sabato 4 febbraio 2012

Umane compromissioni

Caravaggio-San Girolamo nello studio

Della vecchiaia, anzi della vecchiezza, avevo da giovanissima un' immagine gentile e terribilmente romantica.
Colpa delle letture, dell' iconografia classica e di un eccesso di fantasia.
M' immaginavo che  l' accumularsi degli anni conducesse ad una sorta di spiritualizzazione, come se l' indebolimento oggettivo del corpo spingesse il suo possessore a dimenticarsene, minimizzandone invasività e presenza, soprattutto nella propria coscienza, a vantaggio esclusivo dei ricordi e della saggia consapevolezza di sé e del mondo.
Era, naturalmente, un' idea imprecisa e totalmente supponente: nessuno che possieda ancora un corpo agile e sano sorretto dall' energia delle aspettative giovanili potrebbe immaginare con verosimiglianza lo stato di coscienza di chi si trova ormai ai confini della vita. Non è possibile empatizzare qualcosa che non si conosce, semplicemente perché l' empatia è un processo che implica una rappresentazione mentale di sentimenti od eventi che appartengano ad un vissuto, anche se non necessariamente solo nostro.
Questa idea di tranquillità senile, tutta epicurea, rende oltremodo allettante la vecchiaia:
"Non il giovane è felice, ma il vecchio che ha vissuto una vita bella; perché il giovane nel fiore dell' età è mutevole ludibrio della sorte; il vecchio invece giunse alla vecchiezza, come a tranquillo porto, e di tutti i beni che prima aveva con dubbio sperato ora ha sicuro possesso nella tranquillità del ricordo".
Suona bene, ma non corrisponde alla realtà che io conosco.
Io conosco vecchi, o persone che verso la vecchiaia sono incamminate, che desiderano con straordinaria ed annichilente passione una cosa sovra tutte: durare in vita e non importa come.
Durare nel corpo, naturalmente. Durare secoli, anche in un corpo degenerato, malato, quasi inservibile. Se poi anche il cervello soffrisse di spappolamento progressivo, non importa lo stesso: s' ha da durare, durare, durare...
E' un loro diritto, fa parte della libertà di scelta, e non è nel merito delle scelte personali che mi interessa entrare: non mi riguardano minimamente.
Ciò dimostra però che dell' idea di vita dell' anima non si fidano in troppi, nonostante essa sia il fulcro centrale delle Religioni d' Occidente e -perché no- di tutta la letteratura romantica che vi rimandano ogni soddisfazione, gratificazione, futuro riscatto.

Il dubbio lancinante che mi coglie, allora, è che a noi tutti piaccia raccontarci delle fole.
In dipendenza del nostro livelluccio culturale, potranno essere più o meno velleitarie e più o meno romanzesche.
Ma rimangono storielle ,belle e buone.
Ci diremo di avere nobili ed alti fini, pensieri eccelsi, ma il primo mal di pancia ci manderà nel panico.



***

E' un po' quel che succede al blogger-tipo/esistenzialista.
Comunicatore e dialogatore talvolta straordinario, colmo d' affetto per i propri lettori o colleghi, traboccante d' idee ed opinioni, nella realtà s' affloscia e si tace, come preso da paralisi improvvisa.
Dev' essere perché tra veicolo di pensieri colti e trasmessi, qualche sogno rivelato, ed una forte immagine di sé, nella vita preferisce arrangiarsi a durare come uomo qualunque 'senza qualità'.
Ma durare.



6 commenti:

  1. Se tolgo lo "straordinario", vedo molto di me nel tuo ultimo paragrafo. Solo che è proprio per "pensare" e far scorrere tali pensieri che mi arrangio e cerco di durare. E se non troppe pene ci tormenteranno, sarà bello farlo anche da vecchi.

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  2. @ Luca

    Luca caro, permettimi di raffibbiarti lo "straordinario".

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  3. Il padiglione dove vado a trovare mia madre è popolato tutto quanto da anziani cognitivamente compromessi, così ho modo di osservare bene questa tenace volontà dei corpi di sopravvivere, a dispetto di condizioni che spingerebbero una mente integra a gridare “ora basta!”. Ma i corpi son fatti per vivere e non vogliono altro. La mente è più esigente e talvolta una quota di regressione consapevole può costituire l’unica strategia per scampare ai suoi frequenti incantonamenti. Un po’ come suggerì all’altoparlante un gestore di autoscontri ad un bambino incantonato: “ehi piccolo.. schiaccia il pedalino e gira il volantino.. colione!”.
    Il tema mi ricorda un racconto di Juan Rulfo (dalla straordinaria raccolta “La pianura in fiamme”) intitolato “Digli che non mi ammazzino!”.. suppongo che certi ambienti per certi versi sfortunati offrano d’altra parte la possibilità di distillare più facilmente l’essenza delle cose. Un caro saluto Morena. Tienti su eh! :-)

