venerdì 25 febbraio 2011

Estrazioni dal sottosuolo: l' originario interesse degli interessi.

"...
Oh, dite, chi è stato il primo a dichiarare, chi ha proclamato per primo che l' uomo fa il male unicamente perché non conosce i suoi  veri interessi; e che a illuminarlo, ad aprirgli gli occhi sui suoi veri, normali interessi, cesserebbe subito di fare il male, diventerebbe d' incanto buono e nobile, giacché essendo illuminato e intendendo il suo vero tornaconto, vedrebbe questo appunto nel bene, e si sa che non c' è uomo il quale possa scientemente agire contro il suo proprio tornaconto, e dunque l' uomo opererebbe il bene, diremo, per necessità? Oh fantolino chi questo disse! Oh puro ed ingenuo bambinello! Ma, in primo luogo, quando mai è capitato in tutti questi millenni che l' uomo agisse solo per il suo tornaconto? E come sbrigarsela coi milioni di fatti comprovanti che gli uomini 'scientemente' , ossia pur intendendo benissimo il loro vero tornaconto l' hanno lasciato talvolta in secondo piano e si sono buttati per un' altra via, al rischio, all' avventura, senza esservi costretti da nessuno e da niente, ma quasi volessero appunto e soltanto evitare la via loro indicata e aprirsene caparbiamente e capricciosamente un' altra, difficile, assurda, da cercare a tentoni? Vuol dire che di fatto, per loro, quella caparbietà e quella licenza erano più piacevoli di qualsivoglia tornaconto..."
(Fëdor Michajlovič Dostojevskij -Ricordi dal sottosuolo)

D' altronde, è talmente chiaro che, talvolta, il tornaconto dell' uomo sta nell' augurarsi il male, piuttosto che il bene. Ecco che, di colpo, ogni utopistica -ed erroneamente data per scontata- tendenza al bene viene sconfessata.
Da tempi remoti ragioniamo per luoghi comuni, suffragati da statistiche, con preferibilmente ai vertici calcoli economici.
Come se l' uomo fosse animale economico, che sciocchezza, quando mai, chi lo dice, chi l' ha detto: nulla di più stupido, nulla di più ingenuo ed alla resa dei conti controproducente.
Non esiste ambito che sfugga a questo inconsistente luogo comune: si tratta di una colossale fascinazione semplificativa, che ci banalizza da secoli e più precisamente da quando il primo pazzo ha deciso di aggiungere alla logica dei precedenti scambi  di beni necessari alla felice sussistenza il tarlo dell' accumulo. Sostituire l' avere all' essere ci ha reso i disgraziati  pezzenti che siamo, anche se è pur vero che avere è millanta volte più semplice che essere. E noi umani siam pigri.

"..
O piuttosto (per non far torto alla logica), esiste un interesse degli interessi (...) che è più importante e più interessante di tutti gli altri interessi, e per cui l' uomo è, se necessario, pronto a contraddire a tutte le leggi, ossia alla ragione, all' onore, alla tranquillità, alla prosperità, insomma a tutte le bellissime e utilissime cose del genere, pur di servire a questo originario interesse degli interessi che, ripeto, gli è più caro di tutto.
...
E questa propria, libera e indipendente volontà, questo proprio, sia pur folle, capriccio, questa fantasia, esasperata magari talvolta fino alla demenza, tutto ciò costituisce quel tale, sempre omesso, interesse degli interessi, che non rientra in nessuna classificazione e che manda costantemente al diavolo tutti i sistemi e tutte le teorie. Ma donde hanno cavato codesti sapientoni che l' uomo ha bisogno di non so che normale e virtuoso volere? L' uomo ha soltanto bisogno d' una volontà 'indipendente', gli costi questa indipendenza quanto può, e a qualunque punto debba menarlo. Ma poi, la volontà, lo sa il diavolo..."

