lunedì 28 febbraio 2011

Le persone volgari poco si curano di amicizia

-"Le donne sono delle amiche più lucide degli amici, ma sono anche più esigenti";

-"L'amicizia fra persone di sesso diverso può durare mantenendosi anche immune da qualsiasi grossolanità. La donna tuttavia considera sempre l'uomo come un uomo, e analogamente l'uomo considera la donna come donna. Questo legame non è passione, né pura amicizia: costituisce una categoria a sé." ;

-"... uno degli aspetti fascinosi dell'amicizia è che le persone volgari non s'interessano affatto di essa: interessa loro soltanto l'amore.

Tal sorta di persone sa apprezzare solamente il trasporto travolgente della passione, ma è pressoché insensibile all'impegno morale, alla generosità di cuore, all'attitudine v/ la comprensione e il sacrificio che ogni vincolo amicale serio -ed a maggior ragione quello eterosessuale-, non può non comportare." ;

-"Si dubita pure oggi, talvolta, che un'amicizia effettiva possa intercorrere tra uomo e donna, minacciata com'è, in questo caso, dall'insorgenza dell'impulso sessuale che tende a travolgerla.

Ma anche un flirt può essere accompagnato dall'amicizia, se sorretto dalla comprensione sincera e dalla benevolenza reciproca. E, in ogni caso, gli uomini e le donne possono capire benissimo, se lo vogliono, che l'amicizia sia ALTRA COSA dall'attrazione sessuale e può essere stabilita e mantenuta anche senza di essa."

In epoca rinascimentale queste sono state opinioni espresse da autorevoli esponenti culturali, alcuni dei quali "teologi professionisti".
Io credo di avere in me un qualche residuo genetico di quell' epoca, ma non così condiviso, perché, mentre continuo ad immaginare perfettamente naturale l' amicizia eterosessuale, così come nei pareri sopra riportati, continuo a sentirmi ribadire, invece,  in conversazioni più o meno dirette, che mi sbaglio alla grande, che non è possibile concepire un' amicizia tra "esseri diseguali", esseri non "alla pari", come sono -appunto- uomo e donna. La motivazione sempre adottata è la consueta: gli ormoni turbano l' intelletto ed il cuore.

Lo trovo seccante. Riduttivo. Barbarico. Eppure tale confutazione proviene anche da donne: questo mi par anche più grave, perché suggerisce -in un certo senso- un certo vizio di ipo-valutazione di sé indotta da quelli che a me paiono luoghi comuni.

(Sappiamo che lo spazio cerebrale maschile preposto all' impulso sessuale è due volte e mezzo più grande  di quello femminile e che di conseguenza, in media, un uomo è attraversato da pensieri sessuali molte volte al giorno, a differenza di ciò che succede ad una donna. Ecco che la possibilità di concepire l' Amicizia eterosessuale, per una donna, dovrebbe essere potenzialmente maggiore...)

Per quel che riguarda la mia esperienza personale -ed alla faccia di coloro che possiedono un orizzonte mentale "circolare", che riconduce ogni azione ed intenzione a finalità erotiche e seduttive-, il mio bisogno di amicizia non discrimina tra i due generi, mai e ciò che può cambiare, semmai, è soltanto il linguaggio adottato.

Per inciso: il mio miglior amico è un amore finito.

domenica 27 febbraio 2011

Cosmogonie

Botero


Nulla a che vedere con la metamorfosi del povero Gregor Samsa, risvegliatosi insetto e precipitato in un baratro d' angoscia e solitudine: le metamorfosi carnevalesche hanno altra genesi, antichissima e mitologica, anche se strettamente connessa al rapporto che l' uomo, da sempre, ha con sé stesso e con il cosmo.