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  4. @ Elio

    Intanto, caro Elio, ti voglio ringraziare per il riferimento bibliografico ed il ricordo dell' autore. Si è tentati spesso, data la vastità dell' offerta, a limitare le proprie frequentazioni letterarie a scrittori di chiara ed indiscussa fama, non già per pigrizia, ma per limiti di tempo od altri impedimenti oggettivi. Così la massima letteratura sudamericana del Novecento ha nome Borges. Ma è una piccola ingiustizia: bisognerebbe leggere tutto, comprese le piccole perle narrative di chi non s' è preso il Nobel ma può essere annoverato tra i più importanti esponenti culturali del suo Paese.
    Quanto a me, scrivendo il post ero in preda all' immagine del tipico rottame umano rappresentato da Beckett nel "Malone muore": non esattamente ciò che gioverebbe al tenersi su... ;-)
    Come dire: consapevoli del niente, ma risolutamente attrezzati a procrastinarlo, perché in quel niente c' è pur qualcosa.
    Confido nella simpatia dei preziosi ed elettivi lettori di questo mio modesto spazio, ormai -ritengo- abilmente assuefatti alle mie escursioni addolorate e pessimistiche. Credo e spero sappiano che tale umore è sempre frammisto alla pietà ed all' amore per tutti noi, poveri cristi d' umani, inchiodati alla Terra.
    Un abbraccio.

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  5. La pubblicità ci propina nonne e nonni belli abbronzati, sorridenti, con dentiere smaglianti, contenti di girare sulla carrozzina elettrica in emiparesi (una goduria che nemmeno al luna park a 12 anni!). Poco ci manca che la vecchiaia venga spacciata per la migliore età della vita.
    Al contempo si fa di tutto per esorcizzare la morte. Al telegiornale hanno annunciato che l'ex presidente Scalfaro "si è addormentato nel sonno"... (non dormiva già?!?!)
    Brutto dire "è morto"?! dando dignità alla parola morte.
    La morte è ridotta sempre più a eufemismo, e pensare che in un certo modo è l'unica cosa certa della vita.
    Penso che, semplicemente, tutti abbiamo un'alba, un meriggio, un vespro e infine un tramonto.
    Chi ha vissuto bene le prime fasi, più facilmente arriverà in salute e ricchezza d'animo per gestire al meglio gli anni del crepuscolo.
    E per coloro per i quali la vecchiaia è sofferenza fisica o solitudine d'affetti, abbandono nell'ospizio o monologo sclerotico con un cagnolino, non ci sono kukident o salvavita beghelli che tengano.

    Temo ci sia una brutta macchinazione nei confronti di tante menti superficiali, bombardate di continuo con l'idea che sia positivo prolungare la durata della vita. Mai che ci si preoccupi della qualità.
    Sarebbe bello porre alcune domande a quelli che hanno l'ansia dell'elisir di lunga vita (non di giovinezza).
    Molto di ciò che non hai fatto finora non l'hai fatto per mancanza di tempo o per mancanza d'altro? (altro = voglia di vivere e non soltanto di esistere)
    Quanta parte della paura di morire è legata al terrore di non aver vissuto?
    Cosa ti fa pensare che ciò che non hai fatto nei primi ottant'anni lo farai nei prossimi venti?
    Per fortuna il nostro tempo è limitato, altrimenti saremmo ancora più inconcludenti di quanto siamo.
    Viene il tramonto. E si tramonta.
    Requie, alfine.

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  6. @ K.

    Sottoscrivo. Anche Seneca, se è per questo, lo spiegò al suo Lucilio, in altri termini, ma con simile sostanza, e molti altri sapienti.
    Poi, il senso attribuito alla propria vita è variabile. Per qualcuno la virtù, per qualcun altro la (propria) verità.
    Quest' ultimo è quel che io seguo -magari forse anche pure non so far di meglio-.
    Per quanto tempo, poi, non mi compete: non c' è cosa che io senta più astratta del futuro, non mi interessa affatto, e non mi riguarda, e quel po' di 'futuro' che avrei potuto avere, almeno come rappresentazione, a seguito del passaggio di testimone biologico, l' ho perduto.
    La morte è domani; domani non è ancora; la morte non è.
    Quando verrà, sarò io a non esser più: non ci incontreremo mai.

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