niente: è quella dell'animale umano che ha ereditato senza volere la cultura greca, l'ordine romano, la cultura cristiana e tutte le altre illusioni che formano la civiltà all'interno della quale io percepisco.
Dove saranno i vivi?"
(F. Pessoa, Il libro dell'inquietudine)
Invece è il frutto, maturo ed inevitabile, solo di una certa capacità di sentire intensamente e di un po' di intelligenza. L'acume delle intuizioni e delle deduzioni, sui fatti della vita e sulla natura umana, è una vera calamità, una condanna a morte senza possibilità di appello.
Qualcuno -forse perfino io-, in altre condizioni, un tempo, ne ha fatto una specie di bandiera, crogiolandosi nella convinzione che ciò bastasse a renderlo migliore, elevato dalla turpe moltitudine, ma poi, se gli accadimenti dell'esistenza e del destino cui l'assurdità lo ha votato, incrudeliscono al punto di togliergli energie e mezzi di sussistenza, se ogni certezza e solidità è perduta, se gli amici sono scomparsi rivelando così l'esatta entità delle loro menzogne passate e la vacuità delle loro parole solo formalmente affettuose, la bandiera diventa feretro di solitudine interiore che avvolge un'anima sfinita.
Chiunque possieda l'ambizione e la fatale attitudine di far aderire il proprio pensiero alle azioni, chiunque non possa che vivere in simile integrità, è votato alla disperazione, perché niente, della realtà in cui dovrà necessariamente immergersi, sarà per lui indolore, o facile, od anche pure solo neutro ed indifferente.
"Avanzo lentamente, defunto, e la mia visione non è più mia, non è più niente: è quella dell'animale umano che ha ereditato senza volere la cultura greca, l'ordine romano, la cultura cristiana e tutte le altre illusioni che formano la civiltà all'interno della quale io percepisco.
Dove saranno i vivi?"
(F. Pessoa, Il libro dell'inquietudine)