In alcuni momenti nulla sintetizza tanto l' essere umani quanto il terrore di non saper più sopportare oltre la vita.
(Terrore: sì, perché la vita possiede una sua sacralità intrinseca, che ammanta ogni suo aspetto, ogni suo momento, ogni sua manifestazione e lo possiede a prescindere dall' orientamento religioso o dall' assenza di fede in elementi ultraterreni. E' "sacralità cosmica", alimentata non tanto dal mistero della nascita e della morte, ma dalla nostra attitudine, dal nostro vizio insopprimibile del pensarli, del raffigurarli, ponendoli al di fuori di noi, consentendoci di effettuare una scissione, oggettivizzandoli.)
In quegli istanti essa grava addosso con il furore di una pena immensa, di cui è lecito provare orrore; ed è una pena ancestrale, che arriva da lontano, che pare conosciuta da sempre, perché da sempre strazia - come se sapessimo perfettamente che ci converrebbe, tutto sommato, non essere (a colui che non è ogni cosa è indifferente e se non può dare gioia, non può neppure recare danno), ma il saperlo è chiaro segno che siamo eccome, ed allora non c' è affatto alternativa-.
L' anima bella che non ha Dio, ha soltanto gli uomini.
Non è dato vivere senza l' incontro con l' altrui spirito, ma questi, più spesso che non, può recare dolore immenso.
Non è dato vivere senza l' incontro con l' altrui spirito, ma questi, più spesso che non, può recare dolore immenso.
Si cerca nobiltà, un frammento di specchio in cui riconoscere qualche tratto del nostro volto, ma si raccoglie invece quasi sempre una messe di paura, tremore, viltà, egoismo. Così meschino ed esile: la limitatezza dello spirito altrui, allora, uccide.
A questo punto si teme la pazzia, ... o la poesia. Forse non c'é poi gran differenza.
Così l' anima si sente offesa ed umiliata e nera, come gli abissi in cui conduce questa crudele, cocente disillusione, dettata da incontenibile sete.
C' è chi non può evitarlo.
Costretto dalla sua stella, costretto dai suoi geni, dannato da un cuore dalle abnormi ingorde esigenze, posto in in un corpo piccolo e finito.
Sono tipi umani votati all' esagerazione, all' abnegazione: incutono paura ed amore pietoso e sconfinato. In loro non basta la mite tristezza, no... : diventa straziante angoscia. Né si accontentano della dolce malinconia: saranno piuttosto lacrime brucianti a solcare l' anima. L' amore, non consolazione ma furente demone. La vita, non sequenza di respiri ma incontrollabile fame d' aria. Devastante energia. Essa in loro si stordisce in un boato, ed è suono terrificante e spaventosamente violento: pare il fragore possibile allo spalancarsi della porta dell' inferno.
Anelano alla pace, e sanno che non potrà che coincidere con la loro stessa estinzione.
"... e mi sovvien l' eterno, e il suon di Lei..."
"... e mi sovvien l' eterno, e il suon di Lei..."
- Rabbrividisco e mi pare di partecipare. Appartengo a quello stuolo. Empatizzo: vedo l' uomo che contempla la profondità del mare fino ad accettarne il richiamo; l' uomo che attende ad occhi aperti l' attimo dell' impatto con la macchina motrice del treno lanciato nella sua corsa; l' uomo allo specchio, affascinato dal riflesso guizzante di una lama. Penso al suo istante di arresto, e mi par di poterlo conoscere, d' esserci stata accanto mille volte, come invisibile, silenziosa, infinitamente compassionevole compagna. Mi pare di sapere alla perfezione come sia inappellabile e senza ritorno la lucidità di chi guarda con sguardo freddo e duro, ma sincero ed eroicamente umanissimo l' attimo precedente l' ultima finale determinazione. Quale sconfinata abilità possediamo, noi tutti, angeli senz' ali, di concepire disperazione!-
Trafitti da un' eterna, infinita lancia di energia che li trattiene inchiodati al suolo, costretti a vivere passioni terrestri, talvolta colmi di disgusto, ... e lo sguardo rivolto in alto, dove l' aria è rarefatta e leggera, dove tutto -immaginano- è possibile, dove non dovranno più abbassare gli occhi, mortificati dalla loro stessa impotenza, dalla loro finitezza: non sono dunque, non siamo dunque, splendidi eroi a tollerare questo nostro destino?
mia cara Morena, lascia che ti dica che la tua scrittura riesce ad esternare splendidamente, malinconicamente, dannatamente, angelicamente, ciò che di oscuro abita l'anima dell'uomo...
RispondiEliminanon guardo il filmato per non straziare il cuore ulteriormente.
certe voci, certi canti, associati alle parole, sono veri cataclismi.
ciao
c.
Grazie... così me lo scaldi, questo mio cuore bagnato ed intirizzito...
RispondiEliminaIl video è malinconico, sì, ma la malinconia apre porte dell' anima altrimenti blindate.
Un abbraccio. Morena