martedì 14 dicembre 2010

Madre

Supplica a mia madre

E' difficile dire con parole di figlio 
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, 
ciò che è stato sempre, prima di ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch' è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata 
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio essere solo. Ho un' infinita fame 
d' amore, dell' amore di corpi senza anima.
Perché l' anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l' infanzia schiavo di questo senso 
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l' unico modo per sentire la vita, 
l' unica tinta, l' unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione 
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. 
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile.
(P.P.Pasolini )

***


Sette mesi di vita pre-natale: auguri tatino, se sarai maschio ti chiamerai S., anche se poi - io temo-, il tuo nome completo risulterà un pochino cacofonico.
Spero che tu non me ne vorrai ed, anzi, ti consolerai considerando altre cacofonie celebri..., che so... Galileo Galilei, per esempio, giusto per esagerare...

Quante storie per una gravidanza...Insomma, si tratta della solita manfrina, un evento biologicamete naturale e perfino dovuto: a questo serve la donna. Arriva presto, e che finisca quest' attesa perché, per quanto tempo io potessi avere ancora davanti, non potrei dirmi mai realmente pronta.

Mio padre ancora non sa: ho pudore ad informarlo. Da quando sono uscita dall' infanzia, in cui ha dimostrato d' essere il più tenero dei padri, l' ho scoperto vagamente misogino. Detesta il mio esser donna. Così mi sento sbagliata, in modo irrimediabile. Perché mi fa questo.

Mamma dimessa, perennemente tirata, triste. Non riescono ad infrangere le barriere che dividono le loro anime...; perché è tanto difficile amare? Mamma piange, al telefono. Mi dice "Mi manchi tanto". Santocielo, non so come aiutarti, non so che fare.
Finitela di attendere qualcosa da me: io non posso nulla, non sono dio.

Il quaderno appoggiato sulla pancia, le ginocchia piegate a fungere da leggio: tu scalci forte e fai saltare tutto in aria. Ti canto una canzone:


"You who are on the road/Must have a code that you can live by/And so become yourself/Because the past is just a good-bye./Teach your children well,/Their father's hell did slowly go by,/And feed them on your dreams/The one they picks, the one you'll know by./Don't you ever ask them why, if they told you, you will cry,/So just look at them and sigh/and know they love you./...."

Hai cancellato la mia memoria, la mia storia è già nebulosa e vaga, ma era solo ieri; mi chiedo che cosa io sia tenuta a diventare ora, ho paura. Dare la vita è responsabilità tremenda, e poi non so come si faccia, nessuno collabora, nessuno m' insegna.
Non ho fatto che improvvisare, nell' esistenza. L' esistenza  è beffarda, ed ama i vincenti.
Non me, allora.

Primo giorno ufficiale da mamma in attesa, astensione obbligatoria, praticamente casalinga. In Ufficio le ragazze non han fatto che ripetere ai clienti: "No, non c'è e rimarrà per un po' assente, sa, la maternità..."

Certo, dietro a questa grossa pancia, sono sempre, senz' ombra di dubbio, io. Il tatino non ha cancellato proprio niente, povero caro. Stessa persona di prima: esigente, passionale, curiosa, senza il minimo cenno di stanchezza. Imbianco le pareti di casa dei miei, prossimi al trasferimento, inerpicandomi sulla scala. Dandy, il mio cocker spaniel, non fa che zomparmi addosso.
Scemo d' un cane, non hai mai obbedito ad un solo ordine. 
Che passato storto: niente di normalmente regolare. Come mai. 

Mi hanno detto di averti visto in posizione podalica ed in iposviluppo: terrore.

Altra ecografia: il bambino è perfetto. Podalico, ma perfetto. Gaglioffi, incompetenti, inaffidabili: ma nelle mani di chi lo devo far nascere questo piccolo uomo? Terrore.

Oh, mamma. La tua dolcezza, quel dispendio di te stessa, incondizionatamente, senza risparmio, ti rendono la persona più patetica che abbia mai avuto modo di conoscere nella mia esistenza. Perché sei così infelice. Questa mia anima sanguina. Così mi uccidi. 

