lunedì 4 aprile 2011

Mal sottile di primavera: antiche lacrime, in disordine sparso.

Anch' io ne sono pur certa - amico Svevo- che vita sia malattia.
Malattia, con qualche sussulto di effimero benessere, guizzante e veloce come una serpe d' acqua.
Tutto il resto, ed in particolar modo la ribellione accorata e decisa degli ottimisti, degli speranzosi, degli esaltati e degli integralisti, è narrazione, fantasia, spire di fumo.
Bisogna pur provare ad essere felici, di quando in quando -ne convengo-, e la cura è antica e permanente: fuoco fatuo di passioni, crepitìo di emozioni, illusoria indulgente ricerca di un nucleo permanente di bellezza, di bontà, quasi casualmente e senza consapevolezza deposti dall' impollinazione cosmica in quell' umilissima corolla di fiore lacustre, in quel bruco, in quel cucciolo ...

Oltre a ciò, mi è rimasta la simpatia commossa verso le poche intelligenze ammantate d' umiltà che talvolta incontro, ed alle quali sono grata.

***
Non si sarà mai visto tutto, il peggio è in sovrabbondanza e Bene e Male sono invenzioni oziose: non c' è battaglia tra i due; essi sono i pilastri di una stessa realtà.
La capacità di angoscia degli umani non sa colmare misure: noi sappiamo soffrire in modo indicibile.
E ne abbiamo, d' altro canto, ben donde. 
Oscenamente -è la mia opinione-, perché l' ostinazione e l' obbligo al dolore sono osceni, così come lo è la sciocca determinazione a desiderare incessantemente un altro domani.
E c' è chi, invece, ha pensato alla sofferenza come un suggerimento all' annullamento, alla de-creazione, per assurgere a puro spirito, per lasciare agire il suo Dio: a conti fatti, per la mia spregiudicatezza atea, questo prototipo di  Dio non mi disturba in nulla.
"Se pensassi che Dio mi invia il dolore con un atto della sua volontà e per il mio bene, crederei di essere qualcosa, e trascurerei l' uso principale del dolore, che è d' insegnarmi che sono niente, Non si deve dunque pensare nulla di simile. Ma è necessario amare Dio attraverso il dolore (sentire la sua presenza e la sua realtà con l' organo dell' amore soprannaturale, l' unico che ne sia capace, così come si sente la consistenza della carta attraverso la matita).
Allo stesso modo lo spettacolo della miseria degli uomini m' insegna che essi sono niente e, a condizione che io mi identifichi con loro, che io sono niente. In quanto creatura.
Debbo amare d' essere niente. Come sarebbe orribile se io fossi qualcosa. Amare il mio nulla, amare d' essere nulla. Amare con la parte dell' anima che si trova dietro il sipario, perché la parte dell' anima che è percettibile alla coscienza non può amare il nulla, ne ha orrore. Se essa crede di amarlo vuol dire che ama qualcosa di diverso dal nulla.
La sventura estrema che colpisce gli esseri umani non crea la miseria umana, la rivela soltanto.
Dobbiamo alleviarla, quando possiamo, unicamente per questa ragione. Dobbiamo evitare di cadere in essa ovvero di uscirne quando possiamo, perché essa deve venire dal di fuori, essere subita. E dobbiamo amare come noi stessi, nelo stesso modo con cui amiamo noi stessi, l' essere umano che il caso mette in nostro potere di aiutare.
Considerarsi (in quanto essere fenomenico) semplicemente ed esclusivamente come una piccola parte dell' unverso."
(Simone Weil - Quaderno VI)

Inanellare respiri su respiri e battere le palpebre sul mondo, come se ci meravigliasse ancora...

***


E' stato ieri, io credo, ai Mulini di Cervara.
Osservavo l' acqua da un ponticello. Piccoli flutti, graziosi percorsi, accenni di minuscoli gorghi, increspature tremanti. Le invidiate paperelle...
E' sorprendente: l' acqua che scorre chiama, come un magnete attira, ha promesse indefinite, qualcosa di vicino e lontano, qualcosa di buono. Il mio sangue, chiaramente, lo sapeva,  e vi tendeva, deliziato.
Oh, ma cos' erano quelle voci...







2 commenti:

  1. mia cara Morena, questo tuo pessimismo mi commuove...mi commuove come la delicatezza del fiore che sprigiona il suo giallo solare, perchè la primavera esige il sorriso, esige la gioia, esige l'apertura...
    il corso dell'acqua, così come lo descrivi, mi riporta all'incanto del primo Hermann Hesse che conobbi...

    ti abbraccio!
    Carla

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  2. "La sventura estrema che colpisce gli esseri umani non crea la miseria umana, la rivela soltanto." : e questo mi pare davvero inconfutabile.
    E' la vita che è ciò che è, non il mio sguardo a renderla buona o cattiva.
    Potrei dimenticarlo, naturalmente, o fingere di non saperlo, o scrollarmene di dosso l' orribile consapevolezza... ed allora sarei un' "ottimista", capace di gioire mentre altri disgraziati piangono; ma tra l' infinità di cose che non so più dire o fare c' è anche questa.
    C' è un punto ben preciso, nell' esistenza di ciascuno di noi, in cui si avverte che la misura è colma, ed allora anche la più sgargiante primavera, vede sbiadire i suoi colori.
    Ricambio il tuo abbraccio.

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