Ad un Amico/a, avrei amato raccontare anche questi frammenti: spigolature di esperienze, spesso più buie che non, della mia anima o dell' intelletto, senza sentirmi neppure lontanamente patetica.
Al massimo,
umana,
troppo umana.
Venerdì, 28 gennaio 2011
Che cosa speravi, poi, creatura surreale che non sei altro...
Pensavi -in quella tua immensa presunzione- di plasmare un universo a te affine, conciliante, indolore, od almeno non solo troppo ostile e straniero, solo attingendo a quelle tue miserabili energie d' umana che ritenevi nobili od almeno non abbiette e ti immaginavi condivisibili?
Pensavi fossero benefiche? Un po' assolute? Necessarie allo Spirito cosmico ed universale? E cos' è -se qualcosa è- lo Spirito? Pensavi che -se non tutti- molti avvertissero, come te, la solida struttura occulta di ciò che viene banalmente e generalmente assimilato all' aria, e non si tocca, non si gode, non si ottiene, non si permuta, non viene catturato da uno solo dei nostri sensi sensibili?
Non ti hanno condotta che a te stessa: sei rimasta intrappolata nel tuo stesso specchio.
Tu hai troppo sognato. Hai sognato come un bimbo. E' un privilegio a termine.
Ora lo sai, il velo è caduto, l' ultima roccaforte rimasta è il tuo stesso respiro, un po' affannato, spezzato dalle reminescenze del frastuono della tua corsa inconsulta. Ti tocca vivere. Qui e ora.
Ed il vivere dev' essere questo: avvicendarsi dei movimenti del respiro nella sinfonia dei pensieri.
A te la determinazione a consentirli regolari ed armonici o tumultuosi e dissonanti.
Stasera, sulla via del ritorno, mentre i pneumatici divoravano la strada, t' ha incantato un maestoso, complesso, generoso, tramonto.
La Bellezza di ciò che vive e vivrà comunque, senza di te, ti disarma. Ti insinua il dubbio d' essere, forse, senza saperlo, già morta. E ti dimostra che potrebbe non essere poi così difficile.
Il premio dell' umiltà del ruolo di comparsa è la saggezza. Lasciare che accada. Che accada la vita, che accada l' amore, che accada la morte. Che tutto sia.
Dolce! Non hai troppo sognato, il sogno è la realtà di ciò che ci circonda, a volte scomodo, a volte piacevole, a volte drammatico, ma occorre viverlo, può essere eterno, oppure durare un attimo come quel tramonto che sfugge inesorabile sotto a quei pneumatici roventi.
RispondiEliminaResta comunque maestoso e sublime, come tu ben hai descritto.
La bellezza che ci circonda, anche se fatta di soli attimi, non disarma affatto ma ci anima, non ha importanza se ciò vivrà anche dopo di noi,ciò che importa è che l'abbiamo vissuto.
B. alias freccetta
abbiamo il privilegio e la dannazione dei poeti e degli artisti: interrogarci, sentire ed esprimerci. Ma non esiste consolazione...
RispondiElimina@freccetta
RispondiEliminaLo ribadisco: è terribile, per l' umano pensante, rendersi avvezzo all' accettazione dell' idea d'essere così miseramente transitorio ed irrilevante, quindi inutile. La tragica consapevolezza d' essere nel contempo così abbondantemente dotato intellettualmente e tanto privo di scopo, rasenta il grottesco. Certo, sì, Carpe Diem, ma solo grazie ad uno sforzo di auto-ottundimento, solo a patto di far tacere i perché, e rendere il più addomesticata possibile la nostalgia che già ti prende alla gola quando ricordi a te stessa che quel tramonto non dura che pochi, sparuti istanti. Come la vita umana.
@ gussurpio
RispondiEliminaE' vero, amico mio. Non c' è consolazione possibile se non nella solidarietà tra mortali...
lasciare che accada con la consapevolezza che accada...
RispondiEliminacome l'animale quando è braccato
che scatena il suo sangue verso la salvezza.
ti mando un sorriso
a presto Morena
carla
@Carla
RispondiEliminaBellissima questa tua ferina immagine.
Ti invio un dolce ruggito.
A me è successo sul lavoro, alla fine di un corso fuori sede che era risultato piuttosto piacevole da seguire. Mentre si attendeva che tutti fossero pronti per ripartire, fra colleghi che in molti casi erano fra loro anche amici, si avvertiva un clima disteso, qualche raro dialogo scherzoso, quasi sottovoce. Io osservavo la scena come un po' in trance, e mi sembrava così facile proiettarmi nella coscienza di ognuno, intuendo, dall'atteggiamento, come ognuno avvertisse davvero la medesima realtà, la stessa densa allucinazione, se vogliamo: aldilà dell'inattingibile sottofondo differenziante che ciascuno poteva serbare in sé, sembrava trionfare la forza soverchiante degli isomorfismi, del tutto impliciti, scontati, e quindi non visti. E mi sembrava impellente intuire il senso di quel singolo anonimo istante, di tutte quelle esistenze, di tutte quelle coordinazioni accettate, e degli istanti che ad esso si sarebbero pazientemente concatenati, susseguiti, sviluppati, sgranati in tutte le direzioni, fino alla dissoluzione completa di quell'attimo, di quei respiri rilassati, dalla memoria di ciascuno. La pura semplice consumazione del tempo mi appariva procedere solennemente, indifferente a tutto, in nessun modo intaccabile da alcun dispiegamento di favole, sotto qualsiasi palcoscenico che la mente umana potesse escogitare. Nessuno sa veramente nulla, ne conclusi in silenzio.
RispondiElimina@elio
RispondiEliminaE' magnifica questa tua descrizione: ho provato una sorta di commozione nell' addentrarmici e completamente riconoscerla.
Qualche volta penso che questi attimi maestosi, un po' profetici, svincolati da carne ed intelletto, indifferenti ed incorrotti, siano porte, appena socchiuse, sull' intima verità della Vita, suggerimenti di fuga dai nostri labirinti terrestri: è lì che abita quella solitamente inseguiamo come felicità.
Grazie :-)
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