Dev' essere proprio a causa della sua funzione rituale, che cerca d' esorcizzare attraverso i lazzi e lo scherzo, il mascheramento ambiguo, il tergiversamento, l' assenza di luce imposta dal soltizio d' inverno, la quiescenza -pertanto- della vita (che ricorda troppo esplicitamente la morte), che io lo detesto oggi così come ho sempre fatto fin dall' infanzia.
Giacché non so concepire la doppiezza, non amo le maschere, né le ho mai amate. Eppure, so bene quanto simbolismo possano esprimere e quanta verità possa celarsi dietro a ciò che presenta sé stesso come visibilmente bugiardo o buffonesco.

Dietro la maschera è consentita la dissolutezza, il rovesciamento dell' ordine, l' immersione nel caos destrutturante, e festeggiare il disordine cosmico è strumentale al ripristino del nuovo ordine, più solido e restrittivo di prima. Più coercitivo.

Ogni festa serve a purgare l' amarezza della crisi, è la zolletta zuccherata che precede la somministrazione dell' amara pillola.
Ma ora a me pare che l' Umanità sia riuscita ad annullare totalmente i legami più occulti con il Cosmo e le sue leggi.
E' triste la possibilità che siano azzerate le speranze di  Rinascita, di ricongiungimento con l' eterno principio vitale che reggeva l' universo.

Come mi auguro di sbagliarmi...


Com' è più nobile e saggio lasciare che tutto accada, con un impercettibile sorriso sulle labbra...

venerdì 25 febbraio 2011

Estrazioni dal sottosuolo: l' originario interesse degli interessi.

"...
Oh, dite, chi è stato il primo a dichiarare, chi ha proclamato per primo che l' uomo fa il male unicamente perché non conosce i suoi  veri interessi; e che a illuminarlo, ad aprirgli gli occhi sui suoi veri, normali interessi, cesserebbe subito di fare il male, diventerebbe d' incanto buono e nobile, giacché essendo illuminato e intendendo il suo vero tornaconto, vedrebbe questo appunto nel bene, e si sa che non c' è uomo il quale possa scientemente agire contro il suo proprio tornaconto, e dunque l' uomo opererebbe il bene, diremo, per necessità? Oh fantolino chi questo disse! Oh puro ed ingenuo bambinello! Ma, in primo luogo, quando mai è capitato in tutti questi millenni che l' uomo agisse solo per il suo tornaconto? E come sbrigarsela coi milioni di fatti comprovanti che gli uomini 'scientemente' , ossia pur intendendo benissimo il loro vero tornaconto l' hanno lasciato talvolta in secondo piano e si sono buttati per un' altra via, al rischio, all' avventura, senza esservi costretti da nessuno e da niente, ma quasi volessero appunto e soltanto evitare la via loro indicata e aprirsene caparbiamente e capricciosamente un' altra, difficile, assurda, da cercare a tentoni? Vuol dire che di fatto, per loro, quella caparbietà e quella licenza erano più piacevoli di qualsivoglia tornaconto..."
(Fëdor Michajlovič Dostojevskij -Ricordi dal sottosuolo)

D' altronde, è talmente chiaro che, talvolta, il tornaconto dell' uomo sta nell' augurarsi il male, piuttosto che il bene. Ecco che, di colpo, ogni utopistica -ed erroneamente data per scontata- tendenza al bene viene sconfessata.
Da tempi remoti ragioniamo per luoghi comuni, suffragati da statistiche, con preferibilmente ai vertici calcoli economici.
Come se l' uomo fosse animale economico, che sciocchezza, quando mai, chi lo dice, chi l' ha detto: nulla di più stupido, nulla di più ingenuo ed alla resa dei conti controproducente.
Non esiste ambito che sfugga a questo inconsistente luogo comune: si tratta di una colossale fascinazione semplificativa, che ci banalizza da secoli e più precisamente da quando il primo pazzo ha deciso di aggiungere alla logica dei precedenti scambi  di beni necessari alla felice sussistenza il tarlo dell' accumulo. Sostituire l' avere all' essere ci ha reso i disgraziati  pezzenti che siamo, anche se è pur vero che avere è millanta volte più semplice che essere. E noi umani siam pigri.

