lunedì 22 febbraio 2016

Non è colpa della Primavera

Non posso più scrivere quasi nulla per il contorto motivo che aborro anche il solo fievole sospetto e la sbiadita, evanescente, lontanissima ed altamente improbabile idea d'assomigliare, pur solo vagamente ed anche senza saperlo, a tutti quelli là...

... quelli che si parlano ( e scrivono) addosso in un inverecondo orgasmo narcisistico:

quelli che ostentano un'umiltà ipocrita e in verità si crogiolano, unitamente alla loro piccola cerchia di segaioli dell'intellettualismo più o meno spiccio,  nell'illusione di dire (o scrivere) qualcosa di essenziale, artistico, eccellente, rivelatorio:

quelli che delegano il parlare e scrivere al vivere, infilandosi in un'asettica facile scorciatoia: cosa che rivela la relativa comodità della loro stessa vita, tra le altre cose tanto generosa di quel tempo che io non ho più anche grazie al fatto che qualche meccanismo perverso fa sì che esistano persone che l'hanno ed altre no e le prime non se ne indignino neanche lontanamente. Anzi:

quelli che apertamente disprezzano e denigrano i poveri di spirito e gli "ignoranti" e ad ogni occasione li citano con disgusto ed un pizzico di superbia.
Non che io non abbia coloro in odio, sia chiaro, ma certi sentimenti vanno sofferti in silenzio e senza pubblicità, per una mera questione di stile e perché ciò che non nomini non esiste (e non  è questo un sollievo da sottovalutare); se ciononostante lo si fa è alto il rischio che il motivo recondito sia soltanto volgare spocchia.
  
C'è una particolare forma di distacco, ripugnanza e disgusto che nei tipi non violenti provoca la paralisi espressiva: io ne soffro e ciò mi risulta però altamente tossico e nocivo perché la parola era l'ultimo dei piaceri  e l'ultima speranza rimastimi.

E non posso più scrivere perché ho destituito la fantasia, diventata un lusso che non posso  permettermi se non altro per risparmiarmi nuove disillusioni -la fantasia  tanto stridente ed  inutile in questo mio sconquasso personale-,  e giacché era la fantasia che alimentava la fuga dagli orrori e  l'affetto verso l'interlocutore, e senza passione -cioè senza amore- nulla ha più stimolo, interesse, senso, tepore e conforto, io so con certezza che non potrò ricevere né offrire nulla più a livello profondo ed immateriale.
Lo sciamano sentenzierebbe che ho perduto l'anima, ma la verità è che non sa nulla della mia storia, della mia nascita, della fatale appartenenza ad un certo censo, dell'indicibile fatica di essere quel che si è calati nella costrizione di un sistema che non si è voluto, di cui non si ha la minima responsabilità, che reiteratamente umilia sensibilità ed intelligenza, che si è perfino combattuto, politicamente e civilmente, con atti pubblici e privati, fino a che le forze si sono esaurite.

Va bene: sono in una fase di depressione abissale, e  non già a causa di neurotrasmettitori eccentrici e chimica strampalata, ma perché chiunque, sano di mente e fuori dalla normale -normale!- logica egoistica, non potrebbe non esserlo.
Ma nessuno dica che è colpa della Primavera.

"Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più".


sabato 6 febbraio 2016

Lo intravedo, di tanto in tanto, in qualche sua foto.
Ha sempre la camicia di flanella che gli ho cucito io, che adorava e non può dismettere, mentre ignora di tenere stretto il filo non già della memoria, perché lui non ha potuto che dimenticarmi, ma di un'eterna presenza assente.

 
Nessuno potrà mai più convincermi che anche il più abissale dei dolori metafisici non sia altro che un vano esercizio dell'umana risibilità dietro al quale occhieggia sempiterna l'atavica fame di spodestare un Dio, un Dio  qualunque, di un qualunque Olimpo.
 
 
Io volevo soltanto passeggiare lungo altopiani e la sera ricamare teli di lino. Dipingere, per gioco. Ridere con un amico. Volevo provare gratitudine per la fortuna di respirare e vedere ed udire.
Invece ho vissuto. Ho vissuto come tutti questi altri morti.