domenica 5 marzo 2017

Vergogna

"... e un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo, pensò che aveva modo di riparare a qualche torto..."

Pensava male, quell'eroe gucciniano giovane e bello, ma proprio perché giovane e bello -giovane e bello fuori e dentro-, e probabilmente perché il censo di appartenenza, quando disagiato, affina oltremodo la nobiltà dell'anima -solo se l'anima è nobile per indole-, non poteva fare che quello che fece.
Non c'è stato mai modo di riparare ad alcun torto, purtroppo: la natura umana ha comuni tratti  immutabili, in fondo, e tendenti alla reiterazione.
Poco importa che essa sia innata o culturalmente indotta.
Giustizia, ingiustizia, vengono avvertite in modo soggettivo e sempre parziale: sono opinabili.
Il miserando limite di essere umani sta tutto qui, nelle grandi questioni: l'inconciliabilità assoluta tra l'idealizzazione e la trivialità dei nostri appetiti e del nostro tornaconto. 

Di conseguenza ciò mi rimanda, con grande tristezza,  a quel trentenne la cui lettera di commiato prima del suicidio nei giorni scorsi è apparsa sui giornali, perché non c'è nulla che muova all'interesse ed alla  compassione generali fittizi, fulminei, effimeri ed ipocriti tanto quanto la vittima di turno.
Eppure, con grande probabilità, pochi provano anche vergogna, oltre all'orrore, per simili morti.
Se così non fosse difficilmente si potrebbe sopportare la visione -anzi, l'esistenza-, ad esempio, di festival televisivi della canzone  in cui i soli presentatori,  uomini e donne oggettivamente senza qualità, ricevono compensi paradossali, in barba a tutti i precari che si ammazzano.
E che dire dei giullari, così prevedibili e scontati, e della loro ormai logora satitra totalmente vana ed in malafede, tutto sommato prezzolati dal sistema, che calcano le scene ufficiali  perché al popolo-bue piace ridere di se stesso illudendosi che il riso lo assolva dal reato d'inerzia?
Le folle rispettano ed invidiano idoletti televisivi da strapazzo, persone stupide in modo imbarazzante, gente la cui abilità sta nel dar calci ad un pallone, nello scaldare di tanto in tanto poltrone parlamentari lottizzate, un'infinità di altri personaggi irrisori in ogni campo dell'attività umana,  per la loro abilità straordinaria nell'aver fatto fruttare la mediocrità di cui sono portatori. Nulla è più gratificante (immagino) del rispecchiarsi nei mediocri che ce l'hanno fatta.

Invocare la vergogna, comunque, è a questo punto totalmente fuori luogo e me ne rendo perfettamente conto. La vergogna è un sentimento complesso da analizzare, in fondo, e nelle questioni sociali è influenzato culturalmente dal sentimento generico e populistico del comune pensiero (quell'idiota).
Secondo Sartre esiste solo in relazione all'altro, ovvero ci si vergogna soltanto quando si teme l'altrui giudizio o riprovazione.
Stante l'infimo livello raggiunto ed universalmente accettato di quelli che venivano definiti 'valori umani', che ora stanno solo sulla carta di qualche Costituzione, i borborigmi della coscienza sono praticamente scomparsi.


Una brava donna, seraficamente priva di malvagità e forse pure in buonafede, l'altro giorno mi ha detto: "... beh, perché prendersela con i ricchi: sono necessari, i migliori fanno beneficenza, danno lavoro ai giardinieri, ai domestici, ai più 'sfortunati'...".
Ecco, il borghese benpensante ha adottato sempre, più o meno consapevolmente, una simile tecnica autoassolutoria che poi è stata assimilata anche da molti che borghesi non sono.
Peccato che quel certo tipo di sfortuna sia indispensabile ai fortunati per restare tali.
C'è qualcosa di sporco, un rivoletto permanente d'ipocrisia, che gli cola dalla coscienza e lo rende miope e pure un po' sordo rispetto alle sofferenze altrui, sempre minimizzate quando non negate e dimenticate.

Perché giustizia, ingiustizia, più che mai, per il piccolo borghese-tipo, son solo opinioni.