A me pare che più simile ad una tredicesima fatica d' Eracle, una volta purgata la follia della giovinezza in cui è stata soprattutto passione a decidere erigere e distruggere la propria esistenza, sia addivenire a mostrare il proprio volto rasserenato, non più contratto dagli eccessi dei sensi, in limpida chiarezza, senza più tema di giudizio e pesamento da parte di coloro di cui si riteneva, molto probabilmente essendo in errore, di aver assoluto bisogno.
Non mi serve, non più, di cercare la loro approvazione, la loro benevolenza.: nessuno di loro, a ben guardare, mi conosce, né s' è adoprato per tentare di conoscermi. Mi riecheggia sempre l' antico monito agli spettatori alla fine della tragedia "Voi li aspettate invano: son tutti morti".
Non ho bisogno di misurare il loro attaccamento; io non uso attaccarmi, mi servirà sempre un po' di cielo, ed il cielo non si può scorgere neppure dalla più sontuosa delle dimore, se le finestre sono poste così in alto da impedire lo sguardo.
Dopo l' ermo colle, pur sempre caro, si apre la ventosa prateria.
Ho nella memoria quel passeraceo catturato con una trappola di colla in un bosco della mia infanzia: un' esile ala irrimediabilmente spezzata nel tentativo di liberarsi, il becco semiaperto, l' ultimo muto rimprovero alla sorte fissato nell' occhio opaco. Perciò non voglio.
In età matura ogni cosa è già passata in giudicato. Niente rivisitazioni. E' questa la prassi. Così accade. Così pensano.
Ma non va bene. Noi continuiamo, per l' intera nostra vita a permettere che gli altri pensino che siamo ciò che, veramente, non siamo affatto, non siamo stati mai, e ci disgusta anche solo sfiorare l' ipotesi d' essere.
Generalmente consentiamo questo malinteso in perfetta malafede al solo fine di non restare soli, o nella speranza di non ferire l' altrui sensibilità
Ma l' altro -perdonate- s' è posto il problema di come si senta un individuo strumentalizzato, equivocato, da chi antepone alla ricerca della verità, alla comprensione, il soddisfacimento dei suoi edonistici o narcisistici fini, l' allestimento di una sua personalissima ed incondivisibile illusione?
Non mi serve, non più, di cercare la loro approvazione, la loro benevolenza.: nessuno di loro, a ben guardare, mi conosce, né s' è adoprato per tentare di conoscermi. Mi riecheggia sempre l' antico monito agli spettatori alla fine della tragedia "Voi li aspettate invano: son tutti morti".
Non ho bisogno di misurare il loro attaccamento; io non uso attaccarmi, mi servirà sempre un po' di cielo, ed il cielo non si può scorgere neppure dalla più sontuosa delle dimore, se le finestre sono poste così in alto da impedire lo sguardo.
Dopo l' ermo colle, pur sempre caro, si apre la ventosa prateria.
Ho nella memoria quel passeraceo catturato con una trappola di colla in un bosco della mia infanzia: un' esile ala irrimediabilmente spezzata nel tentativo di liberarsi, il becco semiaperto, l' ultimo muto rimprovero alla sorte fissato nell' occhio opaco. Perciò non voglio.
In età matura ogni cosa è già passata in giudicato. Niente rivisitazioni. E' questa la prassi. Così accade. Così pensano.
Ma non va bene. Noi continuiamo, per l' intera nostra vita a permettere che gli altri pensino che siamo ciò che, veramente, non siamo affatto, non siamo stati mai, e ci disgusta anche solo sfiorare l' ipotesi d' essere.
Generalmente consentiamo questo malinteso in perfetta malafede al solo fine di non restare soli, o nella speranza di non ferire l' altrui sensibilità
Ma l' altro -perdonate- s' è posto il problema di come si senta un individuo strumentalizzato, equivocato, da chi antepone alla ricerca della verità, alla comprensione, il soddisfacimento dei suoi edonistici o narcisistici fini, l' allestimento di una sua personalissima ed incondivisibile illusione?
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Donne Dannate Coricate sulla sabbia come armento pensoso volgono gli occhi verso l'orizzonte marino e i piedi che si cercano, le mani ravvicinate hanno dolci languori e brividi amari. Le une, cuori innamorati di lunghe confidenze, nel folto dei boschetti sussurranti di ruscelli, vanno riandando l'amore delle timide infanzie e incidendo il legno verde dei giovani arbusti; altre, camminano lente e gravi come suore attraverso le rocce piene di apparizioni, dove Sant'Antonio vide sorgere, come lava, i seni nudi e purpurei delle sue tentazioni; e ve n'è che ai bagliori di resine stillanti, nel muto cavo di vecchi antri pagani, ti chiamano in soccorso delle loro febbri urlanti, o Bacco, che sai assopire gli antichi rimorsi. Altre, il cui petto ama gli scapolari e nascondono il frustino entro le lunghe vesti, mischiano, nelle notti solitarie e nei boschi scuri, la schiuma del piacere e le lagrime degli strazi. O vergini, o demòni, mostri, martiri, grandi spiriti spregiatori della realtà, assetate d'infinito, devote o baccanti, piene ora di gridi ora di pianti, o voi, che la mia anima ha inseguito nel vostro inferno, sorelle, tanto più vi amo quanto più vi compiango per i vostri cupi dolori, per le vostre seti mai saziate, per le urne d'amore di cui traboccano i vostri cuori. (Charles Baudelaire, I Fiori del Male) |
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