martedì 28 febbraio 2012

Lagne d' ignavi

Mai letto tanta auto-coscienza del blogger come in questo periodo.
La storia si ripete, tutto ritorna.
Capaci di  evoluzione e progresso, ma fino ad un certo punto, perché poi ci prende la nostalgia per qualche immaginario Eden perduto.
Un po' miserabili, le nostre lagne.
Lagne d' ignavi.
Come sarebbe bello se ci parlassimo con le stesse parole e gli stessi silenzi che usiamo qui. Se fossimo capaci di quell' affetto di cui ci crediamo capaci.
Com' era bello il mondo agreste.
Come vorremmo perderci in una foresta di Tolkien.
Com' era dolce la sera quando pensavamo d' amare.
Quant' è patetico il nostro sentire romantico, quant' è patetico Goethe. E l' umanità tutta.
E quel che ti sa fare la gente da niente, dall' anima volgare, quella che ti sogna tra i tasti, ma vorrebbe far di te un breve e lauto pasto, da dimenticare in fretta...

sabato 25 febbraio 2012

Tipi -4-

Sono impressionabili, facilmente, ma non lo si sospetterebbe mai al primo livello di approccio, che è anche quello in cui si ferma l' atto di conoscenza generico.
Spesso vantano una certa istruzione che convive con contraddittori pregiudizi triviali e modi elementari.
Emotivi, nel loro fondo,  anche quando ciascuna delle loro azioni è presentata in modo da apparire ponderata e pragmatica.
Abbondano di citazioni, per limitare l' esposizione del loro pensiero o per avvalorarlo.
La vanità, loro autentico propulsore, assomiglia ad una bio massa inesauribile che tiene alimentato quel loro focherello interiore che i più - ingenuamente- scambiano per solidità di temperamento.
Sono sensibilissimi alle lusinghe, ma fingono d' esserne immuni e generalmente sentenziano sulle cose del mondo con sicurezza, ironia e perfino distacco. In realtà il loro attaccamento a quel mondo che sembrano disdegnare o aspramente criticare è morboso, perché esso rappresenta la sola interfaccia con cui rapportarsi essendo essi totalmente privi di immaginazione e vero coraggio.
Sono presuntuosi, massimamente, e superbi, almeno tanto quanto sono anche vili.
Se uomini non sanno parlare a donne profonde, esigenti, indipendenti, creative ed anticonformiste, ma ne desidererebbero la compagnia -tant' è che in genere le approcciano- pur nella loro conclamata anaffettività. Scelgono sempre compagne di vita dall' interiorità sciatta e scabra, per potersi dire delusi. Escogitano mille motivi dissuasori per motivare impedimenti ad amare.
Per siffatti motivi, sono in  genere felici e vincenti.

martedì 21 febbraio 2012

Muori, che è meglio.

Avrei potuto dirmi una persona enormemente fortunata, se non mi fossi ritrovata ad essere -per cause di forza maggiore, dettate dall' oscura imperscrutabile forza che ci costringe sempre ad essere esattamente quel che siamo e non possiamo, alla lunga, non essere- io.
In due parole, per ciò che adempie al dovere di presentazione estetica e formale: un' anarco-comunista-mistica senza tessere né salvacondotti per la vita, consapevole di non poter sfuggire ad un inguaribile stato di isolamento nel non-sense universale.

Ho avuto il privilegio di nascere da proletari, figli di proletari, figli di proletari: gente che ha sempre stentato la vita con un salario appena sufficiente alla sussistenza.
Ho una valida prenotazione in Paradiso su poltroncine di prima fila.


Nella filosofia consolatoria di matrice cristiana, essendo io di diritto appartenente alla categoria degli ultimi avrei avuto la somma prospettiva d' essere tra i primi almeno dopo, finita questa giostra terrestre tra l' assurdo e l' atroce.
Ma son pure atea: le vie di mezzo per me impercorribili, dato il loro fondo melmoso.

Che poi, giusto per rimanere soltanto nella storia recente del pensiero, il Cristianesimo poco ha aggiunto allo stoicismo e al platonismo in materia di istruzioni del vivere, tant' è che il messaggio finale, in soldoni è lo stesso: "Muori, che è meglio".   

