In sunto, ciò che mi lascia stupefatta, è la loro indiscutibile abilità a comportarsi come se quel dato comportamento fosse non solo naturale, ma pure congruo.
Loro sanno, perfettamente, che stare al mondo significa impelagarsi nelle sue regole di massima, aderendo a quel che pare il generale buonsenso e le norme della loro comunità, e che chi non sa farlo o non può - a meno che non sia icona pubblicitaria di un anticonformismo ostentato - soccomberà presto e senz'ombra di dubbio. Ciò basta a rendere sospetta la loro stessa sedicente "scelta" di appartenenza e di adesione. Abdicare ai propri bisogni più originalmente umani in nome dell'ordine del consorzio di appartenenza e delle comodità conseguenti a me pare alto tradimento verso quella porzione di libertà (d'amare, d'esprimere, di dissentire, d'essere) che non ledendo in alcun modo quella altrui resta dovere verso sé stessi.
In fondo sono molto democratici: rispettano la dittatura delle maggioranze. Democrazia, infatti, non ha attinenza con la libertà: confonderle assimilandole è davvero superficiale.
Quale contrappeso, costoro ingoiano e seppelliscono i loro più sotterranei e sinceri impulsi passionali, sentimentali, poetici, fantastici, incorrendo loro malgrado nella finzione o nella rinuncia.
Ci vuole un fisico bestiale a fingere per tutta la vita, perché l'eco delle emozioni perdute - che, chissà come, pur se aborrite o mai sperimentate ciascuno pare ugualmente conoscere, come fossero un patrimonio comune di memoria universale - affiora di notte, nei sogni, o in certi fulminei istanti, suggeriti dal crepuscolo, dall'aurora, dall'osservazione di un qualsiasi dettaglio di una qualsiasi cosa od accadimento. A patto che l'ottusità (male degenerativo progressivo) non abbia già completato lo sterminio dei neuroni della meraviglia e della conoscenza.
Loro sanno, perfettamente, che stare al mondo significa impelagarsi nelle sue regole di massima, aderendo a quel che pare il generale buonsenso e le norme della loro comunità, e che chi non sa farlo o non può - a meno che non sia icona pubblicitaria di un anticonformismo ostentato - soccomberà presto e senz'ombra di dubbio. Ciò basta a rendere sospetta la loro stessa sedicente "scelta" di appartenenza e di adesione. Abdicare ai propri bisogni più originalmente umani in nome dell'ordine del consorzio di appartenenza e delle comodità conseguenti a me pare alto tradimento verso quella porzione di libertà (d'amare, d'esprimere, di dissentire, d'essere) che non ledendo in alcun modo quella altrui resta dovere verso sé stessi.
In fondo sono molto democratici: rispettano la dittatura delle maggioranze. Democrazia, infatti, non ha attinenza con la libertà: confonderle assimilandole è davvero superficiale.
Quale contrappeso, costoro ingoiano e seppelliscono i loro più sotterranei e sinceri impulsi passionali, sentimentali, poetici, fantastici, incorrendo loro malgrado nella finzione o nella rinuncia.
Ci vuole un fisico bestiale a fingere per tutta la vita, perché l'eco delle emozioni perdute - che, chissà come, pur se aborrite o mai sperimentate ciascuno pare ugualmente conoscere, come fossero un patrimonio comune di memoria universale - affiora di notte, nei sogni, o in certi fulminei istanti, suggeriti dal crepuscolo, dall'aurora, dall'osservazione di un qualsiasi dettaglio di una qualsiasi cosa od accadimento. A patto che l'ottusità (male degenerativo progressivo) non abbia già completato lo sterminio dei neuroni della meraviglia e della conoscenza.