mercoledì 2 gennaio 2019

Buon anno, ma niente di nuovo: il primo attacco di panico del 2019.


E' chiaro che non vi sia scampo: era già tutto previsto per il passato ed è già tutto predisposto per il futuro.

Addivengo, a seguito di personale gestazione ed esperienza, al parto di un apoftegma che pare assurdo ed invece è logico: "Il Destino esiste/ il Destino non esiste./Dipende./ Da cosa?/ Dal Destino".

Chi o che cosa ne siano artefici o responsabili non lo so, ma è praticamente certo che correr l'alea all'infinito non è possibile perché ti usura e poi ti ferma definitivamente, soprattutto se il rischio non costituiva affatto una scelta ma il solo modo possibile per reagire allo sfacelo che ti tallonava, che  comunque incombe ed inesorabilmente ti carpirà.
E' altrettanto evidente che senza volere non si può nulla, ma che il luogo comune "volere è potere" è una menzogna assoluta, per di più ridicola, oggi più di un tempo.

(Loro, sono bravi.
I fatti pratici e le cose, le scaramucce politiche, il teatrino liturgico della vita, la partigianeria del rosso e del nero, il solito sesso, l'edonismo delle parole, li prendono ancora.
Spesso nella più inconsapevole malafede questi marci borghesi ritengono che la critica politica possa soppiantare la militanza concreta: son tutti unti d'illuminazione e consapevolezza suprema agevolate dal fatto d'avere conti in banca pasciuti e rassicuranti ed il sedere al coperto.
E' evidente che la coscienza, in costoro, un po' disturba, ma  sbeffeggiare il potere non equivale a combatterlo.
Ogni evo ha i suoi stilemi: ora sono satira, indignazione, ipercritica , ironia,  riesumazione confusionaria di qualche concetto marxista oppure machiavellico, nauseante spocchia narcisistica a suggerire linee guida per aspiranti intellettuali, sedicenti politici, e pure inutili blogger. Per i più pecorecci, invece, non trovo aggettivi abbastanza calzanti in grado di descrivere i miasmi fetidi che si spandono da una qualsiasi delle loro esternazioni, in modo particolare nei social.
Occupare la mente in questo modo è comunque terapeutico, bravi.)

Invece io, per ragioni elementari e complicatissime, chiare ed occulte, principali e subordinate, personali e più che universali,  continuo ad essere martirizzata da devastanti attacchi di panico, assediata da un nemico potente, invisibile e feroce che ha insediato il suo quartier generale esattamente nella mia gola.

" [...]  che cos'è che permette all'uomo, nonostante la sua consapevolezza della morte, di vivere e operare come se essa fosse qualcosa di estraneo a lui, come se la morte fosse un fenomeno naturale? Il tremito che mi ha scosso negli ultimi giorni mi ha aiutato a capire, nonostante i gravi attacchi di paura, che la mia malattia non è altro che questo: a volte, per ragioni a me del tutto ignote e per impulsi assolutamente incomprensibili, io divento 'lucido', in me compare la coscienza della morte, della morte in quanto tale; in questi momenti di illuminazione diabolica  la morte acquista per me il peso e il significato che essa ha 'an sich' e che gli uomini perlopiù non intuiscono nemmeno (ingannandosi con il lavoro e con l'arte, mascherando il suo senso e la sua 'vanitas' con formule filosofiche) scoprendo il suo vero significato solo nel momento in cui essa bussa alla loro porta, in modo chiaro e inequivocabile, con la falce in mano, come nelle incisioni medioevali. Ma quello che mi atterriva (la consapevolezza non genera consolazione) e accresceva ancor più il mio tremito interiore, era la coscienza che la mia follia era in fondo lucidità e che per guarire -perché questo tremito continuo è cosa insopportabile- avevo bisogno proprio della follia, della demenza, dell'oblio, e che solo la demenza mi avrebbe salvato, solo la follia mi avrebbe guarito! Se per caso il dottor Papandopulos mi interrogasse ora sul mio stato di salute, sull'origine dei miei traumi, delle mie paure, adesso saprei rispondergli in modo chiaro e inequivocabile: 'la lucidità'.
[...]"  (Danilo Kis, Clessidra)
 


2 commenti:

  1. Sei lucida?
    Lo sei.
    Serve a qualcosa? Non ci credo sic et simpliciter ma aiuta. Immagino una dimensione più alta e nobile, seria e definitva.
    Io guardo a quella, non ne scrivo sempre ma ne scrivo: non ha alcuna importanza che lo si faccia su un social, esso è solo un'occasione. Resta tale sfruttata o meno ( in genere non lo è). Questo serve a combattere il panico e riderci sopra. Si muore ugualmente ma con animo diverso.
    https://geografiadiparole.wordpress.com/

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    1. Caro Enzo, la lucidità non serve a lenire il dolore della consapevolezza ma, se non altro, scongiura l'ignonimia di vivere da ignavi.

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