Sappiamo bene che l' appartenenza ad un  censo è condanna e predestinazione. Così come, allo stesso modo, è condanna e predestinazione l' indole. Non c' è niente -assolutamente- da fare: così funziona il meccanismo sociale.
Non si può avere nel contempo grazia e felicità.
La grazia è terribile e devastante.
La felicità moderna è disgustosa.

Non c' è equità possibile, neppure nei personalissimi intimi giudizi. Oltre il proprio corpo -.la sola cosa di cui si abbia interesse ed autentico sentore-, la landa desolata del nulla.
Siamo soggetti ed oggetti di indifferenza per ciò che concerne la verità dell'esistenza. Sprechiamo fiumi di parole per declamare d' essere pro o contro quialcosa, senza accorgerci che quel qualcosa è il niente.
Senza disquisire su di un qualche nulla la nostra voce sarebbe inutile dotazione, le sinapsi cerebrali paralizzate.
(Grazie al cielo il nullificante evento televisivo idiota del momento è finito: ho temuto più i puntuali commenti intelligenti che la normale bagarre pubblicitaria del caso.)

Questo blog è una possibilità espressiva, abbastanza inutile pure quella -invero-. Niente di più, niente di velleitario. In attesa di smentite, o di chiusura.
Ma ho superato ben altri e pesanti traumi.

Si è dato talvolta il caso che un figlio di proletari, grazie ad un suo qualche fortuito talento supportato da determinazione ed intraprendenza,  sia riuscito ad emendarsi dalla sua condizione d' origine e, se capace anche di liberarsi dagli eventuali scrupoli di coscienza, ascendere sulla scala sociale, forse pure fino in vetta.
Il mito del self-made man ha diretta correlazione con il mondo dei sogni ed è la favola metropolitana preferità dai perdenti.

Ma anche i sogni sono passibili di strumentalizzazione e massimamente vulnerabili e ricettivi dei più contorti messaggi subliminali o diretti.
Sognare nei termini oggi possibili non è affatto così liberatorio, credete: è l' ennesima pietosa illusione di felicità.
Non sognate, ché alla fine dà assuefazione,  confonde e rende banali.

Mah.

giovedì 16 febbraio 2012

Amori da morire -7-

"Certo che ti amo.
Ti amo oggi, ora. Adesso ti amo al mio massimo: di più non è possibile. Non scomoderei la mia anima neppure per un lievissimo soffio d' amore in meno.
Ma qui, adesso, in quest' istante cristallizzato. Domani non lo so.
Non ho alcun potere sul futuro; nessuno ne ha: per definizione è appannaggio esclusivo di un dio. Perché mi vuoi tanto potente, tanto saccente?  Supponente?
Io non  so nulla di domani. Non lo so, non lo conosco il futuro e odio la menzogna: che cosa potrei promettere di ciò che non esiste? Non ti basta, dunque, questo grande piccolo cuore umano che batte adesso?"

Erano le parole che avrebbero voluto esondare dalle sue labbra quando lui, creatura troppo corrotta dal suo stesso stato terrestre, che spinge a desiderare di possedere ciò che ci piace, le voleva estorcere quella sorta di clausola compromissoria che  il "per sempre", di fatto, rappresenta.

"Nei fatti il dono del tuo piccolo grande cuore non basta mai a chi dice d' amarti. Ovvero: l' altro evoca sentimenti, per loro stessa natura d' ispirazione altruistica ed immateriale, ma con riserva di tesaurizzarli quanto prima al suolo. Non si può, non si può sorvolare a lungo sul sospetto di meschinità che ne deriva.
E' un meccanismo di malafede, di cui noi umani ci serviamo per ancorarci alla vita, che altrimenti saremmo imbarazzati a vivere.
Presto o tardi ti presenterà una lista di richieste, o paleserà l' elenco delle sue aspettative frustrate, con la più pragmatica lucidità e precisione matematica.
Vorrà il tuo tutto. Ti dirà che sei il suo tutto.
Pretenderà di conciliare con te ogni cosa: spazi fisici, scelte, amicizie, rapporti professionali, desideri e perfino il tuo umore. Passerà sotto la sua microscopica lente d' osservazione ogni tua parola, scruterà i guizzi dei tuoi sguardi sul mondo, noterà ogni movimento dei tuoi muscoli facciali e, per ciascuno di non sufficientemente familiare, ipotizzerà complotti e misteri ai suoi danni. E nel preciso istante in cui tu comprenderai questa sua scandalosa debolezza, smetterai d' amarlo."

