Non sei la sola, in definitiva, povera cara, a vivere quella miserrima condizione, ma sei la sola con cui io abbia disperso tanto tempo -decenni- ed energie nell'infingimento inconsapevole di un'amicizia.
Ciò non mitiga la mia colpa.
Ciò non mitiga la mia colpa.
Siamo, perciò, due casi psicologici davvero emblematici, due clamorose contraddizioni, due scandalosi paradossi: tu ed io siamo due contrari che hanno contravvenuto clamorosamente alla legge naturale che li vuole tendenti alla reciproca ripugnanza ed alla distanza.
Naturalmente tu lo ignori: il tuo disturbo ti impedisce l'auto-valutazione e conoscere te stessa è, per te, operazione impossibile. Vivi nella convinzione inossidabile che il tuo modo d'essere sia legittimo e naturale e provi angosciata perplessità -con immediata sensazione di vertigine e confusione-, se qualcuno tenta di fornirti almeno il timido sospetto che non sia così.
L'anaffettività, in definitiva, è un male grave e debilitante, sempre incurabile, sempre involontario, ed ora, tra l'altro, mi pare, in preoccupante propagazione universale.
(Io, che mi credevo tanto buona, confesso di non riuscire però a provarne compassione. Sono malvagia, ecco. Anaffettivi, statemi alla larga, ché vi detesto.
Ho scoperto di recente, inoltre, che non capisci assolutamente mai il senso completo di quel che ti dico o ti scrivo. E' imbarazzante e vano comunicare quel che ti pare il concetto più semplice ed ovvio del mondo per scoprire che il destinatario che dovrebbe conoscerti meglio del contenuto delle sue stesse tasche non ha capito una mazza, mai. Ho perso trent'anni di parole con soggetti decerebrati. ed emozionalmente anoressici.)
Ciascuna delle tue scelte, passate e presenti, la tua intera storia, che conosco a menadito, dal momento che noi ci siamo frequentate dai quattordici anni in poi, testimoniano con grande chiarezza la tua valutazione dell'altro -e la tua sindrome narcisistica-: le persone hanno un'utilità, possiedono delle potenzialità -chi più, chi meno- la cui funzione esclusiva è servire le tue esigenze, anche se frivole. Tu sei un tipo pratico. Perfino i tuoi sogni hanno carattere pratico, perfino le emozioni epidermiche ti conducono ad argomentazioni ed acquisizioni pratiche.
Povera cara: tu senti solo quel che puoi toccare. Probabilmente l'attaccamento alle cose, di cui non riesci a liberarti in alcun modo nonostante ti siano inutili e d'impiccio, l'accumulo negli armadi e quella triste ed imbarazzante avarizia, ovviano a ben altro e tragico vuoto interiore.
Nell'ambito degli scambi morali l'azione di utilizzare le persone a proprio vantaggio ha in sé qualcosa di comunque nauseante, ma se neppure il fine possiede un minimo di nobiltà o quantomeno assenza di sordidezza, allora è decisamente ripugnante.
Invecchiando, hai perso anche il pudore di camuffare da qualcos'altro i tuoi scippi un po' squallidi, con il risultato che perfino io -così un tempo tollerante e pietosa e magnanima e dolce- sono stata costretta a registrarne l'evidenza.
Sono alfine guarita dal mio garantismo buonistico, controproducente, anche per te dannoso, inutile e un po' vile, e la sensazione che ne ho ricavato è di freschezza e pulizia.
Da tanto ho imparato la lezione che di malinconia non si muore: si vive a stento ma senza vergogna, e con una certa sinfonia d'Idee e tenerezza per la Vita dentro.
Purtroppo io ti amavo, perché io amo sempre.
Riesco ad amare immediatamente perfino lo sconosciuto che mi sorride ed il cane che mi scodinzola, figuriamoci allora chi mi apre il suo cuore, o mi sceglie per depositare le sue confidenze, od assistere alle sue lacrime, o semplicemente per starmi vicino.
Non c'è niente di più abietto, in assoluto, del devastare l'altrui innocenza.
Quindi siamo pari, entrambe salve: tu hai definitivamente spento il mio affetto amicale per te, ma non lo immagini, dato che conosci solo ciò che è tangibile, ed io ho la certezza che, se pur leggessi, non afferreresti il senso di nulla.
L'anaffettività, in definitiva, è un male grave e debilitante, sempre incurabile, sempre involontario, ed ora, tra l'altro, mi pare, in preoccupante propagazione universale.
(Io, che mi credevo tanto buona, confesso di non riuscire però a provarne compassione. Sono malvagia, ecco. Anaffettivi, statemi alla larga, ché vi detesto.
Ho scoperto di recente, inoltre, che non capisci assolutamente mai il senso completo di quel che ti dico o ti scrivo. E' imbarazzante e vano comunicare quel che ti pare il concetto più semplice ed ovvio del mondo per scoprire che il destinatario che dovrebbe conoscerti meglio del contenuto delle sue stesse tasche non ha capito una mazza, mai. Ho perso trent'anni di parole con soggetti decerebrati. ed emozionalmente anoressici.)
Ciascuna delle tue scelte, passate e presenti, la tua intera storia, che conosco a menadito, dal momento che noi ci siamo frequentate dai quattordici anni in poi, testimoniano con grande chiarezza la tua valutazione dell'altro -e la tua sindrome narcisistica-: le persone hanno un'utilità, possiedono delle potenzialità -chi più, chi meno- la cui funzione esclusiva è servire le tue esigenze, anche se frivole. Tu sei un tipo pratico. Perfino i tuoi sogni hanno carattere pratico, perfino le emozioni epidermiche ti conducono ad argomentazioni ed acquisizioni pratiche.
Povera cara: tu senti solo quel che puoi toccare. Probabilmente l'attaccamento alle cose, di cui non riesci a liberarti in alcun modo nonostante ti siano inutili e d'impiccio, l'accumulo negli armadi e quella triste ed imbarazzante avarizia, ovviano a ben altro e tragico vuoto interiore.
Nell'ambito degli scambi morali l'azione di utilizzare le persone a proprio vantaggio ha in sé qualcosa di comunque nauseante, ma se neppure il fine possiede un minimo di nobiltà o quantomeno assenza di sordidezza, allora è decisamente ripugnante.
Invecchiando, hai perso anche il pudore di camuffare da qualcos'altro i tuoi scippi un po' squallidi, con il risultato che perfino io -così un tempo tollerante e pietosa e magnanima e dolce- sono stata costretta a registrarne l'evidenza.
Sono alfine guarita dal mio garantismo buonistico, controproducente, anche per te dannoso, inutile e un po' vile, e la sensazione che ne ho ricavato è di freschezza e pulizia.
Da tanto ho imparato la lezione che di malinconia non si muore: si vive a stento ma senza vergogna, e con una certa sinfonia d'Idee e tenerezza per la Vita dentro.
Purtroppo io ti amavo, perché io amo sempre.
Riesco ad amare immediatamente perfino lo sconosciuto che mi sorride ed il cane che mi scodinzola, figuriamoci allora chi mi apre il suo cuore, o mi sceglie per depositare le sue confidenze, od assistere alle sue lacrime, o semplicemente per starmi vicino.
Non c'è niente di più abietto, in assoluto, del devastare l'altrui innocenza.
Quindi siamo pari, entrambe salve: tu hai definitivamente spento il mio affetto amicale per te, ma non lo immagini, dato che conosci solo ciò che è tangibile, ed io ho la certezza che, se pur leggessi, non afferreresti il senso di nulla.
Se non seguiranno letture fischieranno comunque orecchie! :-)
RispondiEliminaStefano