mercoledì 4 aprile 2012

Sconclusioni e note a margine.

Il singolo intellettuale o pseudo-tale è inconcludente, così come l' indignato uomo della strada che tenta di rendersi partecipe al mondo.
Altro da aggiungere non c'è, alla fin fine: essi abbondano spesso in velleità sostenute da malafede più o meno occulta. Immagino che nessuno di loro prenda seriamente in considerazione l' ipotesi di cambiare le cose, anche perché, così facendo, dovrebbe tradurre le idee in azioni e sporcarsi le manine appena lavate con il sapone battericida.
Sostanzialmente l' intellettuale ed il semplice cittadino pensatore italiano, infatti, sono  opinionisti.
Ciarlano, scribacchiano, sentenziano, dibattono: il fine è in simbiosi con il mezzo. Spesso il mezzo è lautamente retribuito. Quelli che conoscono lo sbadiglio della fame, invece, non hanno fiato per parlare o non ne sono avvezzi o capaci.

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Ed il sole dell' avvenire persevera nell' essere 'a venire'. Domani, o post domani, naturalmente: prima bisognerà che tutti gli abitanti della Terra superstiti nella lotta per la sopravvivenza, convengano sull' assoluta inderogabilità di un sistema sociale che includa la felicità tra i fondamentali diritti umani e, giacché non esiste felicità senza giustizia, dovrà probabilmente assomigliare moltissimo a quello spettro che si aggirava per l' Europa  descritto da Marx ed Engels  nella prima metà dell' ottocento.

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Quanto amiamo declamare principi e lanciare strali verso un Potere che vogliamo sempre al suo posto, a fungere da capro espiatorio per la nostra ignavia...
Perché le parole, tutto sommato, son fatte della sostanza dell'aria -ed ora ancor più lievi, nella Rete-, e le rivoluzioni, invece, reclamano viva carne.
Per un Principio il pigro e pasciuto occidentale non si muove più: troppo colesterolo nel sangue, l' Idea non scorre.
Non so che cosa penserebbe il compagno Gramsci a proposito di tutti questi non-indifferenti.
Ecco rovinato il suo aforisma, ché tra  gli "indifferenti" e i "non indifferenti vili e inconcludenti" non c' è proprio più alcuna pratica differenza.
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2 commenti:

  1. "[...] E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere. Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti."
    [da "Odio gli indifferenti" di Antonio Gramsci, 11 febbraio 1917]

    Correggerei "curiosità" con "oziosità d'elucubrazioni" fini a se stesse, col solo effetto di favorire la digestione nelle conversazioni a fine pasto.
    Le parole dovrebbero sempre generare azione, allora sono belle, altrimenti sono soltanto sterile spreco di fiato.
    Tutti dovremmo essere polis. Anche volendo accettare la "specializzazione" dei ruoli, gli specialisti della parola che dovrebbe incidere sulla società sono i politici. Purtroppo la realtà di ogni giorno dimostra che sono proprio questi uomini quelli dotati delle parole più vuote e inutili.

    Se ti interessa, Morena, avevo scritto qualcosa in merito agli intellettuali che disertano l'impegno sociale e a chi magari vorrebbe impegnarsi, ma manca delle necessarie basi di pensiero istruito. Il post, se vuoi cercarlo, si intitolava "In piedi, e a fronte bassa: passano i pastori".
    Per me è lì la vera piaga della nostra società: l'opulenza da neuroni grassi.
    Ciao ;)

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    1. Grazie, Cavaliere.
      Ti ho lasciato un commento al post che mi hai segnalato.
      Ti risparmio le lodi, ma affidati all' empatia.

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