"..
O piuttosto (per non far torto alla logica), esiste un interesse degli interessi (...) che è più importante e più interessante di tutti gli altri interessi, e per cui l' uomo è, se necessario, pronto a contraddire a tutte le leggi, ossia alla ragione, all' onore, alla tranquillità, alla prosperità, insomma a tutte le bellissime e utilissime cose del genere, pur di servire a questo originario interesse degli interessi che, ripeto, gli è più caro di tutto.
...
E questa propria, libera e indipendente volontà, questo proprio, sia pur folle, capriccio, questa fantasia, esasperata magari talvolta fino alla demenza, tutto ciò costituisce quel tale, sempre omesso, interesse degli interessi, che non rientra in nessuna classificazione e che manda costantemente al diavolo tutti i sistemi e tutte le teorie. Ma donde hanno cavato codesti sapientoni che l' uomo ha bisogno di non so che normale e virtuoso volere? L' uomo ha soltanto bisogno d' una volontà 'indipendente', gli costi questa indipendenza quanto può, e a qualunque punto debba menarlo. Ma poi, la volontà, lo sa il diavolo..."

(Fëdor Michajlovič Dostojevskij -Ricordi dal sottosuolo)

Il solo modo per mantenere quell' indipendenza è restarsene perennemente nel sottosuolo, o, quantomeno, considerarlo la principale abitazione della volontà: è un modo per non farsi soverchiare dalle contraddizioni, grazie agli improvvisi lampi di lucidità d' analisi ed onestà intellettuale che da lì sotto, di quando in quando, si può essere beneficiati. Spesso laggiù si sogna, si sogna intensamente, talvolta per mesi e mesi di seguito...
Ed il gran finale:

"Ma per quello che personalmente mi riguarda, io invero non ho fatto altro, nella mia vita, che spingere agli estremi ciò che voi non osavate fare neanche a metà, stimando per giunta ragionevolezza la vostra vigliaccheria, e con questo inganno consolandovi. Sicché io ne risulto magari più vivo di voi. Ma guardate dunque un po' più a fondo! Noi non sappiamo neppure dove stia di casa la vita adesso, e che cosa sia e come si chiami. Fate che ci lascino soli, senza libri, e subito ci confonderemo, ci smarriremo, non sapremo che partito prendere, a che attenerci; non sapremo che cosa amare e che cosa invece odiare, di che cosa far conto e che cosa disprezzare. (*) A noi ci pesa perfino d' essere uomini, uomini dotati d' un vero, d' un 'proprio' corpo e d' un proprio sangue; ci vergognamo di questo, lo riteniamo un' ignominia e aspettiamo di diventare non so che inauditi esseri astratti. Siamo nati morti, del resto è un pezzo che non nasciamo più da padri vivi, e questo ci conviene sempre più. Cominciamo a prenderci gusto. Presto inventeremo la maniera di nascere dall' idea. Ma basta; non voglio più scrivere 'dal sottosuolo'..."

(Fëdor Michajlovič Dostojevskij -Ricordi dal sottosuolo)

* mio il grassetto





domenica 20 febbraio 2011

Se la proprietà privata è bisogno primario dell' anima, quando diventò ingiusta?



Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907)

Nell' emozionante performance musicale di Giorgio Gaber "Qualcuno era comunista" egli comunica, con limpida intuizione poetica,  questa idealistica visione del mondo: "Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri. "
Questa per me è l' originaria, esaustiva,  essenza del comunismo.
Un' affermazione che pare perfino "sentimentale", interiore, spirituale (alla faccia di coloro che riducono l' idea di comunismo al freddo materialismo, il quale, semmai, attiene alla ricerca dei  mezzi che ne dovevano consentire il raggiungimento); un' idea bella.
Ma invece l' uguaglianza è cosa bella e giusta, sì, ma è anche l' insopprimibile elemento di una società che aspiri ad essere felice.
Sottolineo una società, vale a dire un consorzio, un insieme di individui che desiderino e sentano il bisogno di appartenenza e condivisione di Valori, Leggi, Memoria.
Chi non ha nulla, chi teme di perdere il poco che ha, e vede come se la spassano coloro che hanno tutto o perfino troppo, ha perduto il requisito dell' uguaglianza: è l' intera società che ne soffre e ne erediterà negative e certe conseguenze.
Eppure, in sé e per sé, la proprietà privata non è il demone, come ebbe anche ad osservare Simone Weil: si tratta di un bisogno essenziale tutto umano (e non solo, ora che ci penso: molti animali marcano il loro territorio...), che qualcosa, in  un successivo meccanismo economico, ha stravolto originando ingiustizia.
Inutile fingere che non sia così: è, piuttosto, matematico.