A suon di "per sempre" traditi - perché l' amore umano è a termine, salvo eccezionali incastri d' affinità-, si rischia di diventare perdenti ed anaffettivi e sentirsi inquieti spettri delle creature fantasiose e generose che si era stati oppure che, in potenza, si sarebbe potuti diventare.

Eppure, l' esigenza dell' infinito lei la comprendeva perfettamente. Ciascuno di noi ne porta in sé una sorta di nostalgia, quasi come se l' avesse conosciuta in un qualche tempo perduto, durante un' infanzia dell' umanità dimenticata di giorno ma rediviva ogni notte, ad ogni temporale, alla vista del mare d' inverno,  sul più impervio sentiero d' alta quota, tra mastodonti di pietra, mentre il vento gelido sferza e percuote il volto, tra il crepitìo di braci, in un canto di cicale.

E' un' idea terribilmente romantica: eternità è la memoria, la storia umana. Ma può essere esclusivamente  condivisa a livello di sentore e sensazione ed in alcun altro modo fruibile: ciascuno di noi non può che pretendere d' esserne, almeno e soltanto, un invisibile frammento.

"Non so che farò, ora. Il mio cuore è pieno di tristezza, non so se la ginestra abbia l' infinita possibilità di rinascere nel deserto: i suoi fiori paiono sempre più pallidi e caduchi, e scopro adesso i suoi semi velenosi.".

Era un' asciutta sensazione, la sua: secca proprio come le crepe della terra spaccata dal sole rovente.
E, come da fulminante illuminazione, vide, d' un tratto, un altro lato -quello oscuro- della sua verità.
Una verità lunare e sfuggente, inabissata in crateri di cui nessuno avrebbe potuto scorgere il fondo.

Il primo buco nero stava nel linguaggio, e sarebbe rimasto incolmabile. Ci si può amare a fondo soltanto tra uguali.
Per lei amare significava qualcosa di profondamente diverso da quel che l' altro percepiva. Prima di qualsiasi altra cosa era apertura, disponibilità, possibilismo, e nasceva come atto contemporaneamente cosmico ed umano. Slegato dal tempo e dai fatti, ignorante di regole ed usi, era, più propriamente, la capacità di sintonizzarsi alla grazia del vivere, e non aspirava ad altro, essendo anzi qualsiasi collaterale effetto in sé e per sé nocivo e letale.
La passione? Talvolta un contorno, un evento, una divagazione sul tema, un' espressione, ma, se tema dominante, un fuoco fatuo.
Amore comunque a monte, passione a valle, destriero bianco che punta al cielo, destriero nero diretto verso la Terra.

*
Ricordava spesso il volto di uno sconosciuto, di cui non sapeva neppure il nome e che non rivide mai più, dopo quel fatto.
Nell' esistenza intera di un moderno si fanno pochi, pochissimi incontri paradigmatici, se si escludono quelli tipici dell' età evolutiva in cui talvolta si mitizzano i rari buoni Maestri.
Due, forse tre confluenze di caso.
Ed accadde sempre in luoghi di sofferenza e dolore.
Ebbene, il primo incontro si verificò la notte precedente la morte del padre lungo il corridoio dell' ospedale che immetteva alla stanza in cui stavano i letti dei rispettivi genitori, entrambi morenti.
Lungo il corridoio lei e quell' uomo si sgranchivano le gambe atrofizzate dalla veglia al capezzale e si sforzavano di parlare d' altro: di cose vive, presumibilmente vive anche domani. Ma ognuno di loro pensava all' imminente attimo in cui avrebbe contemplato la maschera di morte del proprio padre.
Il padre di lei morì alle cinque del mattino. Lei era di pietra, e non disse una parola. Lo sconosciuto, che accudiva il suo genitore da due letti più in là, balzò in piedi fulmineamente e corse ad abbracciarla stretta. Stretta, senza dir nulla, come a sostenerne parte del dolore muto.Un gesto libero, informale, gratuito, mosso da un impeto: amore. Amore senza necessità del dopo. Umanamente cosmico.
Ecco: lei amava -sempre-, prima che in qualsiasi altra forma, così e così pretendeva d' essere amata. Gli altri effetti, per lei, erano dettagli, qualche volta enormemente significativi, così come le conseguenze -i figli, la propria carne-, ma dettagli.
Era questo che confondeva e gettava nella disperazione chiunque cercasse di interpretarla: una fulgida linearità di pensiero che poteva sembrare pura follia.

