Friedrich: il fanciullo che tu hai visto, così paffuto e grazioso, dalle guance vellutate e rosate, possiede, in realtà, mille altri aspetti e mille altre forme: le sue trasformazioni sono continue.
All’ inizio dei tempi egli –che è figlio di Zeus- si presentava come un bimbo cornuto ed anguicrinito. Su ordine di Era fu catturato dai Titani, che lo fecero a brani. Dal suo sangue, che inzuppò la terra, nacque il melograno. Il melograno che sbocciò dal sangue di Dioniso era anche l’ albero di Tammuz-Adone-Rimmon: il frutto, quand’ è maturo si fende a forma di ferita e mostra i chicchi rossi all’ interno. E’ il simbolo della morte e la promessa di resurrezione, che stanno nelle mani della dea Era o Persefone.
Grazie alla nonna Rea riacquistò la vita e Zeus lo affidò a Persefone, che convinse il re Atamante e sua moglie Ino ad allevare il piccolo, travestito da fanciulla. Era lo venne a sapere e punì Atamante facendolo diventare pazzo. Zeus affidò allora Dioniso, trasformato in un capretto, alle ninfe Macride, Nisa, Erato, Bromie e Bacche, che vivevano sul monte Nisa in Elicona. Il piccolo fu da esse allevato e nutrito con miele. Zeus , a titolo di gratitudine, pose poi l’ immagine delle ninfe tra le stelle, come costellazione delle Iadi.
Fu sul monte Nisa che Dioniso inventò il vino, e tale invenzione gli procurò ovunque una grandissima fama.
Una volta adolescente, e nonostante il suo aspetto effeminato, Era però riconobbe in lui il figlio di Zeus, e lo fece impazzire, come già aveva fatto con Atamante. Fu così che il giovine dio andò vagando per il mondo, accompagnato dal suo tutore Sileno in un gruppo di Satiri e Menadi; navigò fino all’ Egitto, portando il vino con sé e lì combatté e sconfisse i Titani. Successivamente raggiunse l’ India, che, dopo molti scontri militari vittoriosi, conquistò interamente. Insegnò allora agli abitanti la viticoltura, istituì leggi e fondò città.
Al suo ritorno le Amazzoni tentarono di contrastarlo, ma egli ne fece strage e le disperse.
Quando Dioniso tornò in Europa passando dalla Frigia, fu guarito dalla pazzia dalla nonna Rea che lo iniziò ai Misteri.
Dopo aver vinto ogni resistenza anche in Tracia, e dopo innumerevoli sequenze di atrocità, successe o provocate, egli passò in Beozia, dove visitò Tebe e invitò le donne a unirsi alle sue feste notturne sul monte Citerone . Il re di Tebe, Penteo, cui la vita dissoluta di Dioniso non garbava, lo arrestò unitamente alle sue Menadi, ma, improvvisamente impazzito, mise in ceppi un toro anziché il dio.
Successivamente, dopo molto altro sangue, l’ intera Beozia accettò pure il culto di Dioniso ed egli si recò nelle Isole dell’ Egeo, spargendo ora gioia, ora terrore ovunque.
Giunto ad Icaria, e noleggiata una nave non sua che dicevano diretta a Nasso, si ritrovò, con l’ inganno, prigioniero di pirati che, ignari della vera sua natura divina, intendevano fare rotta verso l’ Asia e venderlo come schiavo. Dioniso fece allora crescere una vite lungo l’ albero maestro, mentre l’ edera avvolgeva il sartiame, trasformò i remi in serpenti e sé stesso in leone, e la nave si colmò dei fantasmi di feroci belve che costrinsero i pirati terrorizzati a gettarsi in mare. Divennero tutti delfini.
A Nasso incontrò Arianna, lì abbandonata da Teseo e la sposò senza indugio. Recatosi ad Argo, dove Perseo gli aveva opposto resistenza, fece impazzire le donne argive che divorarono crudi i loro bambini, e ciò gli fece ottenere anche qui la sottomissione del Regno.
Affermato infine il suo culto in tutto il mondo, Dioniso ascese al cielo e sedette alla destra di Zeus, come uno dei Dodici Grandi.
Sirio: La montagna incantata dell’ Olimpo, mio caro Friedrich, ha radici terrificanti e nel contempo sublimi: non so se sia più cosa buona o più cosa cattiva. Questo tuo Dioniso mi spaventa, e meglio mi sentivo in compagnia del solo Apollo …
Friedrich: Il Greco, amica mia, conosceva a fondo le atrocità dell’ esistenza: senza il sogno della nascita degli dèi olimpici non avrebbe saputo sopravvivere.
Fu per poter vivere che i Greci dovettero creare i loro dèi. Dioniso è l’ emblema della loro “volontà di vivere”. Egli simboleggia l’ eterno ritorno alla vita, l’ avvenire promesso e consacrato nel passato, la trasmutazione. Ecco perché, nei suoi rituali e nel suo culto, i misteri della sessualità ed ogni particolare dell’ atto di procreazione, di gravidanza e nascita destarono i sentimenti più elevati e solenni. Ecco perché perfino il dolore del parto diventa sublime.
I Greci avvertivano nelle feste dionisiache il più profondo senso religioso della vita: l’ istinto a riprodurla, e così a renderla eterna. E’ la grande e panteistica partecipazione alla gioia e al dolore che accetta e comprende anche le prove più terribili e problematiche della vita, attingendo all’ insopprimibile volontà di generazione, di fecondità, di eternità.
“Soltanto il cristianesimo, fondato sul ‘risentimento contro la vita’ ha fatto della sessualità qualcosa di impuro: ha gettato ‘fango’ sul principio, sul presupposto della nostra vita.”
Sirio: doveva dunque apparire “titanico” e “barbarico”, al Greco apollineo, cultore della moderazione, l’ effetto provocato dal dionisiaco …
Friedrich: Apollo non può vivere senza Dioniso, amica mia. Egli esige la misura, e, per poterla trovare, la perfetta conoscenza di sé. Ascoltando sé stesso, però, l’ Uomo si sente intimamente affine anche agli eroi ed ai Titani precipitati: riconosce Prometeo, che, per il suo titanico amore per gli uomini dovette essere lacerato dagli avvoltoi, e riconosce Edipo, che per la sua saggezza primordiale dovette precipitare in un vortice di atrocità. Tutta la sua esistenza fondata su bellezza e moderazione poggia su un fondamento di sofferenza e conoscenza svelato a lui dal dionisiaco.
Sirio: ora capisco.
Dioniso l’ ebbrezza, l’ eccesso della verità, la contraddizione della gioia che sgorga dal dolore, generati direttamente dal cuore della natura;
Apollo l’ impulso alla perfezione, verso la tipicità, la libertà sotto la legge, l’ ordine.
L’ Uomo è perennemente in bilico tra questi due principi.
Friedrich: barcollerà in eterno sul filo della voce di Apollo, sul richiamo suadente ed insieme ripugnante di Dioniso.
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