"Robinson, 'la spada in pugno', ha fatto di Venerdì il suo schiavo. Ma per riuscire a questo, Robinson ha bisogno di qualche altra cosa oltre la spada. Non è da tutti possedere uno schiavo. Per potersene servire bisogna avere a disposizione due cose: in primo luogo gli strumenti e gli oggetti per il lavoro dello schiavo e in secondo luogo i mezzi necessari per il suo mantenimento. Quindi, prima che la schiavitù diventi possibile bisogna che sia raggiunto un certo livello nella produzione e che sia comparso un certo grado di diseguaglianza nella distribuzione. E perché il lavoro degli schiavi divenga il modo di produzione dominante di tutta una società, occorre un incremento ancora maggiore della produzione, del commercio e dell' accumulazione della ricchezza...
In ogni caso, quindi, presuppone già il possesso di un certo patrimonio superiore alla media. Come è sorto questo patrimonio? E' certo chiaro in ogni caso che è possibile che esso sia frutto di rapina e che quindi poggi sulla violenza, ma ciò non è affatto necessario. Può essere stato ottenuto col lavoro, col furto, col commercio, con la frode.  Anzi, prima che possa essere rubato, in generale è necessario che esso sia stato ottenuto col lavoro.
In generale la proprietà privata non appare affatto nella storia come risultato della rapina e della violenza. Al contrario. Essa sussiste già, se anche limitatamente a certi oggetti, nella comunità primitiva naturale di tutti i popoli civili. Già entro questa comunità essa si sviluppa, dapprima nello scambio con stranieri, assumendo la forma di merce. Quanto più i prodotti della comunità assumono forma di merci, cioè quanto meno vengono prodotti da essa per l' uso personale del produttore e quanto più vengono prodotti per il fine dello scambio, quanto più lo scambio soppianta, anche all' interno della comunità, la primitiva divisione naturale del lavoro, tanto più disuguali divengono le fortune dei singoli membri della comunità, tanto più profondamente viene minato l' antico possesso comune del suolo, tanto più la comunità si spinge verso la sua dissoluzione e la sua trasformazione in un villaggio di contadini parcellari...
Dovunque si costituisce la proprietà privata, questo accade in conseguenza di mutati rapporti di produzione e di scambio, nell' interesse dell' aumento della produzione e dell' incremento del traffico: quindi per cause economiche. La violenza qui non ha assolutamente nessuna parte.
E' pur chiaro che l' istituto della proprietà privata deve già sussistere prima che il predone possa 'appropriarsi' dell' altrui bene; che quindi la violenza può certo modificare lo stato del possesso, ma non produrre la proprietà privata come tale... anche se escludiamo la possibilità di ogni rapina, di ogni atto di violenza, di ogni imbroglio, se ammettiamo che tutta la proprietà privata originariamente poggia sul lavoro proprio del possessore, e che in tutto il processo ulteriore vengano scambiati solo valori eguali con valori eguali, tuttavia, con lo sviluppo progressivo della produzione e dello scambio, arriviamo necessariamente all' attuale modo di produzione capitalistico, alla monopolizzazione dei mezzi di produzione e di sussistenza nelle mani di una sola classe poco numerosa, alla degradazione dell' altra classe, che costituisce l' enorme maggioranza, la classe di proletari pauperizzati, arriviamo al periodico alternarsi di produzione vertiginosa e di crisi commerciale e a tutta l' odierna anarchia della produzione. Tutto il processo viene spiegato da cause puramente economiche senza che neppure una sola volta ci sia stato bisogno della rapina, della violenza, dello Stato, o di qualsiasi interferenza politica."
(F. Engels, Antidühring, 1878)

venerdì 18 febbraio 2011

Opinabile dignità


Singolari complesse creature i maschi...
Più che mai ostica, poi, la mente di alcuni di loro -sedicenti intellettuali-, la cui implicita capacità critica ed interpretativa delle cose del mondo coglie sfumature lievissime a me -povera grulla e miope sempliciotta, nonché presumibilmente (pure) nuova moralista/comunista-, completamente oscure.