*

Acquisire un po' di saggezza presuppone l' aver percorso un lastricato rovente che pare vomitato direttamente dall' inferno. Richiede resistenza e resilienza.
Lei sapeva d' averne conquistata una piccola, piccola parte e che tale conquista aveva un alto prezzo da scontare nel suo universo interiore sentimentale in termini di fatale ed insanabile solitudine.
Si trattava di accettarlo senza opporvi più l' ostacolo di una caparbia quanto inutile ricerca d' affinità troppo improbabili e rare per essere trovate senza l' ausilio della fatalità e delle sue arcane vie.
E conservare la tenerezza. 

(Il 7 è numero per me ultimativo, ed allora, fine)






lunedì 13 febbraio 2012

E così sia.

"Non bevevo mai prima di aver eseguito il mio compito giornaliero. A lavoro finito, i cocktail alzavano quasi un muro divisorio fra le ore di lavoro e quelle di divertimento."
( J. London)

A me  è esattamente questa faccenda dei "compiti" che non riesce bene come agli altri.
Non so creare il muro divisorio fra il fuori e il dentro, tra quel che emerge e ciò che sta sotto, tra il dovere d' esser presente a me stessa e il divertissement: è drammatico.

Da umano ad umano ci separa una briciola, un soffio, un sospiro, un ondulatorio quanto, ma sempre fatalmente non eliminabili, di enorme peso e determinanti.
Sarei totalmente pascaliana se Pascal non fosse approdato a Dio, cosa che fa crollare  con insostenibile fragore di rovina un intero sistema di pensiero seducente pur se inconcludente: io appartengo a quello stuolo che sente l' ateismo come atto di umile onestà intellettuale, nonché l' unico atto di coraggio di cui potersi vantare. Sapere di essere semplicemente senza alcuna  sensata conclusione costringe ad un' allerta permanente dettata dalla determinazione a cogliere anche il più piccolo dettaglio o rivelazione della vita, nella speranza di trovarne capo e coda, prima di uscirne definitivamente.

Tutto sommato, è fin troppo ovvio che credere in Dio, o al Nulla, sia esattamente la stessa cosa: in un' eventuale sequenza di equazioni addivenire a questo o a quello è soltanto questione di variabili impercettibili ed ugualmente significanti.

Arduo è finirla con il bisogno di credere, di significare.

Pertanto resta il divertissement, da sbocconcellare a porzioni moderate, quando la disperazione azzanna.
E così sia.

mercoledì 8 febbraio 2012

Psicopatologia della blogtiquette - un cenno.

Come tutti i blogger sanno -o dovrebbero sapere- esiste una deontologia  consigliabile ai compilatori di blog.
In definitiva, si tratterebbe di seguire semplici norme di cortesia e civiltà unite al comune senso logico.
Altro presupposto fondamentale è il rispetto, comunque dovuto, perché dietro alla piattaforma c' è sempre una persona vera, in carne ed ossa, con mente e cuore, oltre che munita -chi più chi meno- di sensibilità.

Ebbene, della blogtiquette di cui al link inserito, mi scopro di qualcosa  ignorante, in qualcosa certamente   concorde, in altro, invece, in disaccordo, per la mancanza di qualcos' altro un po' delusa. Comunque sia, il problema di adottare un atteggiamento sempre 'etico' nell' immissione di contenuti di potenziale dominio pubblico, l' ho sempre sentito. 

