domenica 20 maggio 2012

Faccia scaduta

Sfogliava l'album della vita andata, per ricordare a sè stessa d'essere stata, di quando in quando, quasi felice, in qualche istante.
Vi cercava la chiave per srotolare un nuovo linguaggio, un linguaggio che le consentisse di smuovere la sua esistenza  ormai bloccata attraverso un'intuizione, un ricordo prolifico, una speranza, un sogno impolverato. Non trovò nulla: ogni immagine restava criptica ed estranea, a malapena riconducibile a lei.
A chi apparteneva, in verità, quel volto? E che aveva mai da sorridere, se è così tragicamente vero che in noi nulla muta in profondità e siamo, con nostro sommo dispetto, sempre e soltanto ciò che possiamo essere, invariabili nel duro ostinato ed inviolabile nucleo occulto, magistrali nella sofferenza, nella frustrazione, nell' auto-inganno? Sorridiamo all' obiettivo nell'inconscio tentativo di sostituire la parvenza all'essenza.
Poi, a riguardarle, le nostre vecchie fotografie paiono beffarde, come acutamente ebbe a scrivere Roland Barthes: ridono, ridono di noi, e l'echeggiare dei loro lazzi permane anche dopo averle stracciate. Eco diabolica. 
Non ci si libera dalla memoria e purtuttavia non si può cristallizzare ciò che è stato per trarne conforto nel dolore presente.
Lei si sentiva l'ultima dei miserabili: assetata d'amore cosmico ed irreparabilmente ad esso ostile.
Eppure, un tempo, lei era quella donna lì e -ricordava- possedeva una forza d'animo mostruosa, irresistibile.
Una falla nella corazza, uno sfregio profondo inflitto a tradimento dalla fatalità, che dopo numerosi e caparbi tentativi di guarigione riemergeva più orribile e vertiginosamente profondo di prima, l'avevano ormai espropriata da sé stessa.

Finire. Concludere. Basta.
Che altro?



( All' amico L.)

Nessun commento:

Posta un commento