Ho letto, con orrore, reiterata dichiarazione di una donna -che descrive sé stessa in modo evocativamente accattivante secondo la più ordinaria e misera logica estetica maschilista-, che vede una sottile e sostanziale differenza tra il prostituirsi per soldi (come normale attività? Come libera professione?) ed il prostituirsi per soldi, per un posto di lavoro più o meno prestigioso, per una comparsata televisiva, per un appartamento con affitto pagato, e simili, a Berlusconi od altri di lui sostenitori.
Poco prima la stessa persona aveva trovato massimamente deliziosa l' idea scherzosa d' immaginare sé stessa nuova Giuditta pronta a sacrificare la propria virtù per eliminare Oloferne.
Biblico.
Ma giacché non son questi i tempi in cui le virtù godano di grande considerazione, il suo ragionamento lascia un senso di doloroso stupore, dal sapore vagamente offensivo (questo sì) per molte donne.

Chiedo scusa: mi sfugge la nuance, non ravvedo la raffinata sfumatura. E' ideologica? E' politica?
Ci sono prostitute dignitose e prostitute indegne? Prostitute di sinistra e prostitute di destra?
E' evidente che chi trova normalmente concepibile la mercificazione del proprio corpo e focalizza semmai l' attenzione sul fruitore dei favori ha non soltanto una storia culturale ed intellettuale diversa dalla mia, ma anche uno strano concetto del meccanismo corpo-mente e delle incessanti, fatali connessioni tra i due elementi, senza le quali non si può affermare d' essere integri e completi.

Purtroppo a qualche maschio quel  ragionamento, insistentemente, piace. Deludente, che peccato, quanto mi disturba...

mercoledì 16 febbraio 2011

Nel grande flusso del niente.

Il libeccio era finalmente placato, e ora una lieve brezza accarezzava appena le pesanti vele inerti, vuote d’ aria e di vita.

Il galeone aveva rollato e beccheggiato, ossessionato dall’ inquietudine dei venti, ed ora giaceva adagiato sul mare senza confini, come sopra una lastra blu levigata ed immobile. Sfinito. Cinquant' anni di navigazione sulle acque contaminate del mondo per il misero bottino di un barile d' aringhe affumicate, una catasta di ciarpame e sartame di canapa reso quasi inservibile dai morsi dei ratti di stiva.

Sole accecante, stasi assoluta, roboante silenzio, sospensione del tempo. Gli amici andati, dispersi in mare, o approdati ai porti maggiori, per aderire al grande flusso del niente.

Forse anche il tempo era morto e, forse, ogni altra cosa era morta, o mai vissuta.

Sirio, così irrimediabilmente dimentica ormai della terra, pensava a sé stessa come a qualcosa di sciupato tra troppe velleità ed altrettante disillusioni e si convinceva d’ essere, forse, un inconsistente sogno. Era, forse, un sogno altrui scordato e disperso nella nebulosa delle cose passate e scomparse per sempre che lasciano solo un leggero sentore di dolce malinconia e triste tenerezza. Sì, lei era un sogno ribelle, scappato dalle reti della memoria, che per misteriosa alchimia di demone, aveva scelto il volo libero sopra l’ oceano della perplessità.

Ma un sogno senza più sognatore è un' epopea senza eroe, una lacrima senza il dolore, una madre senza più figlio.

