venerdì 21 febbraio 2014

Dubbi antropocentrici - 1 -

Perché tutti (tra i sufficientemente acculturati; i sensibili; gli idealisti malinconici; gli "intellettualmente onesti"; gli elitari della disperazione esistenzialistica non-radical-chic posto che  ce ne siano più di due di autentici  e che i restanti non siano soltanto velleitari) coloro che lamentano l'insensatezza della vita, l'orrore della solitudine, le atrocità degli uomini sugli uomini e sugli animali, la crudeltà cieca del caso, l'impossibilità d'essere almeno un po' felici, non contemplano mai,  tra le soluzioni possibili, l'investimento di sé stessi in un'amicizia?

Il dolore latente dell'essere  rende feroci, insensibili, egocentrici, nichilisti, ma anche, probabilmente, né amore né amicizia sono, nella loro concretizzazione, all'altezza dei concetti che li avevano in premessa ispirati.
Le nostre idee  sono simili a sontuose variopinte vele di legni galleggianti su mare ostinatamente piatto.
La capacità di Amicizia, che è amore senza brama di possesso, è chiaramente sovrumana.

*

Pregevole signor Camus, io, invece, ho scoperto che anche nella più torrida estate permane in me un inverno invincibile, e giacché per mia natura non ho scorte adipose nell'anima efficaci nel proteggerla dalle ingiurie a questa mia ridicola ipersensibilità che accusa ogni colpo possibile dall'ipocrisia, dall'ingiustizia e dalla miseria morale - intemperie del vivere -,  ne soffro molto.
Lei ha spesso lasciato intendere che la rivolta etica del singolo rappresenta una sorta di sostrato su cui si può ergere il senso di appartenenza e fratellanza con altri a noi simili e pur se sconosciuti.
Beh, mi lasci dire che ormai propendo per non crederci quasi più. E' una meravigliosa idea romantica, in fondo, ma resta idea, resta romanticismo, più possibile nel momento storico in cui Lei ha agito.
Oggi siamo moralmente regrediti, nonostante paia un paradosso. Siamo totalmente spenti, deprivati di qualsiasi luce e fuoco interiori.
Ogni mio contatto, ogni esplorazione, ogni vicissitudine mi  dimostrano che il desiderio più pressante è, per chiunque, non già la comunione ideale,  la sottoscrizione di una speranza, il bisogno di bellezza e giustizia, ma bensì l'accorpamento in sé, ai fini dell'accumulo e dell'esercizio del potere - previo adeguamento o negazione delle altrui caratteristiche meno digeribili -, di quanto più possibile sia predabile dall'esterno,  altri compresi. Non c'è più,  per gli uomini e le donne "senza qualità" - vale a dire tutti coloro che sono costretti, per fatalità di nascita e censo a percorrere il sentiero un po' sudicio della normalità -, alcuna volontà effettiva, o capacità, di tradurre nella propria esistenza quotidiana virtù non mercificabili e di fatto spendibili
Fino a quando ciascuno di noi non avvertirà come dolore vivo nella carne la sofferenza gratuita e folle che l'intero sistema economico, e poi politico e civile - suoi frutti di partenogenesi -,  infliggono ad un altro umano (e perfino ai suoi affini, amici, complementi, esseri fragili, bambini, cani, gatti...) noi rimarremo esemplari della specie che scelgono consapevolmente di abortire l'essenza dell'umanità.
Ne deriva che il siamo è ancora impossibile?

*
 

Succede spesso di scoprire che un sedicente filantropo  sia un miserabile narcisista,  un sedicente filosofo un egoista mitomane, un sedicente poeta un mediocre, un uomo un idiota.
Perché non me ne accorgo mai prima di subire il disgusto della rivelazione?

 
*
 


 

11 commenti:

  1. Ciao,

    sono capitato sul tuo blog digitando in Google la parola "malinconia", sentimento nobile e crudele che mi appartiene. Non voglio commentare il tuo post se non nell'ultima riflessione. Se si scopre che "un sedicente filantropo sia un miserabile narcisista, un sedicente filosofo un egoista mitomane, un sedicente poeta un mediocre, un uomo un idiota." forse sarà il caso di cominciare a inquadrare questi individui dal loro versante mediocre, partire da lì per poi scoprire la loro parte nobile, invertire il percorso insomma per convertire la delusione in esaltante e inaspettata scoperta...

    Stefano

    RispondiElimina
  2. Ciao Stefano,
    benvenuto in questa mia piccola galassia saturnina e grazie per il tuo commento.
    Il tuo è un consiglio positivo, a riprova del fatto che "malinconia" non deve necessariamente confondersi con "pessimismo" o "nichilismo".
    In verità, ti confesso, io non finirò mai di stupire me stessa proprio per via di quella ostinata tendenza, di cui non mi libererò probabilmente mai, che mi fa a lungo insistere in tentativi di assoluzione e caparbia benevolenza nei confronti del mio prossimo.
    Negli ciclici periodi di bilanci, poi, mi sfuggono considerazioni e riflessioni come quelle che hai citato, e tutto rientra perfettamente nell'impermanenza delle cose: la mia disperazione, la voglia di riscatto, il bisogno di bellezza, il disgusto che va e viene come marea, la speranza, la voglia di vivere, quella di morire...
    Un sorriso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao,

      non essere diffidenti e non erigere barricate dalle quali scrutare dallo spioncino il prossimo, prima di farlo eventualmente entrare, non lo giudico un difetto. Anche se in rete una certa prudenza è sempre consigliabile. Dico questo ma è un idea e non un’attitudine alla quale ho dedicato la mia vita. In effetti sono sempre stato, a parte qualche isolato periodo, molto selettivo nella ricerca di interlocutori. Forse bisognerebbe anche non aspettarsi nulla dalle persone e tutto quello che viene sarà un qualcosa di guadagnato, ma mi sembra questa una posizione un po’ rigida, fredda. Insomma l’unica via è farsi guidare dalla propria indole senza contrapporle esagerate sovrastrutture razionali.

