domenica 22 luglio 2012

Atipici -2- Gli effetti.

"La mia vita era davanti a me, chiusa, sigillata come una borsa, eppure tutto ciò che vi era dentro era incompiuto.
Un istante, cercai di giudicarla. Avrei voluto potermi dire: "E' una bella vita".
Ma non si poteva formulare un giudizio su di essa, era un abbozzo; avevo passato il mio tempo a rilasciare cambiali per l' eternità, non avevo capito niente..."
(Jean Paul Sartre)
Almeno lui aveva individuato il problema: è un passo importante e significativo. Sapeva d'aver sbagliato nel procrastinare, nel concedere a sé stesso troppe pause di riflessione, nell'aver destinato al tempo a venire il pungolo di realizzare speranze, nell'essersi crogiolato in una melmosa e paralizzante ignavia. Oppure anche, forse, ricordava con il senno del poi un'occasione perduta precisa, sulla quale poter recriminare a piacimento ed all'infinito.

Io, invece, non so che dire, ed il problema non l'ho affatto individuato.
Ciò che so è che la cifra della mia vita è un disgusto talmente esteso e pervasivo -come pianta parassita e infestante dall'inarrestabile crescita-, che il solo modo per farlo smettere una buona volta e definitivamente mi pare quello di far smettere anche me.
Più mi lambicco il cervello e più ovvia mi appare quella deduzione.
Mi stropiccio gli occhi, come un bimbo che non crede a ciò che vede, o che, pure, anche avendolo messo bene a fuoco continua a non capirlo, ma non arriva alcun responso preciso né so individuare la fonte primaria della nausea: sta ovunque, come fosse l'elemento fisso di ogni altra combinazione.
Così come l'abbiamo reso, questo mondo mi dà la nausea.

Né cambierebbe qualcosa se la mia situazione oggettiva fosse più facile di quanto oggi sia, e la prova inoppugnabile sta nella mia stessa memoria.
Fino a quattro anni fa la mia vita era perfettamente 'in ordine'. Non lottavo per la sopravvivenza come devo fare oggi, avevo qualche parca sicurezza sociale, qualcuno di cui fidarmi, potevo soffrire o gioire per motivi precisi ma senza sentirmi oscillante su di un filo sospeso sopra un baratro di cui non scorgevo il fondo. Non era ancora avvenuto quell'abominevole grande squarcio che mi ha spezzato il cuore.  Ciononostante, acquattata, anche allora,  la Nausea era ugualmente latente e presente e bastava qualche minimo dettaglio per farla emergere in tutta la sua spaventosa enormità: l'acredine o la scortesia di un umano, la delusione di un giudizio accordato  rivelatosi poi troppo generoso, una dimostrazione di miseria e bassezza morale, la vista della caducità di ogni cosa.
Ecco, sì: è anche questo. La consapevolezza della morte di ogni cosa e finanche di ogni sentimento è massimamente disgustosa e talvolta penso che chi ha inventato Dio l'abbia fatto appositamente per poterlo maledire nei momenti più intollerabili dell'esistenza.

S'incorre spesso nel dire, in ottemperanza al comune pensare, che la vita è comunque bella: un'affermazione semplicemente nauseante, di una leggerezza imperdonabilmente caparbia e totalmente sorda al vero dolore.

Noi professionisti del tormento lo sappiamo bene, invece, che qualsiasi finzione non è che un pietoso espediente per tergiversare e che la vera soluzione non contempla menzogne.
Ai miei simili con bocca dello stomaco serrata, vorrei riuscire a fornire una piccola lista di eventi ributtanti che rendono tanto grama ed eroica la nostra vita, partendo dai miei ricordi e riflessioni personali. La prossima volta.
Intanto vi abbraccio.


3 commenti:

  1. Anch'io, nel mio piccolo, ti abbraccio.
    Resistere non serve a niente, ma resisti.

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    1. Ah no, Luca: l'abbraccio di un amico è cosa grande.
      Grazie.

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  2. Usando la metafora dell'acqua, l'acqua può farsi bollente o gelida, ghiaccio o vapore.
    Penso che la Vita racchiuda in sé gli stadi della felicità e della tristezza, del bello e dell'orrido.
    Penso che, anche per predisposizione degli animi più sensibili, sia nella natura umana attraversare scenari di lande tristi e desolate. In questi luoghi ho condotto e tuttora conduco il tempo del mio esistere.
    Ma se sono immerso in Cocito fino alla bocca, non abdico rassegnandomi alla mia limitata prospettiva esperienziale del momento, e continuo a pensare (con consapevolezza d'esistenza, non con illusione di fuga) che altrove esistono tiepide acque e verdi rive. Là, pur se per poco tempo, ormai malinconico, potei sdraiarmi tante vite fa.

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