Aveva percorso miglia su miglia, e s' era illuminata cento volte di fugace gioia, nell’ illusione di averla alfine trovata, quell’ Isola in attesa di nome che cercava da sempre. L’ approdo. l' Altrove. Ma altrettante cento era riprecipitata nella consapevolezza d’ aver soltanto sperato di potervi credere ed aver visto ciò che non era.

Adesso le forze scemavano e la speranza era ormai quasi definitivamente scomparsa. Una spossatezza antica la istigava, con voce di sirena, alla rinuncia e, con la rinuncia, al riposo od all’ estinzione, che è pur la pace.

Questo mare sconfinato e freddo non è luogo atto a coltivare e far sopravvivere speranze, per quanto tenaci e caparbie esse sembrassero. Non esiste eroe vivo.

Deprecabili ed inaffidabili personaggi, quei volgari nostromi … Glielo avevano tutti assicurato – e lei vi aveva creduto, a causa di quell’ ingenuità di cui mai si sarebbe liberata-, con le loro voci galeotte bisbigliate furtivamente come a comunicare il più prezioso dei segreti; tutti loro le avevano giurato che l’ Isola c’era, ed era la più amena e seducente che si potesse immaginare. L’ avevano, a loro volta, sentito dire da altri, mormorato sottovoce, come di cosa di cui non sia opportuno declamare, per non turbarne la purezza, o la magia.

Filosofi cialtroni ed oziosi perditempo, poeti bugiardi, armati soltanto di parole vane! Avevano mentito … ma in fondo non c’ è nulla che esca dalle labbra umane di totalmente sincero. Soltanto la minima parte di quel che dicono gli uomini si avvicina alla verità e la restante è meno stabile e certa della polvere che il vento di tramontana porta con sé.


"...
Mi sono accorto che trovarsi con quelli che piacciono può bastare,
Fermarsi in compagnia degli altri la sera, può bastare,
Trovarsi circondato da carne bella, curiosa, che respira, che ride può bastare,
Passare tra quelli, toccarli, posare il braccio anche leggermente e per un istante sul collo di lui o di lei, che cosa è mai questo?
Non chiedo maggiore delizia, e in essa nuoto come in un mare.
Vi è qualcosa nel fermarsi accosto a uomini e donne, nel guardarli, nel contatto, nell’ odore di essi, che così compiutamente soddisfa l’ anima,
Tutte le cose soddisfano l’ anima, ma queste la soddisfano compiutamente.
..."

(Walt Whitman- Canto il corpo elettrico)
Così cantava il matto, esaltato d' America, prima che lei ed il suo dio divorassero il mondo.

domenica 13 febbraio 2011

Vita in falsetto

Questo è un sopranista, che oggi non corrisponde necessariamente al  cantante castrato di un tempo.
Sostanzialmente è un controtenore che arriva ad un registro particolarmente alto di falsetto.

A me produce una sensazione di grottesco, ma non è cosa eccezionale: la ricavo, in questa fase della mia vita e del mio tempo, da molte ed altre manifestazioni, private e pubbliche, politiche.
Ed è quasi angoscia...
Ricerco un ordine perduto e primigenio, consapevole dell' impossibilità dell' impresa.


sabato 12 febbraio 2011

... e chi non crede in nulla la governa...

"...
Così la mia nazione è ritornata al punto
di partenza, nel ricorso dell' empietà.
E, chi non crede in nulla, ne ha coscienza,

e la governa. Non ha certo rimorso,
chi non crede in nulla, ed è cattolico,
a saper d' essere spietatamente in torto.

..."

(Pier Paolo Pasolini-La Religione del mio tempo)


Perduta la culla originaria, o la possibilità di riconoscerla ormai incapace di accogliere i suoi figli, l' io inaridisce e muore, il dramma rimane irrisolto e si volge in tragedia.

Così per i cittadini di uno Stato in cui si arriva a litigare per indire o meno una giornata di festa nazionale che ricorre ogni cinquantennio.