Sei nato alle 5.17. Finita l' attesa, comincia l' inizio. Non è stato bello, non finiva mai, ed ero sola. Ho due compagne di stanza sgradevolmente volgari. Il dottor F. desidera leggere ciò che mi vedeva scrivere sul quaderno di pergamena. "Vorrei conoscere" - dice- "i risvolti emotivi della sua esperienza". Mah! Mi ricorda la  psicanalista con poncho ex-sessantottina, ex- fricchettona di cui racconta Foster: difficile credere che ad uno sconosciuto possano interessare davvero i miei "risvolti emotivi"; ma a che gioco gioca? Non gli dirò un bel nulla.
.
Lo guardo.
Il suo viso pare dipinto su ceramica, sembra un angelo. Anelo alla perfezione della sua esistenza e la invidio: un bimbo che dorme può rappresentare simbolicamente la felicità. La felicità assoluta è quel sonno che non conosce ancora il bisogno dei sogni.

Tremo al pensiero di quali e quante infamie gli riserverà la vita e di quanti danni potrei forse procurargli io stessa nel tentativo di proteggerlo. Nel frattempo accantonerò me stessa. D' altronde, già m' era stato annunciato: "Preparati a scomparire. E' lui la primadonna, adesso."

Giro per la mia casa, a volte inutilmente, come seguissi percorsi misteriosi. Qualcosa s' é rotto, dentro. I ritmi del sonno sono sconvolti, non mi fa più dormire ed io ne ho un bisogno infinito. Non so mettere a fuoco il nucleo del malessere. E' uno strano disagio con me stessa, un' indecifrabile sottile disperazione: provo un senso di colpa strisciante per quest' incongruente infelicità. Non mi fido di nessuno, neppure di chi mi professa amore. Non si può amare una cosa tanto laida. Non sono degna di un amore sconfinato che non tema nulla, mi sento una povera cosa, mi detesto.

Chi afferma che la famiglia è una dolce culla di garanzie, sostegno, sicurezza e tiepidi affetti non ha conosciuto la mia originaria.
Accuserò anche di questo, me stessa?

Provo a riprendere le redini di questa auriga impazzita: la depressione, il "male oscuro", non mi avranno.
Ma poi mi hanno.
E' il vivere, che guasta. La vita, è malata e fa ammalare. Si approda così alla fede, per questo si cerca Dio? 
Santocielo, non so più niente.

4 commenti:

  1. Cara, per ora mi soffermo sul mitico trio, Crosby Stills Nash...da ragazza li ascoltavo anche io :-)

    io non credo che il vivere guasti, credo invece che la nostra condizione ad accogliere la vita sia troppo vulnerabile...è necessaria più forza dentro di noi, quella che la famiglia, la buona educazione, gli affetti, non sono sufficienti a dare.

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  2. Una dose di equibrata "impassibilità", un sorta di atarassia, sulla falsariga di quella inseguita dalla filosofia buddhista, aiuterebbero quell' essere umano così sensibile da ammalarsi anche a causa del dolore altrui, per "eccesso di umanesimo". Ma ne scaturisce un paradosso: non è possibile amare l' Uomo e poi superarne le peculiarità, compresa la sua debolezza.
    Io credo che vivere in un sistema decadente possa ferire l' anima, in misura tanto più probabile, quanto quella è più bella.

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  3. un punto fermo è necessario, la fede aiuta la solitudine a farsi "caverna"...io, guardando la mia esperienza, capisco che serve anche l'incomprensione in famigia per riuscire a maturare un certo distacco dai legami, per affidarsi a qualcosa che deve nascere da dentro.
    se ci appoggiamo e siamo appoggiati sempre dagli altri alla fin non cozzeremo mai contro le difficoltà che la vita ci presenta senza preavvisi...tutto serve, tutto.
    però l'amore non deve mai venire meno...

    buona serata Morena
    carla

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  4. Cara Carla, convengo senz' altro con quanto tu dici a proposito della necessità di conoscere sé stessi in profondità, cercare il proprio percorso e seguirlo con tenacia, se occorre testardamente, e perfino quando esso possa procurare lacerazioni sentimentali e solitudine. Del resto è ciò che ho dovuto fare..., e senza neppure la fede...
    Un sorriso. Buona serata anche a te.

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