lunedì 4 agosto 2014

Attacco di panico -2-

L'ebbrezza della generalizzazione: immagino sia altamente liberatoria ed in qualche modo pacificatoria per il pensiero.
E' necessario che sia affiancata da una dose massiccia di banalità: dev'essere popolare, ma offerta in modo tale che il popolino ne favoleggi qualche significato profondissimo a lui stesso incomprensibile (il popolino è abbastanza consapevole della propria miseria intellettuale, ma la considera fisiologica perciò non mortificante, e così si auto assolve ), oppure, per i presuntuosi ed i borghesucci tronfi di supponenza e schifati dai miserabili -rispetto ai quali non dubitano d'essere migliori-, deve costituire sostrato comune di classe (ripugnante slang del pensiero).

La vita vera, intanto, è, in primo luogo, assolutamente criptica ed inintelligibile fin ad ogni suo legittimo possessore, e per quelli come me pure faticosissima e crudele, indescrivibilmente infame e nauseante perché costringe a relazioni sociali, atti e preoccupazioni che ripugnano all'essenza dell' anima, mentre il senso del pudore che deriva dalla contemporanea conoscenza e consapevolezza delle tante, strazianti situazioni delle altrui vite impone il silenzio.
Così una miscredente quale sono io vive come un santo, in attesa del martirio finale, senza la grazia della rivelazione.

Come milioni di altre coscienze -milioni di monadi sofferenti-, non posso essere conosciuta, svelata, liberata dall'oppressione di un dolore per chiunque altro imperscrutabile.
Ciò è orribile ma non sorprendente e sta alle origini di molti miti ancestrali: eravamo avvertiti.

La sola valvola di sfogo è un tragico muto risentimento, indirizzato non già ai molti nemici impalpabili e sconosciuti, Potere, Sistema, Religione, o ai generici difetti umani, ma bensì agli sparuti individui conosciuti con cui hai parlato, sorriso, pianto, stretto la mano, amato, un po' vissuto, scritto, letto, in qualche modo interagito con la mente o con la carne.
Loro non possono fingere di non sospettare almeno vagamente chi tu sia.
E' la loro latitanza nella tua vita che misura con feroce precisione la sterminata miseria del mondo.

4 commenti:

  1. Ciao, qui solamente per un saluto, contento di rileggerti dopo quasi un mese...

    Stefano

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  2. Io non ho mai sofferto di attacchi di panico, ma una volta sono rimasta bloccata su una barca con alcuni amici. Nonostante non ci fosse reale pericolo e il clima fosse un po' teso ma controllato, scoprii che una delle mie amiche soffriva di attacchi di panico. Non ce l'aveva mai detto prima, e rimanemmo un po' tutti scioccati dal vederla stare così male, colpita da una cosa così improvvisa e in grado allo stesso tempo sia di paralizzarla ma anche di farle perdere completamente il controllo.
    Ricordo che i giorni seguenti tutti noi che eravamo stati con lei su quella barca le chiedemmo come si sentisse, perché l'immagine di quanto era stata male era ancora ben presente nei nostri occhi. Nonostante lei tendesse a minimizzare, ci raccontò di tutte le altre volte che le era capitato. La spingemmo a vedere se in giro c'era qualcosa che poteva consultare o acquistare per tentare di conoscere meglio questo disturbo e, possibilmente, imparare a controllarlo.
    Non voleva partire con qualcosa di troppo forte tipo terapie, farmaci o quant'altro, così dopo diverse ricerche abbiamo conosciuto il Dr. Giacconi di aspeera.it che le ha dato alcuni consigli iniziali per acquisire informazioni sull'argomento (questi, per la cronaca).
    In realtà ci ha raccontato che dentro non si limitavano solo a discutere il problema, ma offrivano anche degli spunti per risolverlo che a lei sono stati molto utili per imparare a controllarsi prima e durante gli attacchi. Se può essere di aiuto a qualcuno come è stato per lei....io lo spero.

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    1. Ciascuno di noi vive il suo attacco di panico in modo "personalizzato ed unico": non ce n'è uno che assomigli a quello di un altro.
      Anche la sua intensità e gravità possono differire enormemente da soggetto a soggetto. Io, quando mi prendeva, ero certa di doverne morire, senza però mai comprendere se mi stesse uccidendo una specie di pazzia, un'orribile asfissia, uno stritolamento di spire invisibili.
      Se la tua amica ha trovato il modo di controllarli mediante tecniche di training autogeno è buona cosa: probabilmente i suoi attacchi non sono dei più devastanti.
      Io ho dovuto curarli per due anni presso un neuropsichiatra ed assumendo farmaci.
      C'è da aggiungere che, almeno nella mia esperienza, sono esplosi con violenza in concomitanza ad eventi oggettivi della mia vita particolarmente crudi e difficili.
      Grazie per questo tuo contributo, Chiara.
      Saluto cordiale.

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