Se non fosse triste e vero, sarebbe ridicolo.
Strano, questo nostro Paese, in cui la democrazia è talmente insediata ed aperta da consentire intestine lotte tra organi istituzionali per siffatti motivi...
Si vede che, tra le varie cecità di cui ci piace macchiarci, ci sta anche quella dell' autolesionismo intellettuale: non abbiamo neppure più il rispetto per ciò che le generazioni passate hanno conquistato con il loro stesso sangue.
Smemorati. Ed ingrati.

giovedì 10 febbraio 2011

Undicesimo: non millantare.

Guardo Annozero:  in questo momento Vendola espone il suo pensiero e parla di politica, e del calderone in ebollizione nell' area del Mediterraneo. Vendola è un politico e meno male che cerca di fare il suo mestiere.
Ora non mi interessa questa faccenda, anche se lui mi pare un buon diavolo. Il meno ignavo di quelli che conosco, nonché il più intelligente sulla piazza.
Mi ha stressato ben altro -ove non fosse stato sufficiente il normale stress giornaliero- e non mi va, ora,  di scrivere di questo: sono molto stanca, la mia vita è fisicamente faticosa.

Poco prima sono state trasmesse alcune interviste raccolte ad Arcore, all' uscita dalla Messa -quindi a cattolici praticanti- e lo schifo che me ne deriva è stratosferico.
Quei vecchi babbioni, quei sepolcri imbiancati vomitevoli, sostengono che "siamo tutti peccatori", ed allora, perché tanta severità nei confronti dei vizietti del premier?
A parte il fatto che -come ogni persona di intelligenza media sa benissimo- la questione non verte sui "vizietti" ma bensì sulle Leggi e sulla Giustizia ( che i vizietti privati non se li fila proprio), a parte il fatto che NON siamo affatto tutti peccatori (io non pecco, io ho vissuto e vivo, amato molto e molte volte, ma mai "peccato"), a parte tutto quello ancora che ci volete aggiungere, mi chiedo, da sempre e da sempre ne ricavo viva indignazione :

ma un' altra religione tanto elasticamente ipocrita quanto quella cattolica, soprattutto nell' interpretazione attiva e militante che ne danno i suoi accoliti, esiste?

mercoledì 9 febbraio 2011

Il migliore dei mondi possibili

Oh, santocielo, quale devastante, insopportabile, nauseante noia...

Sarà il sentore del profumo di imminente primavera; apportatrice di nuova linfa vitale e di desiderio; sarà una certa sensibilità estetica offesa; sarà che in qualsiasi gregge che bruchi alacremente non c' è ovino che si distingua alla vista pur se preferisce tenere margheritine a verdi quadrifogli; sarà che serpeggiando il solito male oscuro minaccia un nuovo assedio; sarà che nulla accade e che comunque, seppur non fosse, questa volta lo lascerei accadere, dato che so comunque come finirebbe; sarà magari anche a causa di troppe altre vicende personali, ma io non ho più voglia di tentare la partecipazione.

Non vorrei parlare, né più scrivere una sola riga, a descrizione, sottolineatura ed ennesima riconferma che tutto è perduto. Politicamente, ma non solo.
Che nulla cambia.
Che siamo solo strumenti. che il nostro incessante chiacchiericcio di denuncia o di sostegno a questa sottospecie di classe dirigente ha comunque la colpa di legittimarla riconoscendola il fulcro insostituibile per il funzionamento di ogni altro conseguente meccanismo.
Che tutto è veramente nada, y pues nada, y nada... e che non si tratta di una crisi generazionale, né più ampiamente epocale, né logisticamente geografica; né di una fase annichilita o confusa -una straordinaria défaillance collettiva-; no davvero: gli umani sono proprio così e quel che sanno fare è questa roba qua: la propagazione della cloaca maxima a livelli via via superiori, nazionale, continentale, terrestre.
Ormai l' uomo moderno, depauperato di immaginazione e fantasia, data la sua sostanzialmente molliccia indole e la sua attitudine all' ammucchiata, altro non fa se non  adeguarsi all' attività di propagazione. Sei con i cattivi? Va bene, propaga la tua perfida fede. Sei con i buoni? Allora propaga l' anti-cattiveria.
Fatelo in coro. Finché vi pare, ma in coro. Tutti quanti, dalle rispettive fazioni.
Di fatto il gioco rimane circoscritto e sostanzialmente inviolato..

