mercoledì 13 marzo 2013

Qualcosa che duri

Sentore di uno stato generale di rapporti sociali, economici, politici, umani, semplicemente nefandi e comunque ultimativi: forse è davvero quasi finito tutto.
Lo squarcio è talmente grande ed osceno che nessuno partorisce una seppur fantasiosa idea di come ripararlo. Così rimangono, per sedare il malessere, l'irrisione dell'altro, la faziosità (consolatoria illusione d'appartenenza), il sarcasmo risentito, la farneticazione, il perenne farfugliamento a sostegno di cause sempre parziali.
La realtà, intanto, non verrà mutata dall'aumento dello strepito.
Pezzo su pezzo, adesione su adesione, connivenza su connivenza, concessione su concessione a sterili edonismi, noi tutti ne abbiamo consentito la costruzione.
Noi siamo, tutto sommato, una stirpe bastarda di predatori violenti.
Abbiamo permesso che la nostra infinita capacità di bassezza morale fin dagli albori delle civiltà ci rendesse schiavisti, fascisti, fanatici, assassini, opportunisti.
Oggi, così colpevolmente lasciatici imborghesire e rammollire dall'offerta di miserabili piaceri indotti, quelli di noi che annaspano alla ricerca di una nuova verginità, od almeno sono inadatti ad un totale reclutamento, dopo una vita di resistenza difettano ora delle forze per rifugiarsi ancora in un'altra utopia, mentre tutti gli altri vivono, come possono, o come pensano di volere.

"Rivedo, con una meraviglia sgomenta, il panorama di queste vite e, nel provare spavento e pena e sdegno, mi accorgo che non provano spavento né pena né sdegno proprio coloro che ne avrebbero tutto il diritto: coloro che vivono quella vita. E' questo l'errore centrale dell'immaginazione letteraria: essa suppone che gli altri sono noi e che devono sentire come noi. Ma, per fortuna dell'umanità, ogni uomo è soltanto chi è, e al genio è concesso soltanto di essere qualche persona in più." (F. Pessoa, Il libro dell'inquietudine).

I profeti di una inevitabile ma anche salvifica "decrescita felice" sono pure gli stessi che immaginano poi il massimo della tecnologia quale panacea ai mali ed alle sperequazioni del sistema.
Ossimori viventi.
Gli altri, balbettano o blaterano.
A me par vero che il Sapiens-Sapiens abbia comunque concluso neppure tanto onorevolmente il suo ciclo evolutivo.  Forse, davvero, il futuro sarà di cervellini galleggianti in gigantesche vasche che comunicheranno attraverso impulsi nervosi le loro realtà immaginarie, infinitamente velleitarie, ed alla fine ridicole, oppure uno scenario di nuove barbarie, ove almeno sarà bandita l'ipocrisia di ritenersi qualcosa di diverso da ciò che nostra natura detta: lupi tra lupi.

L'umano sensibile ed onesto, non può che provare compassione per sé stesso ed arretrare nel proprio soggettivismo silente, sperando in relazioni - di qualsiasi natura - elettive o simpatiche.
Qualcosa che duri, forte come la tenerezza.

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10 commenti:

  1. " Ci incontreremo là dove non c'è tenebra " direbbe Winston Smith...ma un accecante, luminosissimo nulla, aggiungo io.
    Bell'articolo.

    A.

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    1. Un nulla non feroce, ma edificabile,... io sogno.
      Grazie, A.
      Un caro saluto.

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  2. I profeti di una inevitabile ma anche salvifica "decrescita felice" sono pure gli stessi che immaginano poi il massimo della tecnologia quale panacea ai mali ed alle sperequazioni del sistema.

    in esergo

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  3. Bellissimo post con il quale concordo totalmente. Il Sapiens - Sapiens, in effetti, se non tira fuori qualcosa alla svelta, avrà concluso poco onorevolmente il suo ciclo evolutivo.
    L'aggettivo "felice" aggiunto a "decrescita" è una ipocrisia bella e buona, figlia di quella buona borghesia che fa finta di amare la sobrietà, in case futuriste piene di vetrate luminose in boschi incontaminati a pochi chilometri dai centri commerciali e dagli aeroporti.
    Il fatto è che decrescita ci sarà, inevitabilmente. Dunque sarebbe auspicabile che fosse non "felice", ma perlomeno sensata. E di tutti, nessuno escluso.
    Ma purtroppo, mi sa che non sarà così.

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    1. Esattamente, Massimo.
      A meno che.
      Un caro saluto, e grazie.

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  4. Ogni post di Sirio nostra andrebbe scolpito a esergo su frontespizio di tomo d'ogni colta civiltà, su conio di moneta d'ogni epoca aurea, su piatto di spada della prode herugrim, su frontespizio d'accesso al Gran Consiglio Jedi perfino!
    I demagoghi e gli approssimativi sono invece eserghi soltanto a se stessi, incatenati schiavi alla propria vanità d'apparenza. Ma chi di esergo ferisce d'esergo perisce, magari schiantato da beata e felice concretezza di neanderthaliana clava, recante a esergo sul fianco ligneo "Con soave tocco di legno massello vengo a destar il sogno da ogni inganno di digitale, liquida gaiezza". Forse possibile, e concordo con Massimo, in un mondo ridotto a poche centinaia di milioni di individui, magari dopo conflitto atomico programmato, forse ancor meglio realizzabile disponendo di appartati, confortevoli, ecologici feudi.
    Esergamente quoto i commenti soprastanti, ringraziando madama Olympe per la scoperta di nuovo termine che, come mio uso, una volta aduso tendo a farne scioccherello abuso. La mia ignoranza è fonte dei miei maggiori entusiasmi, ohibò ^_^
    Ora mi taccio, e che sia il silenzio virtuoso esergo alla mia favella.

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    1. Io mi augurerei che Kisciotte fosse pure tra i superstiti, oltreché tutti gli amici soprastanti, perché mille "vaffan" non competono con la potenza di una risata sagace.

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  5. Oh che elettivo florilegio di ecccellenze! ma quanto siete onesti sensibili e belli..
    La terra è bassa e se il mondo non è alla vostra altezza vediate da domattina di piegarvi voi a raccattare lo sporco dai marciapiedi vagabondi che non siete altro!

    ciao,k.

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    1. A me dispiace imbattermi, pur se involontariamente, in simili esternazioni di frustrato e sterile sarcasmo: ciò mi spinge a supporre un certo malessere in chi, come te, caro k.,preferisce l'invettiva all'argomentazione e lo fa, per di più, dietro pavido anonimato. Coraggio.

      Concordo invece, e pienamente, con gli aggettivi da te usati per definire i commentatori di questo blog: onesti, sensibili, belli.
      Intelligenti, aggiungerei, ché non si tratta di un dettaglio.

      Tutto ciò, s'intende, non genera alcuna conflittualità con il degno mestiere dell'ecologico operatore...

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