Se c'è qualcosa che in tutta onestà non posso non riconoscere alla vita è la possibilità di meravigliare anche nelle condizioni più restrittive ed ostiche.
Ah sì, davvero, è dell'umano, connaturata ed automatica, la capacità di estrarre da impercettibili segni e dettagli microscopici ancora un altro motivo per attardarsi a respirare anche nella più lucida delle disperazioni.
Succede che in mancanza di verità oggettive, di sostanziali e corposi motivi, di possibilità progettuali, l'occulta parte di noi che ci abita misteriosamente e che dicono anima, s'ingegni nel tentare di fornirci un qualsiasi sollievo, scaldando un cuore fattosi freddo ed impietrito a suon di amarezza e dolori, quasi come fosse esattamente quella la sua funzione: ricordarci d'amare.
Almeno così mi capita sempre più spesso, mentre mi trascino con spossatezza, fin dal primo mattino, nella mia alienazione generale, metropolitana ed esistenziale. Mi catturano così immagini banali, certo sfuggenti ai più nell'indifferenza di massima che ci rende, pur se invece umani, cose sterili ed ordinarie tra altre cose, e quelle immagini mi riempiono il cuore di commozione, di malinconia e di tenerezza.
Come quella vecchietta che indossava pantaloni un po' ampi con la piega ben stirata ma leggermente più corti del dovuto -qualche centimetro-, talché rimanevano visibili gli stivaletti che calzava, e gli stivaletti, sulla caviglia, risultavano decisamente troppi ampi per il suo smilzo piedino che pareva così naufragarci dentro.
Non so perché mai una cosa simile, apparentemente insignificante, mi muova alla voglia di piangere un pianto buono, pieno d'affetto, per qualcuno di cui non conosco assolutamente nulla e che non rivedrò, probabilmente, mai più.
So però che nella decadenza delle parole ormai svuotate di ogni verità, nell'ipocrisia generale dei rapporti che ho subito e subisco, il senso ed il bisogno di umanità, prepotenti e divoranti, in qualche modo devono manifestarsi, fosse pure per il tramite di un paio di scarpe larghe ai piedi di un umano sconosciuto.
Succede che in mancanza di verità oggettive, di sostanziali e corposi motivi, di possibilità progettuali, l'occulta parte di noi che ci abita misteriosamente e che dicono anima, s'ingegni nel tentare di fornirci un qualsiasi sollievo, scaldando un cuore fattosi freddo ed impietrito a suon di amarezza e dolori, quasi come fosse esattamente quella la sua funzione: ricordarci d'amare.
Almeno così mi capita sempre più spesso, mentre mi trascino con spossatezza, fin dal primo mattino, nella mia alienazione generale, metropolitana ed esistenziale. Mi catturano così immagini banali, certo sfuggenti ai più nell'indifferenza di massima che ci rende, pur se invece umani, cose sterili ed ordinarie tra altre cose, e quelle immagini mi riempiono il cuore di commozione, di malinconia e di tenerezza.
Come quella vecchietta che indossava pantaloni un po' ampi con la piega ben stirata ma leggermente più corti del dovuto -qualche centimetro-, talché rimanevano visibili gli stivaletti che calzava, e gli stivaletti, sulla caviglia, risultavano decisamente troppi ampi per il suo smilzo piedino che pareva così naufragarci dentro.
Non so perché mai una cosa simile, apparentemente insignificante, mi muova alla voglia di piangere un pianto buono, pieno d'affetto, per qualcuno di cui non conosco assolutamente nulla e che non rivedrò, probabilmente, mai più.
So però che nella decadenza delle parole ormai svuotate di ogni verità, nell'ipocrisia generale dei rapporti che ho subito e subisco, il senso ed il bisogno di umanità, prepotenti e divoranti, in qualche modo devono manifestarsi, fosse pure per il tramite di un paio di scarpe larghe ai piedi di un umano sconosciuto.
Ci commuove l'innocenza del vivere, ovunque la vediamo.
RispondiEliminaCiao Morena
Ci basta perfino solo immaginarla, perfino dove non abbiamo la certezza che ci sia.
EliminaCiao Massimo. :)
Sirio è un piacere essermi imbattuta in questo tuo blog, che vibra , sente, parla di " pancia"...
RispondiEliminaVivo io da poco tempo tra una lacerazione e l'altra , una specie di catarsi molto simile alla tua, ma non possiamo non ricordare cosa significa amare, cosa la tenerezza ci regala anche dal gesto più semplice e comune , che ricordo appena. E basta qualcosa che colpisca il nostro sguardo , effimero nella sua potenzialità , a farci scattare quel desiderio di umanintà di cui abbiamo molto bisogno...
Mi sono iscritta con infinito piacere, sperando in un tuo gradito ricambi. Mi spiacerebbe perderti.
Un abbraccio forte, anche se il mattino è grigio!
http://rockmusicspace.blogspot.it/
Ti ringrazio per l'apprezzamento.
EliminaIo sto qua, di tanto in tanto, disponibile al dialogo.
Ricambio l'abbraccio. :-)
Mi piace come traduci, nero su bianco, i pensieri.
RispondiEliminaGrazie, Lisa. :-)
Elimina