Questo è il migliore dei mondi possibili.
Confuto l' affermazione di Saviano al raduno ( radical chic)  intellettuale ultimo scorso: non penso che in un Paese di persone perbene pochi scellerati avrebbero potuto incatenarsi alle poltrone del potere per un ventennio: è un' idea assolutamente insostenibile in una democrazia. Paradossale.
Si vede che non siamo democratici davvero. O che la democrazia ha gravi e pesanti pecche nel suo stesso seno, come la serpe della regina Cleopatra.

Io non ci sto più.





domenica 6 febbraio 2011

Vittoria

"...
Struggente, è in lui, Nenni, l' incertezza
con cui ha rinunciato all' epico affetto
cui poteva anche a diritto avere avvezza

la sua anima: e, uscendo dalla scena di Brecht,
per ritirarsi nei bui retroscena,
dove impara nuove parabole reali l' eroe incerto,

ha spezzato a sue spese la catena
che lo legava al popolo come un vecchio idolo,
dando alla sua vecchiezza nuova pena.

I giovani Cervi, mio fratello Guido,
i ragazzi caduti a Reggio nel Sessanta,
col loro casto, il loro forte, il loro fido

occhio, sede della luce santa,
lo guardano, e aspettano le vecchie parole.
Ma egli, eroe ormai diviso, manca

ormai della voce che tocca il cuore:
si rivolge alla ragione non ragione,
alla sorella triste della ragione, che vuole

capire la realtà nella realtà, con passione
che rifiuta ogni estremismo, ogni temerità.
Che cosa dirgli? Che la realtà ha una nuova tensione
che è quella che è, e ormai non ha
più senso altro che accettarla...
CHE LA RIVOLUZIONE DIVENTA ARIDITA'

S' E' SENZA MAI VITTORIA... che forse non è tardi
per chi vuol vincere, ma non con la violenza
delle vecchie, disperate armi...

Che bisogna sacrificare la coerenza
all' incoerenza della vita, tentare un dialogo
creatore, anche contro la nostra coscienza.

Che la realtà, anche di questo piccolo, avaro
Stato, è più di noi, è sempre un' immensa cosa:
e bisogna rientrarne, se pure è così amaro...

Ma che ragione volete che ascolti questa ansiosa
masnada di uomini, che hanno lasciato -come
dicono i canti- la casa, la sposa,

la vita stessa, proprio nel nome della Ragione?
...."

(P.P.Pasolini- da "Vittoria" 1964)





Sempre più forte si sente di dover gridare la propria infelicità, quasi che l' infelicità assuma la veemenza di ciò che resta dei diritti.
La lotta di classe è dimenticata, anche se non è mai risolta, ed ha perso le forme e le caratteristiche che la rivelavano al mondo.
Ma io oggi, pur non essendo ancora in sospetto d' aprile, ricordo con amore la Resistenza, con questo sole che splende.

martedì 1 febbraio 2011

Lieve contrappunto

Il borbottìo del moralista che giura di non far moralismo, ma ha la certa ed equilibrata visione delle "cose esatte del mondo"  e con pedanteria e supponenza, ma molto pacatamente, le declama -anche se sottovoce e con compunto atteggiamento-, mi causa più ripugnanza dell' imbecille o dell' onesto stronzo che hanno perlomeno il coraggio o l' incoscienza o la sfacciataggine di palesare le loro tristi convinzioni a viso aperto.
Tra i due tipi di tronfio ego, il primo ne rappresenta certamente la peggiore specie, perché egli si veste solitamente anche dei panni del galantuomo e del saggio, con mantello di pesanti contraddizioni.
In genere si dice anche "cristiano",  eppure ciò che gli ferma la mano capace di scagliare la prima pietra, è soltanto ed appena la volontà precisa di indulgere ai piaceri proibiti.