lunedì 7 novembre 2011

Notturno dei contrari che si respingono

Non è sempre vero che il pensiero, se non altro, è l' elemento in assoluto più libero e salvifico di cui un umano disponga.

Certamente non può esserlo per chi si ritrova prostrato in situazioni di bisogno, schiacciato sotto il peso di gravi preoccupazioni, indebolito dalla sua fragilità sociale -perché privo di sostentamento economico, o malato, o senza congiunti, familiari, amici-, depresso.
In tali circostanze il pensiero rimane circolare, indugia nel piccolo gorgo affossante ed irresistibile della fame che il corpo prova, della paura che l' incerto futuro incute, della tristezza che azzanna alla gola ed induce al sospetto, al nichilismo, alla desistenza.
Non si può esercitare alcuna vera libertà quando ci si trova in istato di stress: ogni elucubrazione, ogni immaginazione, perfino ogni sogno ne risultano pesantemente influenzati e come abbassati, nonostante una volontà contraria -consapevolezza- teorizzi lo sganciamento tra la dura realtà e le evoluzioni del pensiero.
Nulla è tanto difficile quanto poter immaginare lo stato psicologico altrui e niente assomiglia di più alla grazia dell' amore quanto la capacità di empatizzare con il dolore dell' altro.
Ma non succede che rarissimamente.

Di che parlano, allora, i teorici dell' intelligenza sociale: l' empatia non s' impara.
La vera empatia è viscerale, ferina, avanguardista: arriva prima dei segni, dei gesti, dell' intelligenza, come se si trattasse di un' alchimia divina, anziché di mera chimica...
Sono i neuroni a riconoscersi, ad  influenzarsi, a specchiarsi. Lasciano tracimare riso e lacrime, ebbrezza, terrore, panico, sudore, eccitazione.

Ma il margine di libertà,  originalità, l' impossibilità di replica, mantengono un' assoluta unicità pur nell' automatismo delle cellule filiformi.
Non si empatizza sempre, e non con chiunque, neppure se questi ne sarebbe ben disposto. Perché?

I contrari si respingono...


*

Mi sa che la mia storia è fatta tutta d' empatie fittizie, probabilmente più desiderate che oggettivamente esistenti: era un modo per sedare, con ogni probabilità, un' irrisolta ed atavica ansia di affinità con altri umani. E' il pietoso errore di chi ama troppo i suoi simili, di chi li ama fin troppo ostinatamente, con un degenerato accanimento che si fa protervia. D' altronde, se fittizie non fossero state, lo spirito non si sentirebbe così solo.

Ma da oggi smetto. Sarò, docile e non più scalpitante, capace di distinguere ed accogliere quelle elettive e vere.


2 commenti:

  1. C’è nell’intimità degli uomini un confine
    che né l’amore, né la passione possono osare:
    le labbra si fondono nel terribile silenzio
    e il cuore si spezza per amore.

    Anche l’amicizia qui è impotente, e gli anni
    pieni di felicità alta infiammata,
    quando l’anima è libera e distratta
    dal lento languore della voluttà.

    Pazzo è colui che vi si appresta,
    raggiungerlo è morire d’angoscia...
    Ora puoi capire perché non batte
    il mio cuore sotto la tua mano.

    Anna Achmatova

    Ciao

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  2. Sai, Giovanni,

    alle volte, quando contemplo l' oggettiva insensatezza della mia vita -e quella, forse, di ogni altra vita-, mi pare di comprendere che sia esattamente il "morire d' angoscia" nel tentativo di varcare quel confine, e l' osare precisamente quella pazzia, a consentirmi di provare un senso di pienezza nell' esistenza. Ed accorgermi che, adiacente al mio anche solo idealmente, un altro cuore è straziato dallo stesso dolore da folli, è toccare per un attimo la vera bellezza d'essere umani.
    Grazie per i tuoi preziosi apporti, qui.

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