domenica 28 novembre 2010

Lazzari e Cristi



"Abbiamo tutti idee e sentimenti potenziali che passeranno dalla potenza all' azione solo se giunge chi ce li risvegli. Ognuno di noi porta dentro di sé un Lazzaro che ha solo bisogno di un Cristo che lo resusciti. Disgraziati i poveri Lazzari che terminano la loro carriera di amori e dolori apparenti, senza aver incontrato il Cristo che dica loro: alzati!" ( Miguel de Unamuno -Il segreto della vita)

Come dire anche: noi tutti  desideriamo, con grande forza, credere in qualcosa di degno, lasciarci sedurre da un' Idea, pensare che esista un elemento - di fede od utopia o anche solo sogno- che ci sovrasti.
E' il nostro eterno bisogno di Madre, che nasce e ci accompagna sino alla morte.
Madre che comprenda anche ciò che noi , di noi stessi, non riusciamo ad interpretare tanto è nebuloso ed incerto, immerso nei nostri stessi abissi, di cui abbiamo smarrito la via d' accesso.

Chi nasce Lazzaro, chi Cristo: pericolosa la strada di entrambi ...
Il primo potrebbe essere l' eterna crisalide che invano attende il momento di asciugare le ali e librarsi in volo; il secondo, invece,  deriso e crocifisso dall' ignoranza e trivialità dei suoi simili.

***

Saffo avrebbe voluto lasciar esplodere le sue visioni - ed invece implodeva, frustrata, costantemente-, perché la vita, le sue allegorie, le sconcezze, le miserie, le vergogne, le bellezze ed il sublime che vi intravedeva continuavano a sussurrare in lei e ad ammaliarla, a sedurla,  scuotendola fin alle radici ed al suo profondo, misterioso nucleo, ma non poteva condividerle: non era compresa.

"Placida notte, e verecondo raggio/ della cadente luna; e tu che spunti/ fra la tacita selva in su la rupe,/ nunzio del giorno; oh dilettose e care/ mentre ignote mi fur l’erinni e il fato,/sembianze agli occhi miei; già non arride/ spettacol molle ai disperati affetti." (Giacomo Leopardi- Ultimo canto di Saffo)


La generalità di coloro che la circondavano , invece, "scoppiettava" di modesto fuoco, poi si fermava, come morta, come giocattolo rotto; indi aspettava una spinta, riprendeva a crepitare, ancora per un po', s' indeboliva ancora, sperava di suggere altra linfa di energia,e poi ri-taceva e di nuovo si arrestava.
Un meccanismo difettoso: s' inceppava ad ogni pié sospinto.

Aveva intorno persone che pretendevano la sua amicizia. Lei era generosa, ad amare ci metteva un istante, non dubitava mai della veridicità di ciò che le si diceva: si offriva e basta.
Forse questa potrebbe essere scambiata per ingenuità, ma è ingenuo, piuttosto, chi lo pensa.
Uscire da sé stessi è una liberazione.
Aprirsi al mondo è respirare nuova brezza, espandersi, spezzare il giogo.
Non ha paura, conosce la sua forza, che le  deriva dal contatto con gli dèi mai reciso.
La sua forza è tutta nella visione del simbolo.

***

Perché alla fine dei conti di che si tratta?
Si tratta di vivere.
Di darsi il massimo, il meglio, di trasmettersi umanità, solidarietà, benevolenza, amicizia, idee, sogni.
Si tratta di accomiatarsi da un tuo simile con la sensazione di aver trasmesso e ricevuto il valore aggiunto, e di esserne paghi, anche se è stato un attimo.
Un attimo ha in sé la vera essenza dell' eternità.
La dotta lira ed il canto possono avere la meglio sul nulla.

5 commenti:

  1. senza l'illusionela la realtà sarebbe, senza dubbio, insostenibile...
    occorre veramente incontrare qualcuno che ci illumini la via.

    un abbraccio con grandissimo affetto da chi si sente molto vicina al tuo sentire.

    carla

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  2. E' così, Carla. Ed io mi accontenterei -e già lo considererei un evento miracoloso- di poter incontrare anche una sola anima, non tanto uguale, ma almeno affine, e non già nel senso strettamente goethiano del termine,circoscritto all' amore tra i sessi, ma nell' accezione più ampia della capacità di empatizzare quanto necessario perché l' altro non si senta mostruosamente esule e colpevole. Colpevole di provare tanto eccentrico dolore metafisico nel vivere, nonostante sappia scorgerne anche la Bellezza, o ricordare quella perduta...
    Con speculare affetto, cara Carla.

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  3. scommetto che conosci bene il latino...:-)
    ave!
    C.

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  4. Importa poco conoscere latino, greco, alamanno o goto... La sola cosa importante è essere consapevoli della propria sterminata ignoranza. Ciao C. ;-)

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  5. io lo sono tanto!:-)
    è l'unica cosa che mi fa vivere tranquilla.
    Empatizzare quel tanto che è necessario è più importante.

    notte
    c.

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