mercoledì 29 giugno 2011

Il guadagno della memoria

"Egli sapeva quello che sua madre pensava e che lei lo amava, in quel momento. Ma sapeva, inoltre, che non è gran cosa amare una creatura o almeno che un amore non è mai sì forte da trovare la propria espressione. Di modo che sua madre e lui si sarebbero sempre amati in silenzio. E lei sarebbe morta -o lui- senza che, durante la loro vita, fossero potuti andar oltre, nella confessione del loro affetto. Nello stesso modo egli era vissuto accanto a Tarrou, e questi era morto, quella sera, senza che la loro amicizia avesse il tempo di essere veramente vissuta. Tarrou aveva perduto la partita, come diceva; ma lui, Rieux, cosa aveva guadagnato? Aveva soltanto guadagnato di aver conosciuto la peste e di ricordarsene, di aver conosciuto l' amicizia, e di ricordarsene, di conoscere l' affetto e di doversene ricordare un giorno.
Quanto l' uomo poteva guadagnare, al gioco della peste e della vita, era la conoscenza e la memoria."
(A. Camus, La peste)

... a patto, naturalmente, che si parli di un ben determinato tipo d' uomo, uno che trova assolutamente necessario vivere in consapevolezza, presente a sé stesso, uno che non tema di affogare immergendosi nei flutti della propria coscienza e ne risalga intenzionato a cercare universalità, uno che non si faccia bastare il suo essere senziente, che frammischi intelletto ed anima, e, soprattutto, un uomo che ponga l' uomo sopra ogni altra cosa, oltre il suo egoismo e la sua squallida vanità.
A me, siffatto tipo, pare rarissimo. Rarissimo. Lo cerco, in un bisogno tutto ideale ma potentissimo, che fa sbiadire ogni altra promessa e prospettiva, e l' incontro, di tanto in tanto nel corso dei decenni, in qualche pagina di chi non c' è più.

"conoscenza" e "memoria": di altro il gioco della vita non consiste, è il massimo risultato della partita.
E conoscere è dolore. E ricordare è dolore. Ma che importa; se è il solo mezzo per non esistere in modo buffonesco, si deve.

 

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