venerdì 13 gennaio 2012

Elementare intuito visivo

Se n' è accorto anche Mauro, il barista, stamattina.
Eppure lui appartiene alla categoria degli indifferenti e ci conosciamo appena: quel poco consentito dalla funzione della amigdala, nel suo nocciolo di mandorla che fruttifica emozioni poco complesse, durante il periodo di tempo che intercorre tra il servire un caffé ed incartare la mia brioche.
In altre parole, elementare intuito visivo, lettura istintiva dei messaggi inconsapevoli dei muscoli facciali.

Mi dice, così, di punto in bianco, lui che di me non sa nulla: "... e non essere così giù di corda; ti vedo, sai... su, che tutto passa.." in idioma vernacolare.

Gli tributo un sorriso, vuoto a perdere senza rimpianti e senza richiesta, che non costa e non risolve nulla, ma mi scalda dolcemente e lievemente l' esofago nel momento in cui lo faccio.
Al di là del bene e del male, e del bello e del brutto, al di là degli  arzigogoli cerebrali ed intellettuali, l' istinto alla solidarietà umana è, paradossalmente, animale e primordiale, spontaneo (pur se il mio caro amico Kisciotte non crede...), automatico.

Penso che non sto messa bene, se basta che un conoscente non mi consideri trasparente per instillarmi un sentimento di leggera riconoscenza e sollievo.
Si tratta di regolare, allora, l' autostima.
Sospetto d' averla lasciata sedimentare su livelli bassi, a seguito della mia antica attitudine all' autocritica crudele, che altro non è, in ultima analisi, che velleità di perfezione.

E comunque sia, quella gentilezza rimane congelata: questo è il dramma autentico.
Non produce altro, si avvolge su sé stessa, non trapassa la cotta della solitudine e la barriera dell' altrui inconoscibile.
Un rigagnolo, grazioso, sì, ma che si incanalerà nel torrente annichilente e dispersivo del Nulla, perché, a farsi onda dirompente, ci vuole l' attitudine del mare.

2 commenti:

  1. Anch'io sono autocritico, e spietato.
    Una velleità tendente a, più che di; ovvero un percorso di miglioramento, senza bisogno d'attendere pungoli estranei che arrivino da altri; il pungolo lo lascio alle mucche o gli animali al pascolo.
    Ma per questo week end allenterò il silicio, concederò una meritata requie in libera uscita alla mia coscienza, passeggiando sulle nuvole, dopo essere stato etichettato come caro amico tuo, da te. :o)
    Un omaggio del genere, in un blog dove volgarità e banalità sono estranee, mi fa sentire un rosso d'annata.

    Penso che l'uomo sia animale socievole, spesso non per altruismo ma per naturale necessità; e non c'è niente di immorale nei bisogni naturali.
    Tu ben sai che esser solidale è ben altra cosa dall'esser socievole.
    Un proverbio milanese recita che "un piat de bela cera el costa nagòtt" (un bel sorriso non costa nulla).
    Ben vengano i sorrisi dal cuore, elargizione gratuite e spontaneee che ci innaffiano l'anima a volte inaridita. Ma è anche vero che a sorridere si fa in fretta, poi il sorriso passa e gli occhi si distolgono, magari anche il pensiero.
    Il tempo, penso sia il tempo il bene prezioso: da quanto tempo l'altro mi dedica senza calcolo di denaro, ecco, solo quel tempo per me è denaro e solo quel "altro" lo chiamo solidale.

    Sono diffidente e scettico, ciò nonostante non mi rassegno.
    E spero tanto che tu abbai ragione e io, alla fine, torto.

    Può darsi (un omaggio a un'anima che appare bella)
    ciao
    cara
    amica
    mia
    Encantado!
    :o)

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  2. @ Kisciotte

    Allora ne desumeremo che Epicuro avesse ben declamato ai suoi discepoli, nel Giardino delle Delizie. L' amicizia è il massimo dei piaceri ed il massimo bene (tant' è che t'indurrà ad interrompere le auto-flagellazioni almeno nel fine settimana).

    Questo, in linea di principio.

    Poi, se ne deve comprendere la possibilità potenziale, che consta, tra le altre cose, della capacità di parlarsi, empatizzare, comprendere, non senza ricavarne, appunto, anche dell' autentico piacere.
    Credimi, amico caro: in giro nessuno si parla più, qui ben poco, e non rimane che la fiducia nell' intuito e nel proprio istinto.

    Io non sono diffidente, non sono scettica, e, conseguentemente, ho sbagliato valutazioni un milione di volte, tanto da chiedermi se la mia sempiterna disponibilità a credere non sia che una forma esacerbata di scellerata caparbietà.

    Ma -e qui ti seguo- lo sancirà il tempo, hai piena ragione.

    Grazie della bellissima ballata celtica: un' escursione nel sublime :-)

    A presto, io confido.

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