sabato 20 agosto 2016

Piccola anima smarrita e soave -4-

Dunque, mi pare, la cosa veramente bella, nel sostanziale fallimento di un'umanità velleitaria ed ottusa, è l'ingenuità fanciullesca di certi adorabili commoventi intellettuali dell'ultimo secolo, così prometeici e romantici da insistere indefessamente nel ribadire l'eroismo di ogni uomo manifestato con il semplice vivere.
 
Eppure, non c'è alcun eroismo senza la contemporanea consapevolezza profonda dell'assurdità della nostra stessa vita, ed io dubito molto che tale consapevolezza sia diffusa.
Vedo, invece, tutt'altro; noto, piuttosto, il contrario.
A me pare che la schiacciante maggioranza delle persone s'inganni nel profondo e deliberatamente (ma forse inevitabilmente per carenza di spirito) si ritenga depositaria di un qualche scopo, che di solito si esaurisce nel rivestire un qualche ruolo.
 
Vivere della sola propria essenza, straziati dall'angoscia d'essere immersi non solo in un determinato sistema umano, ma anche in un più vasto tutto cosmico sostanzialmente assurdi, e tuttavia tener vivo, dentro sé, il fuoco sacro di una coscienza buona e di un'anima bella,  è certo uno sconfinato eroismo.
 
E però, per amore di giustizia, quantomeno, si dia a Cesare quel che è di Cesare, ché le magnanime generalizzazioni alla lunga offendono.
 

martedì 2 agosto 2016

Appunti antropocentrici -6-

Da anni galleggio sull'apice emerso di una sorta di iceberg, gettando di tanto in tanto senza più troppa nostalgia lo sguardo sul resto del  mondo oltre le gelide acque.
Noi cavalieri di iceberg, tra l'altro,  possediamo la  non comune abilità di sembrare d'esserci dove non siamo.
Non ho tuttavia smesso di desiderare la terraferma, il profumo dell'erba e dei fiori, il tepore di altre presenze animali, ma semplicemente so d'essere ormai incapace di forzare l'ennesimo processo di adattamento tutto sommato ipocrita ed inutile, perché comunque quegli oggetti di desiderio sono vagheggiati sotto il filtro di un'aura romantica, inesistente nella realtà.
Ogni meccanismo, dopo un po' di intenso vissuto, ci diventa noto e prevedibile, e ad un certo punto  non rimane più nulla da reiterare senza provare anche la netta sensazione d'essere un idiota dalle ricadute seriali.
Forse e molto probabilmente succede più facilmente a chi tendeva all'idealizzazione della vita e, poco aristotelico, non è mai riuscito a conquistare il pacificante senso della medietà.
C'è chi prova  pudore a mentire a se stesso e troverebbe comunque più ripugnanza nel fare questo piuttosto che nello  scoprirsi idiota, ed allora tanto vale sancire la sconfitta, o l'impossibilità del sogno.

Nel frattempo, pur nell'ineluttabilità conclamata di questo stato, anche sull'iceberg giungono indirette e continue conferme di come sia in fondo solo eufemistico ritenere che il nostro auto-esilio sia una libera scelta.
E' una fatalità, è il destino.

Nei confronti di qualche individuo, occasionalmente ormai, provo una cauta simpatia: quando succede mi pare, sulle prime, tutto sommato un buon diavolo, ma poi non riesco ad arginare in alcun modo lo smottamento penoso verso la delusione che la classica frase fatta comune, l'espressione un poco  turpe, il narcisismo inconsapevole affiorato in superfice, la smascherata meschinità degli intenti, la propensione all'utilitarismo egoistico e la vacuità del suo spirito rivelata dall'interesse esclusivo verso una qualche forma di gretto edonismo con conseguente terrore anche per la minima sofferenza morale, che puntualmente gli sfuggono dal controllo e si palesano, mi causano mio malgrado.
Che pena. E -naturalmente- che noia.
Se non fosse che non lo siamo abbastanza a fondo, purtroppo, io vorrei dire a tutti coloro che mi attraggono inizialmente a livello istintivo come potenziali amici  "ti prego, non farlo anche tu, ti prego... non tatuarti, non dire mai 'bella ragazza', non postare tuoi autoscatti, non dimostrarti servile e non venerare alcuno -neppure se degno della massima ammirazione-, non imitare chi non sei tu, non ricorrere sempre alla bassa seduzione ormonale, non dire troppo per non dire niente, non considerare naturale nessuna delle infinite e serpeggianti liturgie del vivere sociale..., ti prego, ti prego, ti prego...".
Non ne ho né il diritto né il dovere, però, ed allora tanto vale lasciare che sia la deriva naturale a provvedere e risolvere.