mercoledì 28 dicembre 2011

Questo nostro leggerci

" Nella lettura c' è un mistero, un mistero la cui contemplazione può probabilmente aiutare non a spiegare, ma a cogliere altri misteri nella vita degli uomini"  (*)

Il mondo ha milioni di significati, e poi ancora di più, tanti quanti sono i segni suscettibili di emozioni personali: si tratta di un valore enorme, forse pure, in potenza, infinito.
Senza il nesso che ciascuno di noi attribuisce ad un qualunque segno attraverso la sua propria sensibilità, esso resterebbe neutro in termini di significato.

*
Tra le  mie esperienze di viandante, accadde che una notte d' inverno mi inerpicassi su di una ripida mulattiera di montagna che conduce ad un' antica chiesetta isolata tra boschi d'abeti e faggi ( I fàgher).
Ai lati della stradina cumuli di neve, le forme scure e gigantesche degli alberi, a tratti antropomorfe, un' aria deliziosamente pungente, un' indefinibile precognizione di luce (algida luce cristallina intuita), pur nel nero della cappa sovrastante.
D' improvviso, un bagliore, come lama lattiginosa, ma tagliente: il sorgere della luna. Fu una meraviglia di molti minuti protratta, un piacere di sensi che non evapora immantinente in fuggevole ricordo e rimpianto.
Poi, sempre più inesorabile, travolgente, fatale, l' aurora di luna esplose e mi tolse il fiato, come in un parto.
Un parto di ordinaria bellezza universale.
E mi sentii consacrata bellissima, in una sensazione di connessione perfetta tra il mio dentro, il mio fuori, ed il mio altrove. Avrei potuto fare, in quell' istante, qualsiasi cosa, come un' apostola del Tutto, perché ero Tutto: amare un altro corpo, parlare una lingua non mia, rimanere immobile o correre come un levriero di savana, oppure, senza il minimo turbamento, morire.
*



La luna era, semplicemente sorta, come sa fare da quando esiste: non viene dalla sua massa e dai suoi crateri tanta misteriosa potenza.
Ma l' anima ha sempre improrogabile desiderio d' espansione -e poi di comunione al di fuori del suo corpo- e lo strumento ideale dell' evasione è l' interpretazione dei segni attraverso la propria originale, irripetibile ed unica  sensibilità.
Solo, ciascuna delle sensazioni di cui si è capaci, può essere perfezionata, affinata, ulteriormente sviluppata, fino a rendere sempre più possibile, sempre più vicina, la comprensione di ogni cosa.

"In un certo senso non ci sono date che sensazioni; in un certo senso noi non possiamo mai, in nessun caso, pensare altro che sensazioni. Ma in un certo senso non possiamo mai pensare le sensazioni. Attraverso esse pensiamo solo qualche cosa. Attraverso esse noi leggiamo. Che cosa leggiamo? Non qualsiasi cosa, a nostro piacimento. Neppure qualcosa che non dipenda in alcun modo da noi." (*)

Innumerevoli volte mi sono lasciata sedurre intellettualmente o sentimentalmente da qualcuno, da qualcosa. Quasi sempre quella fascinazione originaria è stata poi smentita dalla successiva scoperta di altri, sottesi, più nascosti, elementi.
E' un evento banale, intimamente serpeggiante, di potente contraddizione ed estensibile a qualsiasi atto umano, nella sfera privata e perfino in quella pubblica e politica. (Pensare all' avventura berlusconiana -ad esempio-  dimostra che la vera abilità del suo fondatore è stata quella di modificare il modo in cui i suoi numerosi elettori leggevano i segni della sua pacchiana comunicazione.)

Ciò che ha il potere di modificare la nostra sensibilità, allora, è lo strumento (per il grande comunicatore il mezzo di diffusione, per l' interlocutore semplice la parola scritta od espressa oralmente ed il gesto, ) e per usare lo strumento in modo corretto, ed evitare che svii la nostra lettura, ci vuole una grande ed estenuante pratica, fatalmente sempre  dolorosa.

"Per il marinaio, per il capitano sperimentato la cui nave è diventata in  certo senso il prolungamento del suo corpo, la nave è uno strumento per leggere la tempesta, ed egli la legge in modo del tutto diverso dal passeggero. Laddove il passeggero legge caos, pericoli senza limite, paura, il capitano legge necessità, pericoli limitati, risorse per sfuggirvi, un obbligo di coraggio e di onore.
L' azione su sé stessi, l' azione sugli altri, consiste nel trasformare i significati." (*)

Quanto sappiamo noi leggerci, amici blogger?


