Velleità stratosfericamente alte; presunzione quantomeno disarmante, la più totale e vergognosa incoerenza.
Non solo: ciascuno di noi coltiva in grembo il sospetto che la famelica brama di centralità (latente in ogni essere umano) non sia soltanto il principale movente, ma possa pure implodere, se non esplodere, a tal punto da diventare aggressiva. Siamo lo specchio distorto ed amplificato (perché deprivato dalle inibizioni che nelle relazioni reali necessariamente si operano) dell' animale Uomo moderno?
Troviamoci anche qualche alibi: siamo forse dominati, se diventiamo feroci, dalla necessità di rinsaldare la collettività cui aderiamo -e che ci fagocita- attraverso la perpetua ricerca ed il perpetuo sacrificio del capro espiatorio?
L' Uomo vive in uno scomodo terrificante dualismo da sempre: il preponderante bisogno d'essere parte di un consorzio in cui sentirsi protetto ma soprattutto legittimato e quello bruciante di affermare la propria individualità per sconfiggere l' aspro dolore dell' insignificanza.
Se è così, siamo degni di compassione.
Quale condanna ci ha imposto l’evoluzione costringendoci ad impegnar la vita a ricomporre i nostri sempiterni metafisici frammenti! Nelle caverne, se non altro, ci si occupava di bisogni veri ed essenziali. S' aveva da fare, senza sosta, ma in pienezza di significato.
Ad essere animali inferiori queste fratture non ci avrebbero straziato per tutta la nostra breve esistenza...
Ed avremmo anche risparmiato in molti casi il senso del ridicolo.
Forse.
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Chissà come si sente quell’ usignolo, quando albeggia! Semplice determinazione alla vita, frenesia d' amore decisa, senza "se", senza "ma", senza dubbio! Il risultato è un canto sublime.
Ricordo d' essere stata, in sogno, una specie di delfino (è vero, non è invenzione, non scimmiottatura di pseudo-poesia!) che cavalcava le onde. Erano gelide ma non letali e ad ogni immersione ed emersione spandevo argento intorno. Dio, che gioia! Era pura Bellezza, perfezione nell' assenza di desideri.
In un cielo onirico ho anche volato, senza più peso né memoria. So come si sente un' aquila: nessuno scrupolo, nessun programma, nessun dolore, ... essenzialmente volante.
Ma se mi chiedo quale sia, invece, il participio davvero appropriato per la bestia umana, continua a ricorrere, insistentemente, “dannato”.
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So che qualcuno cerca corrispondenza d' anima, senz' altre grossolanità.
Beh: anch' io.
siamo eternamente condannati ad una dannazione angelica...
RispondiEliminahai buon gusto in fatto di quadri,
(i cancerini amano l'arte!:-)
ti auguro una serat serena, con degne letture
:-)
C.
fantastici, quei sogni!
RispondiEliminaElio
Ben trovato, Elio!
RispondiEliminaNon dimenticherò mai la felicità del volo, l' assenza del peso! Voglio rinascere uccello.
In realtà mi è successo anche d' uscirmene dal corpo in stato di veglia in altre tre occasioni: leggendo "La pioggia nel pineto"; durante un rilassamento yoga e passeggiando
in una piazza...
Non so se dovrei preoccuparmene, ma, oggettivamente e senza intenzione, ho una certa attitudine all' evasione. :-)