lunedì 26 settembre 2016

schiavi si nasce

Non c'è alcun dubbio che il lavoro salariato in particolare sia l'esatto corrispondente moderno della schiavitù antica, di cui perfino Seneca, seppur  prima di filosofo usuraio, s'indignava.
Ora s'è aggiunta qualche nuova sfumatura peggiorativa: il micro-imprenditore (questo alieno incomprensibile di cui nessuno, in assoluto, si occupa, circondandolo di un'aura misteriosa e di sospetto giacché egli, per definizione, è un evasore fiscale anche quando non produce in realtà un reddito tassabile) è più schiavo del salariato-schiavo. Non può neppure ammalarsi come tutti, né figliare, né riposarsi una settimana l'anno a cuor leggero: rischia il fallimento e la fame.

Non c'è neppure minimo dubbio sull'oggettiva casualità della nascita in questa o quella condizione: schiavi si nasce e ci si rimane e, da quando esistono capitale e  democrazie, difficilmente un padrone potrà mai vedere le sue sorti ribaltate come fu per  Ecuba, e Creso, e la madre di Dario, e Platone, e Diogene.

La vera schiavitù è quella volontaria, del vizio, ci ammonisce i filosofo.
Dunque, Maestro, io sarei schiava soltanto della mia detestabile abitudine di fumare?
E' solo un dettaglio, invece, che alla mia venerabile età io mi ritrovi ad annaspare per tenere in piedi questa minima impresa che ho creato senza il sostegno di nessuno, che mi fornisce il pane e non il companatico, che mi ha sottratto il tempo per esercitare la mia umanità e leggere, incontrare persone, contemplare ciò che è bello, ogni tanto ridere di gusto e perfino  amare?

Il fato, si sa, è invincibile.

Una cosa è certa: se vivessimo in un Paese appena civile, dovrebbero quanto meno provvedere a farci recapitare a casa il kit di barbiturici, sapientemente dosati, per un'uscita dignitosa e pulita da questo vergognoso ed indifferente sistema, con la stessa solerzia con cui i governi nordeuropei forniscono i pannolini alle mammine svedesi e norvegesi.

lunedì 5 settembre 2016

Appunti antropocentrici -7- (autocoscienza)

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I mea culpa

Aveva  poco da ravanare idealmente tra i loro presunti tendaggi emotivi ed intellettuali: oltre le grigie e polverose coltri  il più delle volte non c'è proprio nulla di degno di nota o di stima, non c'è alcun tesoro celato, e lei, che in  fondo l'aveva sempre saputo ma si ostinava a non ammetterlo, non ci faceva una bella figura con se stessa, dato che, ancora una volta, aveva inconsapevolmente preferito proteggere per lungo tempo la sua sensibilità ed i suoi vaneggiamenti con un auto-inganno.
Di un po' d'ignavia, dunque , era colpevole. Ecco perché si puniva tanto.

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La caduta dei veli

Le successe mentre Young cantava "Pocahontas", sottofondo musicale di una mattina di fine agosto, mentre lavorava nella sua bottega.
C'è chi viene folgorato sulla via di Damasco e chi dai richiami personali e tortuosi in qualche modo collegati ad una canzone di un Canadese.
Fu lì che riuscì a focalizzare il nucleo e la ragione profondi del duro sentimento di dolorosa inadeguatezza e malinconia che la accompagnava in ogni istante da quando era bambina.

La sola fase di tregua -ricordava- le era occorsa durante l'adolescenza, l'età dell'esaltazione e del sentimento fasullo di immortalità. Rammentare quanto fosse riuscita ad essere presuntuosa, arrogante, egocentrica e supponente, e di conseguenza perfino un po' felice,  in modo del tutto naturale e spontaneo, in quel breve periodo, la lasciava ancora stupefatta.

Il suo nichilismo di adulta, poi, la sua accanita malinconia,  altro non erano che una presa d'atto della semplice realtà: qualcosa di enorme ed orribile, spaventosamente potente, invincibile per le sue provate povere forze di individuo solo, era seriamente intenzionato a dissipare non solo la sua originalità, la sua volontà, i suoi eventuali talenti, ma anche e soprattutto, con indicibile cinismo,  la sua anima.
E' questo che il Sistema aveva fatto a tutti quanti, ma i più non se n'erano accorti, o ne avevano sottovalutato la portata distruttiva.
Non un solo aspetto della propria vita, neppure quello intimisticamente sentimentale, rimane indenne salvandosi dalla sua maledetta tossicità e non c'è tempra che non sia disumana che possa a lungo evitarla. 
E lei, che aveva rinunciato a cose, status, garanzie, a seguito di varie vicende personali, ma che per nessuna ragione al mondo avrebbe perduto la sua autenticità d'umana, non voleva smettere di dirlo, in attesa di sapere che cosa cominciare a fare.

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La nostalgia più intensa non aveva nulla a che fare con il passato.
Riguardava, semmai, persone ed accadimenti mai conosciuti, che lo scippo del futuro subito sanciva definitivamente come impossibili.

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