Ma perché non ammetterlo, su: siamo cagionevoli, gravemente, sia di contenuti razionali ed effettivamente coinvolgenti da scambiare nelle nostre relazioni private, che di effettivi sentimenti.
Noi umani, tolte rarissime eccezioni, siamo al massimo capaci di qualche premessa, di tanto in tanto. Negli scambi, di qualsiasi tipo ma in particolar modo amorosi ed amicali, siamo interessanti e motivati, quindi partecipi, solo agli esordi, dopo di che, e rapidamente, i nobili e belli afflati ispiratori si sfiatano.
Abbiamo un'attitudine innata nel deludere ed una propensione masochista nel consentire all'altro di recarci delusione.
Le amicizie adolescenziali, di cui ho ancora memoria ed il cui ricordo, custodito nelle più segrete stanze dell'anima, riaffiorando mi addolcisce ancora di malinconica nostalgia, almeno un decennio l'hanno retto. E' perché erano, in quel preciso momento storico e formativo, completamente vere, pur se ingenue.
Eravamo, allora, tutti interi: amori, politica, passioni, giochi, utopia, studio, stavano ospitati in ciascuno stretti stretti, intrecciati senza fratture e senza la vergogna delle bieche contraddizioni e della viltà che oggi amiamo giustificare come necessità imposteci dal tentativo di sopravvivere.
Ma che c'entra, poi, la sopravvivenza fisica con l'integrità interiore, con la volontà -lieta ed incontrastabile- di salvare e coltivare relazioni significative e belle?
Con ogni probabilità, bisogna però puntualizzare, è il concetto stesso di "bello" che differisce in modo decisamente divisivo tra individui, e ciò che costituisce la vera discriminante tra di essi è l'attitudine (almeno l'attitudine) alla virtù, la propensione -innata- ad una certa compattezza e saldezza dell'anima, che influenza in massimo modo anche il conseguente e correlato concetto di "piacere".
Ma che c'entra, poi, la sopravvivenza fisica con l'integrità interiore, con la volontà -lieta ed incontrastabile- di salvare e coltivare relazioni significative e belle?
Con ogni probabilità, bisogna però puntualizzare, è il concetto stesso di "bello" che differisce in modo decisamente divisivo tra individui, e ciò che costituisce la vera discriminante tra di essi è l'attitudine (almeno l'attitudine) alla virtù, la propensione -innata- ad una certa compattezza e saldezza dell'anima, che influenza in massimo modo anche il conseguente e correlato concetto di "piacere".
Porre da sempre, ed a ragione, il piacere in cima alle nostre priorità, per esempio, non ci ha ancora insegnato a riconoscerlo per quel che davvero è e figuriamoci, di conseguenza, quanto sia improbabile il provarlo.
Sappiamo, al massimo, sfiorare l'eccitazione, o meglio, piuttosto, raggiungere innumerevoli volte sempre le solite, prevedibilissime eccitazioni consuete, le quali, tuttavia, com'è insito nella loro natura un po' precaria ed infantile, scemano presto, destinate alla dimenticanza.
Sarà che il vero piacere sta nell'assenza del desiderio, nel non necessitare di alcun bene oggettivo da rapinare all'altro perché si è totalmente sintonizzati con la propria coscienza e paghi della propria personale, unica, irripetibile ed onesta pienezza, sarà, di conseguenza, che è appannaggio di coloro che hanno dedicato la maggior parte delle energie esistenziali cercando senza sosta segretamente di conoscere se stessi senza lode ma anche senza ignavia per dirsi almeno veri, sarà che ciò non rappresenta un elemento di scambio in un mondo in cui i più si prostituiscono, emettono parole insincere e vuote, hanno un cuore inaridito e fiacco, o cercano un qualche tornaconto, ma io non ho incontrato mai un solo essere umano così esigente e libero da pretendere di raggiungerlo fino in fondo.
Innanzitutto: è un post bellissimo e l'ultimo capoverso è sublime. Da esso traggo una frase, questa: «non necessitare di alcun bene oggettivo da rapinare all'altro perché si è totalmente sintonizzati con la propria coscienza e paghi della propria personale, unica, irripetibile ed onesta pienezza» per chiederti: è possibile per coloro che non si sentono del tutto paghi di sé e per niente "realizzati", avere contatti umani autentici che non tendano a "rapinare" in qualche modo, anche di una virgola, l'altro?
RispondiEliminaCredo che sia indispensabile quella propensione di cui ho fatto cenno sopra: l'innato e non altrimenti riproducibile modo d'essere di chi sa vivere ed approcciare gli altri solo in personale interezza. Non vuol dire essere già perfetti e sapienti, ma certamente sentire che conoscere sé stessi è prioritario rispetto a qualsiasi altro fine.
EliminaCi si rapina per tutta la vita, anche in buonafede. Hesse direbbe: "uomini-bambini".
Si avverte la verità profonda di quel precetto socratico quando si è alla soglia della senilità.
L'esistenza umana resta segnata da questo sfasamento tragicomico.
Grazie, Luca. Un abbraccio.