venerdì 3 dicembre 2010

Simone Weil -1-: la pensatrice più affascinante del Novecento. Santa laica e rivoluzionaria. Una politica “poetica”. "La prima radice"

Simone Weil nacque in una famiglia ebraica a Parigi nel 1909 e morì ad Ashford, Inghilterra, nel 1943.
Studiò filosofia all’ Ecole Normale ed insegnò in vari licei. Brillante allieva di Alain e compagna di molti dei futuri intellettuali francesi, fu attiva intorno agli anni 20, nei circoli dell’ estrema sinistra sindacalista e trotskista. Nei primi anni 30 abbandonò l’ insegnamento per sperimentare personalmente la condizione operaia, lavorando a cottimo presso le officine Renault , per circa un anno, prima di ammalarsi di pleurite ed essere costretta a rinunciare.
 “Chi deve lavorare tutti i giorni sente nel suo corpo che il tempo è inesorabile. Lavorare. Provare il tempo e lo spazio.”
Tutta la vicenda umana, filosofica, politica della Weil è caratterizzata e profondamente segnata dalle vicende della seconda guerra mondiale e dai totalitarismi di quegli anni.
Come volontaria repubblicana partecipò, nel 1936, alla guerra civile spagnola, arruolandosi tra le fila anarchiche della Colonna Durruti, dove si procurò una ferita e fu costretta a rientrare in Francia.
“La rivoluzione è un ideale, un giudizio di valore, una volontà” .


Non poteva in alcun modo limitarsi a fare l’ intellettuale –per quanto possedesse, in tal senso, un’ indiscussa dote di genialità-: Simone doveva costantemente suffragare il pensiero attraverso l’ azione,
lavorare in fabbrica, indebolendo la propria fibra lasciandosi consumare dalla fatica; lavorare nei campi per la raccolta dell’ uva; intrattenere serrate discussioni la sera con amici intellettuali per esaminare la condizione operaia di oppressione sociale; più tardi, costretta a fuggire in America per sfuggire alle persecuzioni razziali, stare molto vicina ai poveri di Harlem.
Questo fatto, a mio avviso, costituisce già in sé e per sé, una testimonianza di grandezza.
Fragile di costituzione, tormentata perennemente da un’ emicrania cronica che la induceva a conoscere che cosa significhi essere "morta da viva", la sua coerenza fu sempre ferrea, tanto da farla apparire, in alcuni aspetti, intellettuale stravagante, raffinata ed aspra fino all’ estremismo: si rifiutava di consumare anche un solo grammo di cibo di più della razione prevista per i combattenti al fronte.

Nel 1937 , si avvicinò al Cristianesimo, come approdo di quella Verità che fu il senso di tutta la sua esistenza: questa donna eccezionale, dal “carattere ardente”, dal “pessimismo ardito”, dal “coraggio estremo” vivrà tutta la sua vita accompagnata dalla lucidità dell’ idea della morte che rappresentò il vettore stesso di ricerca della verità, ma non delegò mai a nessuna istituzione, né politica, né ecclesiastica, il compito di tradurre o condurre il suo pensiero. Non s’ iscrisse mai ad alcuna organizzazione politica, né si fece battezzare: ciò garantiva la totale coerenza con sé stessa.
Simone Weil fu un’ originale, grande, acutissima filosofa, e forse il fascino del ricordo della sua vita ha sempre prevalso, ingiustamente, sull’ oggettiva considerazione del suo pensiero filosofico, che invece è
enormemente interessante e nuovo, perché derivante da una straordinaria tensione spirituale, libera da qualsiasi ideologismo. Ogni Pensiero, in lei, anche e soprattutto quello politico, nasce da un’ ispirazione ed uno slancio innanzitutto etici: la sua scelta è essenzialmente quella di stare dalla parte degli oppressi, ed il rispetto di simile scelta la portò anche a muovere critiche allo stesso marxismo di cui criticava la configurazione teorica dello Stato: per lei ciò che è fondamentale è la rigenerazione spirituale di collettività ed individuo attraverso una democrazia che si radichi anche nelle tradizioni e nel passato in una società giusta  e rispettosa delle singole persone.

Simone anarchica, Simone rivoluzionaria, Simone totalmente dedita al prossimo ed alla sua idea di Uomo, Simone lucidissima e pessimista, Simone liberamente mistica.

Tutte le sue opere furono pubblicate postume. Dopo l’ esilio americano, incapace di stare lontana dall’ Europa e dalla lotta a fianco dei partigiani francesi, rientrò a Londra. Nonostante le fosse stata diagnosticata la tubercolosi e prescritti riposo e dieta adeguati, lei proseguì incurante nel suo eccezionale attivismo, donando parte del suo cibo alla Francia occupata. Morì nel sanatorio di Ashford, nel Kent, ed in quella meteora di soli trentaquattro anni di vita ha lasciato un’ eredità straordinaria ai pensatori e pensatrici del futuro ed un esempio di onestà intellettuale difficilmente emulabile dalle generazioni successive di filosofi.

Mi piacerà ragionare un po’ , tra queste pagine, prossimamente, dei contenuti della sua opera. Vorrei cominciare con “La prima radice”, il saggio che parla dello “sradicamento”, ossia la malattia metaforica che costituì la crisi della civiltà europea durante la seconda guerra mondiale. Parla di OBBLIGHI e di RESPONSABILITA’, come mezzi per garantire il destino eterno dell’ umanità.
Oggi, di questi mezzi abbiamo forse più bisogno di allora.