*

Non avevo mai considerato con attenzione, tanto per fare un esempio, il corretto procedimento per postare immagini non  mie senza arrecare un possibile disagio ai legittimi proprietari.

I punti 1-2-3-4 mi sembrano piuttosto ovvi; del punto 5 ho nelle righe precedenti accennato e se c' è altro da sapere ringrazio fin d' ora chi me ne rendesse edotta; i punti 10 ed 11 non m' interessano e non mi riguardano proprio e così tralascio di considerarli; sui restanti altri, invece, mi sono spesso soffermata tra me e me con il pensiero, mossa da varie considerazioni, alcune delle quali decisamente intimistiche.

I post ed i commenti: si raccomanda di tener sempre presente che un post è potenzialmente consultabile da chiunque e pertanto di cercare di tener conto, eventualmente, delle sensibilità di tutti i lettori.
Un post  di critica politica, o contenente riflessioni precise e circostanziate su un personaggio pubblico vivo ed attivo, se negative, lede la sua sensibilità? Immmagino di no, altrimenti la democratica libertà d' opinione  diventa un mero eufemismo. Probabilmente dovrò esimermi dall' insulto diretto. Potrò pensare :"Sei un parassita, un cialtrone, un mafioso, un incapace, un pappone, un ruffiano, un porco, un idiota, una zoccola, e ti vorrei definitivamente fuori da ogni incarico pubblico per l' eternità", ma non lo potrò mettere per iscritto in una pagina come questa, a tutti accessibile: mi limiterò ad esporre la mia visione del mondo a chiare lettere, anche se da ciò si evincerà che è ostile alla sua.
L' alternativa è la tenuta di un blog limitato ai soli iscritti.

Sui  commenti, poi, la mia posizione è un po' più forte di quella consigliata e dipende dal mio usuale modo di condurre ogni altro rapporto umano e sociale. Li tratto esattamente come farei con una lettera ordinaria, una telefonata, od un messaggio di chat da parte di un amico: massima attenzione.
Rispondere, dare un cenno di riscontro, secondo le mie norme comportamentali, è sempre dovuto.
Considero chi non lo fa o spocchioso e superbo, o cafone, o superficiale. In tutti i  casi, maleducato.
Nel caso trovassi un commento palesemente indelicato, o sgradevole (ma l' insulto triviale deve essere cestinato comunque anche a tutela degli altri lettori), risponderei evidenziandone la pecca.
Nel caso in cui il mio commento fosse sottoposto a moderazione dal webmaster e me ne accorgessi nel momento di postarlo, esso acquisterebbe le definitive qualità d' essere il primo ed anche l' ultimo.

Altra considerazione meriterebbero alcuni abituali frequentatori che ho avuto modo di notare in spazi di altri (io ho trovato, in passato,  un sistema civilissimo per farli desistere, nel più gentile ed impercettibile dei modi). Esistono, infatti, commentatori/blogger che adottano il sistema parassitario o la piaggeria sistemica, forse per riempire un senso di smarrita solitudine esistenziale, o nella speranza di ricevere speculare simpatia e nutrire così il loro ego: in questo caso è davvero difficile gestire una situazione scomoda, ma senza far crollare lo stile.

*

Ecco, erano solo accenni di pensieri sulla faccenda.
A me piacerebbe se a qualcuno andasse di suggerire, ampliare, dissentire, insegnare, o discuterne, per esempio, anche, raccontando le proprie sensazioni e perplessità nella propria esperienza, o proponendo nuovi punti da aggiungere ad un codice di "cortese reciprocità" che a me pare indispensabile per far crescere questa nostra comune avventura.  




martedì 7 febbraio 2012

Nel freddo. Attimo commosso.



