giovedì 11 luglio 2013

Serendipity

Il cinico:
Se rapportarsi ai propri simili, dato per assunto che non è possibile stare nel mondo organizzato evitandolo, significa trangugiare massicce dosi d'amarezza e di tedio mortale, utile sarebbe limitarsi ad approcci sociali esclusivamente omeopatici.

Lo stoico:
Purtuttavia, ciò non solleverà in alcun modo dal dolore di fondo del vivere, che rimane comunque macigno nella mente e nel cuore. Fino all'ultimo. S'ha da diventarne avvezzi ed attribuirgli la virtù, andandone fieri. Ciò nutrirà il Dio che pensiamo abiti in noi.

La Filosofia ha tratti spesso a dir poco buffoneschi.


- E che cosa, poi, arreca tanto dolore metafisico, in sintesi?
- Sapere quanto sia inevitabile ritrovarsi a contemplare puntualmente, dopo ciascuna disillusione, la propria solitudine, la propria inettitudine a comunicare fino in fondo quello che si è, nel mentre, come in uno stillicidio, si cerca di decodificare la propria stessa consapevolezza d'essere.
- Ma siamo tutti soli, tutti! TUTTI!
- Banale, sì. Solo che io non posso tollerare di fingere di non esserlo, come vedo fare a tanti, presi come sono ad illudersi che le cose e le situazioni su cui hanno abbarbicato le loro sicurezze ed i loro pretesti di esistenza siano solidi puntelli a difesa della vertigine del dubbio di non stare esattamente vivendo.

E rimango perplessa dalla mia stessa bassezza morale, che mi insinua una serpeggiante punta d'invidia per la loro capacità di mettere ordine nel caos della coscienza.

Certo, loro han ragione ed io rimango irrisolta,: un pezzo sfornato con ammaccatura all'origine. Ostinatamente predestinata all'aleatorietà ed alla ricerca di soddisfacenti risposte.
Il troppo desiderio di conoscenza è un vizio grave, così come la piccata puntualizzazione dei dettagli, nell'oscena ricerca di una smagliante bellezza, della beatitudine.
Oh! Serendipity! Da che ho smesso di crederci, la morte si fa più sfacciata,...



2 commenti:

  1. Mi è rimasta impressa la frase che pronunciò anni fa un medico, durante una lezione di primo soccorso: "Se per caso vi trovate sul luogo di un incidente, non fate l'errore di soccorrere e preoccuparvi soltanto dei feriti che si lamentano o urlano. Di solito ad essere messi peggio, sono quelli che non hanno nemmeno la forza di parlare, muoversi o lamentarsi."

    - Ma siamo tutti soli, tutti! TUTTI!
    Ecco, di mio ho la consapevolezza che la solitudine è l'unica compagna certa e fedele della mia vita. Fatta salva la capacità di saper stare soli con se stessi, non è una condizione bella, se dettata da contingenza anziché da scelta. Ma prima che dell'opinabile estetica, viene la presenza: la solitudine è. Eppure, lì dove ribadisci il concetto a lettere maiuscole, io avverto come un grido, che più che confermare la convinzione di solitudine, anela una risposta dal silenzio, poiché, forse, nell'intimo non ti rassegni ancora al silenzio, che è tra le espressioni della solitudine. Anche le lacrime sono solitarie, eppure scorrono silenziose.
    Mi hai fatto pensare a quella riflessione sui feriti, perché, se il triage è la solitudine, non sei ancora un caso di estrema gravità. Manca ancora la convinta rassegnazione che debba essere come gridi che sia.

    Quanto sopra non è un rimbrotto, ma un augurio, anch'esso solitario, silenzioso e rispettoso.
    Un caro saluto

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    1. Mi illuderò di non essermici ancora rassegnata.
      Tanto per fare.
      Ma mica ci credo, sai.
      Grazie.

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