Quante lacrime, e risa, ed appassionate avventure, e stupore, e mortale noia, ed errori reiterati, prima di approdare alla consapevolezza di oggi, terrificante ed ultimativa: nascere altro non è, per chiunque, che spiccare il volo verso l'abisso.
In fondo lo sappiamo da secoli, filosofi e cantastorie antichi ci ammonirono per tempo, ma inutilmente. La nostra natura è immutabile, ci è impossibile trascendere noi stessi. Noi ci disprezziamo, ci uccidiamo, ci odiamo.
"... non c'è nulla più degno di pianto dell'uomo, fra tutto ciò che respira e cammina sopra la terra..."
Ho perso qualsiasi desiderio dopo simile conclusione, ma è più elegante affermarlo con un bisbiglio: ci vuole pietà per gli altri fratelli di sventura, gli inconsapevoli, gli smemorati, i fragili, gli illusi, gli ottimisti, i conformisti.
Ed allora, così sia.
stupendo pessimismo cosmico
RispondiEliminamassimolegnani
(orearovescio.wp)
Una consapevolezza tardiva si potrebbe dire, certo da ventenni l'incoscienza aiuta, il baratro non si scorge, né memoria, né abissi, nè confini. Col tempo si comincia a fare mente locale, certo solo bisbigliarlo può risultare di vago sollievo..
RispondiEliminaLa salvifica atarassia rimane purtroppo un ideale e resta il tormento di non poter essere niente altro che umani. Troppo umani.
RispondiEliminaMi spiace siamo altro oltre la nostra vita biologica, negarlo serve solo a una consolazione dovuta ma non salvifica. Siamo altro ma non ci è possibile comunicarlo con umana certezza o scriverne allo stesso modo.
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