Tom Waits — Cold Cold Ground

Crest fallen sidekick in an old cafe never slept with a dream before he had to go away there's a bell in the tower Uncle Ray bought a round don't worry about the army in the cold cold ground now don't be a cry baby when there's wood in the shed there's a bird in the chimmney and a stone in my bed when the road's washed out they pass the bottle around and wait in the arms of the cold cold ground cold cold ground there's a ribbon in the willow and a tire swing rope and a briar patch of berries takin over the slope the cat'll sleep in the mailbox and we'll never go to town til we bury every dream in the cold cold ground cold cold ground gimme a Winchester rifle and a whole box of shells blow the roof off the goat barn let it roll down the hill the piano is firewood times square is a dream I find we'll lay down together in the cold cold ground cold cold ground cold cold ground call the cops on the Breedloves bring a bible and a rope and a whole box of rebel and a bar of soap make a pile of trunk tires and burn 'em all down bring a dollar with you baby in the cold cold ground cold cold ground take a weathervane rooster throw rocks at his head stop talking to the neighbors til we all go dead beware of my temper and the dog that I've found break all the windows in the cold cold ground cold cold ground

sabato 4 febbraio 2012

Umane compromissioni

Caravaggio-San Girolamo nello studio

Della vecchiaia, anzi della vecchiezza, avevo da giovanissima un' immagine gentile e terribilmente romantica.
Colpa delle letture, dell' iconografia classica e di un eccesso di fantasia.
M' immaginavo che  l' accumularsi degli anni conducesse ad una sorta di spiritualizzazione, come se l' indebolimento oggettivo del corpo spingesse il suo possessore a dimenticarsene, minimizzandone invasività e presenza, soprattutto nella propria coscienza, a vantaggio esclusivo dei ricordi e della saggia consapevolezza di sé e del mondo.
Era, naturalmente, un' idea imprecisa e totalmente supponente: nessuno che possieda ancora un corpo agile e sano sorretto dall' energia delle aspettative giovanili potrebbe immaginare con verosimiglianza lo stato di coscienza di chi si trova ormai ai confini della vita. Non è possibile empatizzare qualcosa che non si conosce, semplicemente perché l' empatia è un processo che implica una rappresentazione mentale di sentimenti od eventi che appartengano ad un vissuto, anche se non necessariamente solo nostro.
Questa idea di tranquillità senile, tutta epicurea, rende oltremodo allettante la vecchiaia:
"Non il giovane è felice, ma il vecchio che ha vissuto una vita bella; perché il giovane nel fiore dell' età è mutevole ludibrio della sorte; il vecchio invece giunse alla vecchiezza, come a tranquillo porto, e di tutti i beni che prima aveva con dubbio sperato ora ha sicuro possesso nella tranquillità del ricordo".
Suona bene, ma non corrisponde alla realtà che io conosco.
Io conosco vecchi, o persone che verso la vecchiaia sono incamminate, che desiderano con straordinaria ed annichilente passione una cosa sovra tutte: durare in vita e non importa come.
Durare nel corpo, naturalmente. Durare secoli, anche in un corpo degenerato, malato, quasi inservibile. Se poi anche il cervello soffrisse di spappolamento progressivo, non importa lo stesso: s' ha da durare, durare, durare...
E' un loro diritto, fa parte della libertà di scelta, e non è nel merito delle scelte personali che mi interessa entrare: non mi riguardano minimamente.
Ciò dimostra però che dell' idea di vita dell' anima non si fidano in troppi, nonostante essa sia il fulcro centrale delle Religioni d' Occidente e -perché no- di tutta la letteratura romantica che vi rimandano ogni soddisfazione, gratificazione, futuro riscatto.

Il dubbio lancinante che mi coglie, allora, è che a noi tutti piaccia raccontarci delle fole.
In dipendenza del nostro livelluccio culturale, potranno essere più o meno velleitarie e più o meno romanzesche.
Ma rimangono storielle ,belle e buone.
Ci diremo di avere nobili ed alti fini, pensieri eccelsi, ma il primo mal di pancia ci manderà nel panico.



***

E' un po' quel che succede al blogger-tipo/esistenzialista.
Comunicatore e dialogatore talvolta straordinario, colmo d' affetto per i propri lettori o colleghi, traboccante d' idee ed opinioni, nella realtà s' affloscia e si tace, come preso da paralisi improvvisa.
Dev' essere perché tra veicolo di pensieri colti e trasmessi, qualche sogno rivelato, ed una forte immagine di sé, nella vita preferisce arrangiarsi a durare come uomo qualunque 'senza qualità'.
Ma durare.