mercoledì 1 agosto 2012

Prima che vile, completamente folle.

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Nel sogno, l'altra notte, la madre era scultorea. Levigata e serena nei tratti del viso, mi guardava con estrema naturalezza, stupita del mio stupore. Indossava un camice da massaia, come uscisse dalla sua casa nel mentre stava riassettandola. I capelli folti e corvini, la carnagione naturalmente scura, la bellezza un po' creola che i suoi sessant'anni non avevano sciupata, il corpo minuto e forte.

"Mamma, sei tu,... Finalmente. Mi manchi sotterraneamente da nove anni, ed ora eccoti qui di fronte, come nulla fosse, al di là della morte."

Non è più stupore, nel suo viso: è incomprensione, impossibilità di empatia.

"Ma che dici, di quale morte parli... Io sono sempre stata qui, non me ne sono andata mai. Ricordo -questo sì- una notte di sogno particolarmente tenace e profondo, dai significati ostici e complessi, imprendibili. Per il resto, però, una volta risvegliatami, ogni cosa era ancora in ordine, uguale a sempre. Non vedi'? E' tutto a posto.
Ti ho sempre saputa strana, figlia mia,  ma giungere a darmi della trapassata... "


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E' interessante: ho scritto, di getto, "camice". Camice è quell'indumento particolare -il cui corretto uso è prescritto minuziosamente nella liturgia cattolica-, che richiama l'idea della  purezza di Cristo.
'Camice' ha quindi reminescenza religiosa, e la religione nasce sempre in funzione ed a causa della  morte.

Se c'è una cosa che mi indispettisce delle religioni dominanti è il loro serpeggiante potere subliminale nella cultura laica: io sono atea e ciononostante impregnata di suggestioni cattoliche, mio malgrado.
Trovo, ad esempio, ineguagliabili alcuni monumentali prodotti sinfonici, come i Requiem di Mozart, Verdi, Brahms; ricordo momenti di 'immersione emotiva' profondissima nell'ascolto dei   Canti e Suoni della Morte di M. Mussorgsky, qualche coro ortodosso mi fa accapponare la pelle...
... eppure, da che ho memoria, ogni infingimento teologico, ogni dogma, ogni prosopopea, ogni incongruenza illogica, pur se giustificati dal nostro orrore del vuoto, mi rendono rabbiosa, mi muovono a stizza e disprezzo.

Perché la verità è che la morte altrui è una lacerazione che non conosce palliativi e la perdita di chi amiamo fin nelle radici dell'anima è inconsolabile, ed il trascorrere del tempo stordisce ed ottunde, ma non cancella e lentamente ci avvelena.

E chi procrastina la vita non immagina, non sa d'essere, prima che vile, completamente folle.





6 commenti:

  1. Qualche volta sogno che mia madre, morta da quasi trent'anni, mi telefoni. Al ricevitore la sua voce è inconfondibile. Non dice mai niente di particolarmente determinante, più che altro sono tentativi di comunicazione ... la linea è molto disturbata. Mi telefona, ma non riesco mai a vederla.
    Ultimamente ho sognato che alcuni parenti (defunti) mi dicevano che lei non era in realtà mai morta, ma se ne era semplicemnte andata e che adesso era finalmente pronta a mostrarsi. Ricordo che nel sogno mi incazzavo moltissimo perché pensavo ma come hai potuto farmi una cosa del genere, non farti vedere tutto questotempo? Non so se ti avrei perdonato e dopotutto saresti stata una signora di settant'anni ... e io ti ho sempre vista giovane. I parenti mi spiegavano che c'era un motivo segreto per cui l'aveva fatto ... poi mi sono svegliato. Ero contento che fosse un sogno.
    Comunque sì, tutto è uguale a sempre. Laggiù è sempre irraggiungibile.

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    1. "Ci sono cose che soltanto l'intelligenza è capace di cercare, ma che, da sola, non troverà mai." (H.-L. Bergson)
      Grazie per la condivisione del tuo ricordo, Massimo.

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  2. E' vero quanto scrivi sugli affetti, la nostra vulnerabilità in tal senso è talmente spaventosa che è meglio non pensarci. Si danno così tante disgrazie capaci di far scendere la voglia di vivere ben al di sotto della soglia minima, lo si vede bene, ovunque. Serve fortuna, ed anche impegno, solo per conquistarsi qualche breve ma delizioso sorso di felicità. E si sa che non sarà per sempre, che comunque, poco a poco o tutto in un botto, si dovrà “mollare” tutto, proprio tutto quanto. Lo sappiamo da quando emergiamo dai sogni dell'infanzia, e su questa consapevolezza abbiamo costruito tutte la nostre malinconiche ricerche di bellezza e comunione con l'esistente. Dovremmo stupircene infine? Correnti fredde e correnti calde ci sorprendono dal profondo e non sembrano esistere manopole di regolazione. Le filosofie sono giochi per il tempo di abbondanza, le religioni per quello della miseria. Ho raccolto in questi anni - accanto a tanto "stress", a tanta "lotta" su diversi fronti - dei momenti di pienezza che non pensavo neppure mi fossero possibili. Tutto però viene rimesso in palio dopo pochi giorni, non sarà mai possibile “adagiarsi” sopra alcun equilibrio stabile. Siamo fiamme, non cristalli. O almeno così me la racconto.

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    1. "O almeno così me la racconto", ché la vita è narrazione e memoria e spesso sono più vicini alla verità della nostra natura il sogno e l'ebbrezza che il teatrale allestimento di tante nostre veglie di circostanza.

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    2. Sogno ed ebbrezza certo, quali farmaci correttivi nei riguardi di un "allestimento teatrale" che, per quanto necessario, conviene mantenere minimale, contro il rischio che ti frani addosso. La menzogna è faticosa e richiede una manutenzione continua. Penso che sia la scelta selettiva, l'oblio pietoso, il vero lubrificante naturale. Trattenere il bello ed espellere il brutto, banale ma basilare.

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    3. Sì, lo credo anch'io. Credo anch'io in questa sorta di 'darwinismo dell'anima', in una selezione a-snobistica, ma terribilmente necessaria.

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