Simone Weil- La prima radice- 1: Le esigenze dell’ anima. Gli obblighi ed i diritti.

Simone Weil non è mai stata davvero contemporanea al suo tempo, e, in un certo senso, non lo è neppure al nostro.

Lei ci parla da una certa distanza, essendo una pensatrice di originalità assoluta, in grado di fondere ragione e sentimento ad una capacità visionaria e profondamente mistica di lettura della realtà: ci parla da un punto di vista esterno, trascendente ed impersonale: quello del Bene e della Giustizia.

"La prima radice" è il testo in cui affronta il tema dell' "Enracinement", ovvero lo sradicamento, la malattia sociale derivante dalla logica di un potere autoreferente che si conserva ed accresce creando immagini di sé assolute ed intangibili. "La lotta tra avversari e difensori del capitalismo, questa lotta tra innovatori che non sanno cosa innovare e conservatori che non sanno cosa conservare, è una lotta cieca di ciechi, una lotta nel vuoto, e che per questa stessa ragione rischia di volgersi in sterminio".


[Potremmo, tranquillamente, aggiungere, tra le righe, che oggi non esiste un solo umano che non sia sradicato, strappato dalla propria origine, dall’ incipit iniziale, dalla stessa sua indole e forse dal suo stesso scopo. Non facciamo che mentire, che mentirci, e sforzarci di credere d’ essere veri. Questo è perfino comprensibile: siamo tutti di-sperati. Perfino questo pullulare di blog lo attesta. Perché siamo ridotti dietro ad uno schermo, perché ci esprimiamo in una realtà fatta di pixel? Perché non abbiamo più una tangibile realtà in cui farlo, e, forse, pur avendola, ne avremmo paura, o non sapremmo di fatto gestirla.]

Illuminante e solo superficialmente ovvio, è quello che Simone Weil ci dice, in questo testo prezioso, innanzitutto.

Il punto di partenza, l’ essenziale incipit, è la comprensione dell’ enorme differenza di prospettive che recherà considerare il fatto che, in una data società, è della massima importanza capire che gli esseri umani DEVONO imparare a pensare a sé stessi come portatori di OBBLIGHI e non già di soli DIRITTI.

“La nozione di obbligo predomina su quella del diritto, che le è relativa e subordinata. Un diritto non è efficace di per sé, ma solo attraverso l’ obbligo corrispondente; l’ adempimento effettivo di un diritto non viene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa.”


“L’ obbligo, anche se non fosse riconosciuto da nessuno, non perderebbe nulla della pienezza del suo essere. Un diritto che non è riconosciuto da nessuno non vale nulla.”

Un uomo ha solo dei doveri –alcuni dei quali verso sé stesso- e gli altri, considerati dal suo punto di vista, soltanto dei diritti. I suoi diritti nascono quando gli altri prendono atto, a loro volta, dei loro obblighi verso di lui.

Nel campo delle umane cose l’ oggetto dell’ obbligo è sempre l’ ESSERE UMANO IN QUANTO TALE: c’ è obbligo verso ogni essere umano senza bisogno che intervengano altre condizioni: è un obbligo eterno che risponde al destino eterno dell’ uomo, ed , essenzialmente, si compone di un sostanziale rispetto che, in modo reale e non fittizio, può essere espresso attraverso l’ attenzione nei confronti dei bisogni terrestri umani.

Può essere “innocente” chi, avendo cibo in eccesso, non dà aiuto ad un suo simile che muoia di fame? (è ciò che fa l’ Occidente – noi tutti, qui- nei confronti del Terzo e Quarto Mondo; è ciò che il capitalismo ha consentito, è ciò che può permettergli di permanere).

Nessuno, io credo, può nutrire dubbi al riguardo: è, dunque, ad esempio, un obbligo eterno verso l’ essere umano far sì che non esistano persone che soffrano la fame mentre altre hanno cibo in abbondanza.

Su questa falsariga la Weil stilò un elenco degli obblighi imprescindibili cui ciascuna società è improrogabilmente tenuta.

Non è consentito confondere i bisogni umani con i desideri, i vizi, i capricci. Ed i bisogni non sono soltanto materiali: altrettanto essenziali sono quelli dell’ anima.



Li elencò nel modo seguente e  proverò a descriverli nei prossimi post:
1- L' Ordine; 2-La Libertà; 3-L’ Ubbidienza; 4-La Responsabilità; 5-L’Uguaglianza; 6-La Gerarchia; 7- L’ Onore; 8- La Punizione; 9- La Libertà d’ opinione; 10- La Sicurezza; 11- Il Rischio; 12- La Proprietà privata; 13- La Proprietà collettiva; 14- La Verità.

./..



4 commenti:

  1. ti seguirò con interesse...
    (una vera gerarchia di ordini questo elenco, quasi massone:-)

    Buona domenica Morena
    Carla

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  2. Buona domenica a te, Carla, presenza morbida nel roccioso deserto. Morena

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  3. gli obblighi di Weil sono stati discussi?Grazie

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  4. @ Anonimo

    Cerca nel blog il tag "Simone Weil" : seguono altri post sull' argomento.

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