(*) Simone Weil, Quaderni, Volume Quarto, Appendice

4 commenti:

  1. Quanto sappiamo leggerci noi blogger ? poco , o forse niente,come tu dici sono solo sensazioni,che non equivalgono alle proprie aspettative,si possono solo sfiorarle od immaginarle vagamente,la lettura può portare ad alte sfere per chi la sa interpretare ,e così è anche per la comunicazione,ma è una lama a doppio taglio ,può portarti anche alla solitudine spirituale lasciandoci un vuoto ,ed un senso di amarezza.il viandante è "FORTUNATO", è solo, e nella sua solitudine può con la mente viaggiare nelle profondità più nascoste ,riuscendo a scoprire ciò che di più bello possa esserci ed immaginarlo a suo piacimento ,ma resterà comunque solo ,e la solitudine si fa strada diventando a volte insopportabile. a presto.

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  2. @ Brax

    Condivido molto la concezione di vuoto della Weil, secondo cui ne facciamo esperienza "quando niente di esteriore corrisponde a una tensione interiore". Vale a dire, quando ciò che è fuori non ha alcun rapporto con ciò che è dentro.
    E quasi mai ne ha.
    Nel vuoto, però, incontriamo anche il nocciolo del dolore -il dolore assoluto- capace di spalancarci lo sguardo sul mondo.
    Riuscire a sostenerne la vista, io credo, determina l' oggettiva caratura umana, ed è il prezzo della conoscenza.
    Naturalmente, non tutti gli uomini bramano il sapere e si inebriano di meraviglia.
    Ma io sì. E so che in questo, almeno, non sono completamente sola.

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  3. Ciao, te lo dico già, patti chiari amicizia lunga.
    Sarò lungo! :oD

    Pessoa definisce la nostra tanto decantata intelligenza, l'unico istinto che abbiamo, approssimativo e inferiore rispetto a quello pieno e spontaneo degli animali. (ma tu certamente leggerai il libro e quindi io non vado a dettagliare eheheh).

    Questa esternazione è da permanente orbita stazionaria intorno all'anima: "oppure, senza il minimo turbamento, morire." (grazie)

    Sul significato delle parole e sul lavoro artigiano per salvarle e preservarle nel significato - ok, sono insistente, ok, ma tanto ora lo dico ugualmente - ho iniziato da poco la lettura di "La manomissione delle parole" di Gianrico Carofiglio e magari ti piacerebbe anche questo libro.
    Ti riporto un passaggio: "Il poeta greco Ghiannis Ritsos ha detto che le parole sono come "vecchie prostitute che tutti usano, spesso male": e al poeta tocca restituire loro la verginità.
    E' necessario un lavoro da artigiani per restituire verginità, senso, dignità e vita alle parole. E' necessario smontarle e controllare cosa non funziona, cosa si è rotto, cosa ha trasformato meccanismi delicati e vitali in materiali inerti. E dopo bisogna montarle di nuovo, per ripensarle, finalmente libere dalle convenzioni verbali e dai non significati."

    Quanto sappiamo noi leggerci? Eh! Leggere te è come farmi una tisana con una bustina di tarassaco e altre erbe. Orbene, mi succede che faccio la tisana, ma l'acqua si scurisce subito tanto. Allora tolgo la bustina, mi gusto la tisana (prima lettura bollitura). Poi rimetto a bollire mezzo litro d'acqua, ripuccio la bustina e l'acqua torna torbida, la lascio raffreddare e poi la bevo come bevanda fresca, e se andassi avanti ricaverei altra sostanza e altro aroma.
    Ma mi fermo!
    Così nel leggerti, mi limito al primo strato, senno faccio una dispensa.

    Ok, la notizia bella per te è che fino al prossimo anno penso di non fare più commenti lunghi.
    Ne approfitto per augurarti un sereno finale domani sera e un 2012 con pochi momenti brutti e tantissimi momenti felici, in compagnia anche di belle letture, oltre che di belle persone.

    (peccato che un astice non potrà vedere il sorgere del nuovo anno, ma non sono qua per ravvivare dei sensi di colpa... hihihi)
    Ciao! ;)

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  4. @ Kisciotte

    Sulle parole ci rifletto in continuazione, mi premono, le rimugino, le accarezzo, mi tormentano. E questo, nel tentativo di impregnarle del significato che vorrei, del messaggio che mi piacerebbe veicolare, della sensibilità che vorrei trasmettere. E', ancora, un tentativo di quel che convenzionalmente chiameremo anima di darsi spazio, di trascendersi in altro, con velleità contemporaneamente 'cosmiche' e istintualmente primitive. L' oggetto è sempre l' altro, il simile, l' affine.
    Così, concilio nuovamente con quanto hai scritto e riportato: si tratta realmente e letteralmente di un processo vitale.

    Cavaliere, grazie anche per le segnalazioni testuali e... mi auguro soltanto di non diventare mai tisana ... lassativa... :-D

    Quanto alla minaccia finale, mi rincuora il fatto che l' anno nuovo sia praticamente qui: l' ho già scritto, d' altronde, no? Prezioso ed elettivo.

    Grazie per il tuo augurio. Per te, pure, spero buone cose: quelle che più ti premono.
    A presto.
    Ciao!

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