      Un caro saluto, Stefano

      Accetteresti dialoghi via email o preferisci il blog? (sempre che ti vada bene dialogare con me)

      Elimina
    2. E' una posizione indubbiamente stoica, direi, e senza dubbio lucida.
      Io credo di rappresentare un singolare connubio di razionalità, spesso perfino eccessiva - gelida, anziché fredda - ed ipersensibilità: il fatto di preventivare cocenti delusioni ed amarezza, in special modo nei rapporti sociali, o il non attendermi assolutamente nulla dagli stessi, non mi esime però dal soffrire e dal dispiacermi della loro miseria od assenza.
      Semplicemente desidero. Desidererei che così non fosse. (Diffido di chi non sogna più, perché così facendo rinuncia ad una caratteristica profondamente umana, si snatura.)
      Direi pertanto che siamo d'accordo. :-)

      Ciao e buona serata, Stefano.

      *il dialogo è sempre buono: scrivi dove preferisci:

      Elimina
  3. Ciao,

    il dramma è che ormai non solo non "siamo" ma ognuno di noi nemmeno "è". Né individui né collettività, siamo tessere distaccate di un mosaico monocromo e senza raffigurazioni. Particelle amorfe di un totalitarismo invisibile. Soli ma senza la bellezza della solitudine, integrati ma senza il piacere della comunità.

    Stefano

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io ricordo di ESSERE STATA, questo sì. Ricordo di aver creduto davvero integralmente, con partecipazione assoluta e totale dell'anima, a qualche idea, perfino ad utopie. La mia fiducia nel valore - forse pure molto occulto - dell'essere umano era profonda. Siamo vicini all'interpretazione sublime della vita solo da fanciulli; poi è l'esistenza intrappolata nel più spregiudicato dei Sistemi a disilluderti.
      Così cerchi senza sosta spiriti resistenti e resilienti, cerchi spiriti irriducibili ma contemporaneamente ricchi d'innato valore, che non siano né narcisisti, né solo esteti, né supponenti.

      Ultimamente ciò che mi dicono più frequentemente le persone è "... come sei esigente!..."
      Ma se tutti lo fossimo, ogni prospettiva ne uscirebbe diversa...

      Elimina
  4. Io però mi sento più vicino ai disperati e agli umili che ai resistenti e ricchi d'innato valore, anime elette anch'essi peraltro. Ma Bartleby e Sancho Panza mi suonano meglio.
    Oggi a pretendere il minimo si passa per pedanti ed esigenti, così come se possiedi un senso civile e un'educazione sei rubricato tra gli alteri.
    "Sei stata", dici... allora che cos'è che non ha funzionato? Cosa ti traballa?

    Stefano

    RispondiElimina
  5. Una condizione non esclude affatto l'altra: neppure appartenere allo stuolo dei diseredati o degli umili è garanzia di nobiltà d'animo. Il censo non ha nulla a che vedere con la bellezza interiore, che rimane virtù rarissima.
    Per il resto, fuori di me traballa ogni cosa, mentre io rimango ferma, con la coscienza ben difesa ed inchiodata al mio tempo da quel famoso quasimodiano "raggio di sole" che giustifica la nostra solitudine.

    RispondiElimina
  6. Mi vengono in mente le parole di PPP che diceva che le persone che amava di più erano quelle che non avevano fatto nemmeno la quarta elementare. In loro ritrovava, tra le altre cose, una grazia che la cultura media disperde e che si ritrova poi a un altissimo grado di cultura... sono pensieri che riflettono un altro secolo ma che ancora in parte reggono... soprattutto nella parte che riguarda la cultura media...
    se tu stai ferma e fuori di te ogni cosa traballa non puoi talvolta avere l'impressione che sia tu a traballare e le cose a star ferme? Come quando si fa fatica a capire se è il nostro treno o quello del binario adiacente a partire...

    Stefano

    RispondiElimina
  7. Sì, ricordo e rimpiango l'amato Pasolini. Penso di comprendere lo spirito sotteso a quelle parole, e lo condivido profondamente.
    Ricordo anche, in modo particolare, la sua onesta e coraggiosa ammissione di sentimenti contraddittori d'amore ed odio per il popolo: anche questo "scandalo" lo comprendo appieno e vi scorgo tutta la lacerazione dell'appartenenza all'umanità.

    Negli anni 70 ripetevamo alcuni mantra un po' stereotipati del tipo "fermate il mondo, voglio scendere!": siccome non siamo riusciti mai nell'intento, non saprò mai chi, in realtà, stia traballando...

    Ciao, Stefano. Un sorriso.

    RispondiElimina
  8. Comunque meglio traballare che ristagnare!

    Stefano

    RispondiElimina