Dopo essercisi infilati con scrupolosa invasività ed averci investito la maggior parte delle proprie energie psicofisiche nonché la più sfavillante immaginazione, sulla via dell' inesorabile, dolce e perdutamente malinconico declino della propria vita (quel declino di cui a nessuno si dirà mai per una questione di vano orgoglio ed oggettiva impossibilità di consegnare il proprio cuore in qualsivoglia altrui mani), si inizia a sospettare che l' intera passata esistenza non sia stata altro che un tergiversare e che siano irrilevanti nella stessa misura acquisizioni e perdite, gioie e dolori, tentativi e rinunce, parole dette e silenzi.
La sola, l' esclusiva ragione di personale e tacito vanto -conquista impalpabile perché immateriale, lieve soffio d' auto-perdono- sta nel sapere che mai, neppure per un istante, ci si sia sottratti al fuoco sacro del vivere, per non guadagnarci altro che la certezza -impareggiabile- d'aver partecipato, d' aver agito, d' aver nutrito istanti con velleità d' eterno senza che, nel mentre si agiva e si amava, si inquinasse quel vivere stesso nel calcolo della convenienza -che è sempre destinato alla preservazione degli agi del solo corpo-, nella triste e squallida partita contrapposta tra mente ed anima.
Ho composto la mia piccola vita sulla suggestione di una sorta di ditirambo dionisiaco, nonostante ogni dettaglio della mia personalità debba combattere la consapevolezza di un imperturbabile Nulla di titanica forza.
Libera di amare sempre perfino anche l' amore immeritevole e sbagliato, libera di porvi fine, in scelte che il mondo intero giudica folli.
Non so dire se gli ' errori' siano imputabili ad una mia iniziale eccessiva propensione al sogno, che più di ogni altra cosa ingentilisce e ricama ogni realtà, oppure alla cieca protervia che mi induce a supporre 'grande' ogni essere umano.
Comunque sia è sempre illusorio.
Soprattutto, è a termine.
*
L' uomo vuol protrarsi, durare, essere ancora, essere sempre.
Ma non sa che cosa.
Fusto privo di vera linfa.
Fusto inaridito ed avido di respiro perenne, ma senza lacrime, senza baci, ignaro di tenerezza.
Legno che si fa pietra.
Ai miei occhi la paura della morte è imperdonabile: tu la paventi, ma nel frattempo sei già morto.
Ed invece il ciliegio ha saputo finanche anticipare le sue fioriture.
Pensa che proprio oggi pomeriggio, tra uno starnuto e l'altro delle fioriture di primavera (quando verrà a piovere, quando verrà a termine quest'aria madida di pollinume?!) sono stato a vedere questa mostra. E la prima installazione - in forma di sottili, ricurvi tubi di metallo con all'apice di ognuno una lampadina viola - celebrava il prugno, essendo la fioritura del prugno carica di significato simbolico in Giappone. Il prugno buca anche la neve per emergere, così era scritto nella didascalia. Poi c'era un lunghissimo video sullo tsunami (la mostra è in memoria dell'accadimento di un anno fa). Si vedeva anche l'onda che sommerge impietosa. Di Hokusai vidi a Palazzo Reale la Grande Onda, ma a Venezia è molto meglio parlar d'alberi ;)
RispondiEliminaAnche perché, a dispetto delle alluvioni di qualsiasi sorte, c'è a volte chi è testardo come un prugno. O tenace come una ciliegia.
... oppure anche, esile betulla tormentata dal vento, si piega ma non si spezza, in un disperato desiderio d' integrità...
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