Per forse tre anni, quindi - ché poi 'sta consuetudine estiva ebbe termine -, io lì incontravo un ragazzo diciottenne, proveniente da una provincia del vicentino, in vacanza con la famiglia, che, secondo le mie ancora acerbe valutazioni di allora, era la copia sputata di Orfeo, con il fisico però di un dio dell'acqua (tanto si trovava a suo agio in mare) e comunque con la capacità di incantare gli animali: gli bastava accarezzare un micetto per farselo amico eterno e non toglierselo più di torno.
Credo di non aver mai più visto un sorriso tanto disarmante e bello quanto il suo.
Confesso che entrambe queste sue prerogative me lo facevano apparire oltremodo attraente (ché a tredici anni la superficialità è ancora concessa) ed io l'amavo segretamente di quell'amore che pare ucciderti, tanto è violento, totalizzante ed infelice - per sua stessa propria masochistica ed ascetica determinazione, dato che non lo si vuole vivere nel reale soprattutto a causa di una certa dose di vile terrore nel varcare la soglia misteriosa ed inquietante che segna l'abbandono inappellabile dell'infanzia -.
Lui non lo seppe mai, anche se mi stava sempre intorno e sacrificava spesso le sue serate jesolane potenzialmente gaudenti con ragazze e ragazzi più grandi di me e più disinvolti, per stare a farmi compagnia e chiacchierare davanti all'ingresso della casetta in cui alloggiavo, mentre sia la zia che la nonna - custodi, evidentemente, della mia virtù - ci spiavano attraverso i vetri delle finestre.
Qualche volta egli - che possedeva il fascino irresistibile del "bravo ragazzo"- tentò pure di estorcere loro il permesso di farmi uscire la sera con la sua compagnia di amici, proponendosi come cavalier servente e profondendosi in rassicurazioni, ma non ci fu mai niente da fare.
Al crepuscolo, quando la spiaggia è finalmente deserta ed il mare tiepido e liscio ( che era anche il momento in cui finalmente uscivo dalla mia tana di letture e di sogni d'amore sublimato per annusare l'aria salmastra e godermi l'orizzonte dalla battigia), compariva per darmi dimostrazione di come gli dèi scivolino e volteggino e giochino nel loro elemento liquido - placenta della vita - senza la benché minima esitazione, con la più elegante e naturale disinvoltura.
Forse non era Orfeo/Nettuno, a pensarci adesso: magari era una foca antropomorfa. Buffo, forse allora ero una fanciullina innamorata di una foca. Ecco spiegata la mia successiva empatia per gli animali.
Un quattordici luglio mi fece un regalo: il testo integrale del Congresso del Partito Comunista Italiano (probabilmente quello tenutosi nel 1973). Ciclicamente mi risovviene questo aneddoto ed ogni volta mi stupisce. Nella nebulosa di memorie tanto imprecise e sbiadite non so capacitarmi del fatto d'esser stata inconsapevolmente - ragazzina appena quattordicenne - tanto evidente e leggibile per un conoscente da spiaggia con cui si cincischiava sotto l'occhio vigile delle mie tutrici, ma, soprattutto, così intimamente sicura di quale fosse la parte di appartenenza.
Belle illusioni, quelle dell'appartenenza.
Il Partito, la Famiglia, le Amicizie, le "compagne di lotta"...
Invece ora, amoretto di un tempo lontano, passato ed appena sfiorato Sandro, che chissà come sei e se ancora sei, nel mentre un amico - parimenti lontano ma reale - me l'ha citato in una nostra conversazione virtuale a proposito di alcune difficili situazioni d'esistenza di alcuni di noi, io mi trovo costretta a parafrasare il buon Tolstoj e proclamare così che tutte le vite felici si assomigliano fra loro ma ogni vita infelice è infelice a modo suo.
Un quattordici luglio mi fece un regalo: il testo integrale del Congresso del Partito Comunista Italiano (probabilmente quello tenutosi nel 1973). Ciclicamente mi risovviene questo aneddoto ed ogni volta mi stupisce. Nella nebulosa di memorie tanto imprecise e sbiadite non so capacitarmi del fatto d'esser stata inconsapevolmente - ragazzina appena quattordicenne - tanto evidente e leggibile per un conoscente da spiaggia con cui si cincischiava sotto l'occhio vigile delle mie tutrici, ma, soprattutto, così intimamente sicura di quale fosse la parte di appartenenza.
Belle illusioni, quelle dell'appartenenza.
Il Partito, la Famiglia, le Amicizie, le "compagne di lotta"...
Invece ora, amoretto di un tempo lontano, passato ed appena sfiorato Sandro, che chissà come sei e se ancora sei, nel mentre un amico - parimenti lontano ma reale - me l'ha citato in una nostra conversazione virtuale a proposito di alcune difficili situazioni d'esistenza di alcuni di noi, io mi trovo costretta a parafrasare il buon Tolstoj e proclamare così che tutte le vite felici si assomigliano fra loro ma ogni vita infelice è infelice a modo suo.
Continenti interi di passato giacciono alle nostre spalle (chissà perché proprio alle spalle?). I primi amori sono le cime che svettano su tutto il resto, e più non sono stati vissuti nel reale, più sono belli nel ricordo. Anche se fanno regali strani ...
RispondiEliminaCiao Morena
... testimonianze di vero amore (!) - compresi poi -, dacché lui, come tutti i "bravi ragazzi", era democristiano... :-)
RispondiEliminaCiao Massimo