(Fëdor Michajlovič Dostojevskij -Ricordi dal sottosuolo)

Il solo modo per mantenere quell' indipendenza è restarsene perennemente nel sottosuolo, o, quantomeno, considerarlo la principale abitazione della volontà: è un modo per non farsi soverchiare dalle contraddizioni, grazie agli improvvisi lampi di lucidità d' analisi ed onestà intellettuale che da lì sotto, di quando in quando, si può essere beneficiati. Spesso laggiù si sogna, si sogna intensamente, talvolta per mesi e mesi di seguito...
Ed il gran finale:

"Ma per quello che personalmente mi riguarda, io invero non ho fatto altro, nella mia vita, che spingere agli estremi ciò che voi non osavate fare neanche a metà, stimando per giunta ragionevolezza la vostra vigliaccheria, e con questo inganno consolandovi. Sicché io ne risulto magari più vivo di voi. Ma guardate dunque un po' più a fondo! Noi non sappiamo neppure dove stia di casa la vita adesso, e che cosa sia e come si chiami. Fate che ci lascino soli, senza libri, e subito ci confonderemo, ci smarriremo, non sapremo che partito prendere, a che attenerci; non sapremo che cosa amare e che cosa invece odiare, di che cosa far conto e che cosa disprezzare. (*) A noi ci pesa perfino d' essere uomini, uomini dotati d' un vero, d' un 'proprio' corpo e d' un proprio sangue; ci vergognamo di questo, lo riteniamo un' ignominia e aspettiamo di diventare non so che inauditi esseri astratti. Siamo nati morti, del resto è un pezzo che non nasciamo più da padri vivi, e questo ci conviene sempre più. Cominciamo a prenderci gusto. Presto inventeremo la maniera di nascere dall' idea. Ma basta; non voglio più scrivere 'dal sottosuolo'..."

(Fëdor Michajlovič Dostojevskij -Ricordi dal sottosuolo)

* mio il grassetto





4 commenti:

  1. basterebbe intanto bloccare l'eredità. Già a livello mondiale sarebbe una bella rivoluzione. Lasciamo perdere la proprietà privata, troppo complicato. Sull'eredità non ci sta nessuno. Nemmeno a sinistra....

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  2. non hai mai pensato che....
    i libri potremmo essere noi?
    ciao mia cara, passa un sereno week end...
    presto sboccerà la Primavera!
    c.

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  3. no...senza i libri, senza il sapere...il nostro libro sarebbe - insipido -

    e questo tu lo sai bene.

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  4. E', chiaramente, una provocazione. Ma... poniamo, per un attimo, il caso che tutta l' architettura del sapere, progressivamente eretta, ed il dedalo di pensieri che -mimetici come siamo- s' è insinuato in noi, con mille teorie, mille tendenze, gli inevitabili plagi e le conseguenze sulle nostre stesse personali scelte; poniamo il caso di dover ricominciare tutto daccapo, d' essere rimasti pochi superstiti di un mondo concluso -dopo un' apocalisse tecnologica immane o dopo uno sciagurato ultimativo cataclisma naturale-, e di non aver più memoria, ma solo il sentimento d' essere reduci dal più gigantesco errore mai concepito come specie umana: ecco, a quel punto, sapremmo comunicare, sapremmo incontrarci, saremmo in grado di ritrovare un germe di umanità, di ricostruire le basi di una rinascita?
    E' stato quello perduto il migliore dei mondi possibili che l' uomo sa potenzialmente costruire? Spesso ci penso, e tremo all' idea che sia così.
    E' l' indipendenza di pensiero, la nostra unica vera ricchezza, eppure abbiamo dimostrato di non essere neppure in grado di comprendere quando qualcosa (un sistema economico, una religione, un falso profeta, un' ideologia) ce ne scippa a nostra insaputa. Forse siamo più stupidi di quanto non fosse possibile supporre, soprattutto quando acconsentiamo a raggrupparci, ad illuderci d' appartenere ad un "consorzio", ad accettarci in caste, fazioni, dietro le più disparate barricate.
    Per quanto sia duro, preferisco il "sottosuolo", in cui tentare il mantenimento della purezza. Ma l' Amicizia rimane il più splendido dei soli.

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