venerdì 8 giugno 2012

Dei politici, dei giornalisti, degli opinionisti, del pretame, dei filosofastri e simili

Hanno  una certa idea di sé stessi, come un disegno, come una mappa. Intima. Morbosa. Ininfluenzabile. Caparbia, tenacissima, il più delle volte supponente. Non esiste confronto, dialogo, neppure se condotto cuore a cuore con l’amico che amano, con il fratello, da gene a gene, con chi li adora –e la loro vanità ne è sedotta-, in grado di intaccare il monolite di quell’immagine interiore auto-referenziale. Per questo il dialogo con loro è fittizio ed improduttivo e nessuna connessione emotiva può riuscire: scivola via come olio su superficie liscia verticale.
Non ‘loro’ soltanto, no: anch’io –probabilmente-, anche gli altri, tutti noi.

Tra di loro c’è  sempre qualcuno che, ostinatamente, pensa d’essere investito di una suprema missione –alta, rivoluzionaria, definitiva- per cui egli, toccato dal dono della Vista, non più obnubilato, non più manipolato dal lurido Sistema, comunicherà ai suoi adepti il segreto della felicità.
E’ un’illusione, l’ennesima.

*

C’è un signore –un artista, un ‘creativo’- che sostiene pubblicamente che lavorare  è un delitto per un essere umano dato che questi ha una sola piccola e breve vita da vivere.

Beh, ha assolutamente ragione, è ovvio: esiste qualcuno di sufficientemente lucido ed intellettualmente onesto che possa negare che la partecipazione a questa società presuppone l’accettazione a venire letteralmente schiavizzati e depredati del proprio prezioso tempo e del proprio unico vero diritto umano, che è, alla resa dei conti, quello d’essere felici, o, almeno, di provare ad esserlo?

Lui sostiene che si dovrebbe lavorare al massimo tre ore al giorno, guadagnare (Tutti? E come? Ed il datore di lavoro ci sta?) mille euro al mese, vivere nel modo meno dispendioso possibile, facendosi bastare una stanza ed un po’ di buon (buon!) cibo, e poi dedicarsi all’incontro di centinaia di esseri umani. Prendere voli a basso costo e girare un po’ di capitali. Poi parlare, arricchire lo spirito, cercare affinità, ‘scegliere’ finalmente tra tante possibilità oggettive gli amici, gli amori.

Lo scrive davvero, non è una mia invenzione.
Consigliare a chi si trova in condizioni particolari di fragilità emotiva o forse anche pure di disperazione di mettersi in viaggio per razionalizzare un’utopia, andando letteralmente allo sbaraglio, è pericoloso tanto quanto  un qualsiasi integralismo religioso.
Ergo: nessuno dovrebbe mai dire che fare a nessun altro: l’altro potrebbe farlo.

*

Ma non esiste felicità trasmissibile, nessuna.
I pseudo-guru sono tutti degli affabulatori più o meno raffinati, talvolta in buonafede, più spesso però mossi da grande ambizione: immagino che la sensazione di esercitare un qualche potere possa essere esaltante ed arrechi un dilatante orgasmico piacere.
Ma che gusto c’è a collezionare consensi da una mandria?
I pseudo-guru sono tanti. Conoscono l’arte della parola, sono ottimi comunicatori, il che non implica affatto che posseggano anche spessore umanistico e tersa filantropia. Operano nei più vari settori e mentono sistematicamente.  Lo fanno in politica, nelle scuole, nelle famiglie, nelle comunità.
Diffidare. Diffidare sempre e comunque dai taumaturghi: l’ultimo che ha fatto miracoli l’hanno appeso con chiodi ad una croce.



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