mercoledì 30 settembre 2015

"Piccola anima smarrita e soave..." -2-

La mia seconda lucida consapevolezza di post-cinquantacinquenne, è che sarebbe stato meglio per me concludermi definitivamente a cinquanta, limite oltre il quale mentre  le energie collassano più o meno precipitosamente in caduta libera verso la fossa avvicinando il disonorevole e penoso deterioramento psico-fisico  della vecchiaia, ciascuno degli istanti  miracolosamente strappati al mestiere della sopravvivenza materiale in cui ci si apparta con se stessi e ci si ascolta,  vibra ed assorda di  ridondante eco nel frastuono interiore della più assoluta solitudine.

Nel caso di  organismi particolarmente dotati e fortunati, solidi e sani e potenzialmente longevi, poi, potrebbe capitare di intossicarsi così tanto della noia che i conspecifici recano -o dall'amarezza, o dal disgusto-, che il vivere senza la possibilità (al solito, sempre economica) di sottrarsene equivale ad una penosa malattia, alla lenta agonia della loro piccola, soave e smarrita, anima.
Quel che segue, allora, in determinate indoli, non può che essere avvilente e straziante se non si è prima saputo o potuto edificare il proprio personalissimo rifugio, materiale ed immateriale, in grado di proteggere dall'immondizia del mondo e dagli stessi propri desideri sconfitti: è una questione sottile, legata all'ipersensibilità personale, ai riverberi ed ai sogni della parte più sotterranea di noi, ma anche, molto più volgarmente, una questione crassa ed ottusa, priva di elementi particolari di elettività, quali la relativa serenità economica e  fisica.

E' prepotente anche la voglia di religiosità che illuda nel riscatto -ché è questo che ha originato ogni dio-, ma la fede, per definizione e di fatto, non si può scegliere e se non c'è non è possibile autoingannarsi.
Rimane così una sorta di  veglia dannata da animale braccato,  tesa come la corda che scocca la freccia, e la freccia son io, che vibro e mi interrogo  sullo stare o sull'andare, con l'onesta voglia di centrare un pretesto, perché -ricordo, e qualche caparbio ottimista mi ricorda- vivere è stato anche bello, di tanto in tanto.

Ciò premesso, sono oltremodo dispiaciuta: per come vanno le cose, ormai, sento d'aver esaurito definitivamente  la capacità di dare credito agli altri, tanto gratuita e spontanea solo fino a ieri.
Credo d'aver idealmente abbandonato il branco umano -probabilmente anche perché è emerso in modo inconfutabile che di me può agevolmente fare a meno- da quando non mi riesce più di credere all'onestà intellettuale di quasi nulla di quel che dice e fa nella maggioranza dei casi, ed anche, nel contempo, da quando mi appare sempre più frequentemente chiara la dilagante deriva schizofrenica che regola i rapporti umani.

Nel corso degli ultimi mesi, in occasione di incontri casuali ed imprevedibili, due (evidentemente pseudo) amici  han finto di non riconoscermi, mentre un  anno fa ho interrotto, per pietà verso me stessa e mio malgrado, una frequentazione di una vita intera per sottrarmi alla squallida pochezza di sentimento e contenuti che la caratterizzava (e non certo per mie mancanze o pigrizia).
Rapporti viscerali, filiali, drammaticamente negati; persone ieri profondamente vicine che dimenticano che tu esisti; amici, amori, speranze, rivoluzioni sempre più smaterializzati e virtuali: triste epilogo per una vita così appassionata e attiva  prima.
Era tutto un gioco, con pegno finale.





8 commenti:

  1. Il dolore nasce dall'attaccamento, dice Buddha.
    E se non bastasse ci aggiungo questo :--):
    A 30 anni mi reggevo sulle mie gambe
    A 40 anni mi sono liberato/a dalle illusioni
    A 50 ho compreso il volere del cielo
    Confucio
    Ciao Morena

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    1. Perle di saggezza, riservate alle tempra forti.
      Epperò sarebbe ancora fin troppo semplice:
      "[...] Soffro principalmente del male di poter soffrire. Mi manca qualcosa che non desidero e soffro per il fatto che esso non sia esattamente una sofferenza. [...]" (Pessoa)

      Ciao Massimo

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  2. Non ho mai avuto veri amici e non ne ho mai sentito la mancanza. Credo si possa arrivare all'affetto per una persona, ma l'amicizia, così come l'amore credo siano grandi padiglioni da sfoggiare all'expo. Fuori accattivanti, dentro, spesso, deludenti. Le amicizie che non finiscono mai sono quelle che si frequentano poco. L'amore può durare se si ama solo un pò. Siamo animali asociali e se riusciamo a divertirci insieme agli altri troppo facilmente vuol dire che dentro siamo già morti.

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    1. Invece io, Lorenzo, sento acutamente la mancanza della "vera" amicizia e non ho fatto che cercarla, spendendomi, ed il desiderio di lei mi ha indotta a vederla dove invece non c'era, cadendo nella trappola dell'autoinganno. E' il "massimo bene", dice Epicuro, sì che procura, naturalmente, il massimo piacere, oppure anche, se vuoi, leggilo al rovescio: il concetto è perfettamente speculare, e si regge comunque. Sull'amore non so più niente, ora, ma ritengo che la prudenza e la razionalità, per definizione, non possano appartenergli. Forse.

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  3. la famosa agape...il sentimento più completo, e per questo più raro.
    anche io l'ho sempre ricercata, l'amicizia, e ti confesso che in fondo in fondo non ci ho mai creduto veramente
    forse perchè non l'ho mai incontrata.
    ciao Morena, un bacio alla tua splendida laguna!

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    1. Sì, lo capisco: in qualche modo una persona sensibile tenta così di tutelarsi, per non soffrire sempre. In questa mia stagione voglio adesso concentrare la critica su me stessa: voglio almeno comprendere quanta e quanto grave sia la mia stessa responsabilità. Dopodiché proverò a riaprire le porte dell'anima.
      Ciao Carla, un abbraccio.

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    2. E' la cosa più giusta da fare, questa, secondo me. Guardare sempre se stessi. Senza affogarci dentro. Il problema, che ho avuto anch'io e molto doloroso, è quello di non trovare mai veramente nessuno in cui specchiarsi, ma è proprio quello il punto, l'avere bisogno di specchi.
      Non sto dicendo che sia il tuo caso, sia chiaro. Ma spesso si soffre per una mancanza che è solo nostra, non degli altri. I cosiddetti "altri" sono quello che sono.
      Il grosso problema di noi umani sono le aspettative. Senza non possiamo vivere, ma sono quelle che ci fregano.
      Ma io credo che tu sia sulla strada giusta.
      Ciao Morena.

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    3. Caro Massimo,
      non voglio in alcun modo cercare alibi per le mie sicure mancanze, però, di certo, la malinconia così profondamente acuita dai rapporti umani non ha motivazione narcisistica.
      Non voglio specchiarmi nell'altro, non cerco cloni: già mi trovo sufficientemente noiosa, talvolta, da me!
      Avrei voluto, di tanto in tanto, incontrare qualcuno capace di un... lodevole contrappunto di qualità.
      :-)

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