venerdì 5 novembre 2010

A braccetto con Nietzsche, passeggiando e chiacchierando, con un breviario delle idee nelle tasche.[ La svolta della filosofia moderna] -3-

Sirio: - La nebbia s' infiltra ovunque, ma ho bisogno di muovere i passi. Talvolta mi chiedo se sia questa una forma di malattia, una nuova psicosi. Perché non so stare in totale riposo e tenere a freno questi arti nervosi e questo cervello? Vorrei talvolta riuscire a pensare soltanto a me stessa pensante, senz’ altre divagazioni né attività.


Toh! Ecco il tuonante Friedrich. Non è meno pazzo di me, dunque … “Salve, filosofo, anche tu nella foschia dell' autunno padano?”

Friedrich: - Salute a te, amica mia. Sapevo di incontrarti comunque! La mia anima era inquieta: vive quest' umida stagione con stizza, anela al sole. Dovevo uscire: pareti e soffitti non sanno ispirarmi tanto quanto il cielo, per quanto greve e grigio.

Sirio: - Hai detto “anima“. Pensavo che fosse vocabolo a te estraneo e comunque inviso; pensavo che, se da te proferito, aprisse le cateratte del cielo, come un' eresia in una cattedrale…

Friedrich: - La mia non è l’ anima dei metafisici, non è quell’ “anima immortale” di cui parlano con troppa enfasi non disgiunta da una certa apprensione. Io sento di possedere molte, molte, molte anime mortali.

Sirio: - Cos’ è, un paradosso? L’ anima è sempre, per definizione, immortale …

Friedrich: - “Quando sentiamo parlare i cavillosi metafisici, abitatori di un mondo dietro le cose, noialtri sentiamo in verità di essere i “poveri di spirito”, anche però che è nostro il regno dei cieli del cambiamento, con primavera ed autunno, con inverno ed estate, e loro il mondo dietro le cose, con le sue grigie, gelide ed infinite ombre. “

Costoro si immaginano un’ anima che guarda al corpo con disprezzo, e questo stesso disprezzo considerano equivalente ad essere elevati; in passato quest’ anima voleva il corpo affamato, macilento ed orrido.

Non si accorgevano che in simile modo anche l’ anima era orrida macilenta ed affamata!

Si deve estirpare dalla Scienza l’ idea di un’ anima atomon, di questa monade indistruttibile, eterna ed indivisibile che il cristianesimo ci ha trasmesso. Dio è morto.

Sirio: - Friedrich, io non so praticamente nulla, ma sono certa di avere un’ anima. E’ diversa da tutte le altre, sono IO, c’è. Esiste. Anche se ancora non so cosa sia. Neppure tu potrai dissuadermi dal crederlo vero: io la sento.

Friedrich: - L’ ipotesi anima deve essere considerata in modo completamente diverso dal precedente, mia cara Sirio. E’ difficile, lo so, uscire da un’ idea trasmessa dalla memoria collettiva ed ancestrale. Certo che c’è. Certo che è solo tua.

L’ errore fondamentale è nel modo in cui sei stata indotta a considerarla.

Dal cristianesimo in poi ne abbiamo un’ idea superstiziosa. Il concetto di un’ anima che stia di casa in un posto diverso e che casualmente sia entrata in un corpo per questo o quel motivo, che sia albergata in qualcosa di terreno, la “carne”, che però, sostanzialmente, non la riguarda e non la condiziona, alimenta l’ idea che l’ individuo sia fatto di trascendenza. In questo modo l’ uomo attribuisce a sé stesso un’ importanza pazzesca.

Il peggior difetto umano è la vanità. Il difetto più condiviso, in assoluto, senz' ombra di dubbio, in ogni  epoca e luogo.

Il cristianesimo, infatti, ha elevato in modo inaudito la pretesa umana di ergersi a giudice di tutto e di tutti, legittimando in lui una mania di grandezza esagerata. Ecco perché l’ Uomo pensa di poter avere diritti eterni.

Quando l’ Uomo parla ispirandosi alla sua “immortale” anima, parla come se fosse lui stesso Dio.

Sirio: - Intuisco che tu dici bene, anche se il tuo dire graffia ed umilia, anche se quel che sai non è abbastanza.
Ma io so che c'è. Non so ancora, però, che cosa sia. Le immagini che di essa ci siamo creati, platonicamente, sono, alla resa dei conti, le più facili da pensare, e le più consolatorie.

Non so come, … ma ora mi sento infelice, e, quanto più sento vicine alla verità le tue congetture, tanto più soffro.

Friedrich: - Sbarazzati, dolce Sirio, della tua poco nobile ansia di trascendenza e vivi ogni istante, senz’ occuparti più dell’ eternità. Pensi forse di non aver abbastanza grattacapi, procurando di vivere appieno la tua terrena esistenza?. Ecco il bivio: ti saluto, amica donna, alla prossima volta …

Sirio: - Un sorriso, Friedrich, magari triste ma sereno.
Animo, mia anima: un' altra notte tra le spire infinite delle eterne domande...



(./..)

2 commenti:

  1. L'anima c'è, ancorché mortale, mentre metterei in dubbio l'esistenza di "peggiori difetti" in quanto spiegarsi perché il calderone, in perpetua ebollizione, del mondo dovrebbe pervicacemente mantenere entro di sé tali "difetti" richiederebbe spiegazioni contorte e teatrali, ad esempio l'inverosimile lotta fra principii del Bene e del Male. Non è più semplice notare, con Konrad Lorenz, come ogni struttura incorpori inevitabilmente in sé la doppia natura di supporto e di vincolo? Così, se la vanità "permane" è perché questa compie un servizio utile alla vita, anche se con qualche effetto collaterale. Spesso trovo istintivamente odioso il modo compiaciuto con cui altri si avvolgono entro un mantello di illusioni cucite da menzogne evidenti, ma poi rifletto che senza tale mantello essi morirebbero di freddo, ed allora lascio che sia.

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  2. La vanità sta in basso, nel ventre della bestia umana, ed io pure lascio che sia e non mi ci voglio invischiare. Ma non accordo alibi, non sono incline al perdono degli umani difetti: tutto il percorso della specie consta di progressive, strepitose conquiste. Perché ritenere che l' intelligenza che fin qui ci ha condotti subisca arresti o veti; perché non esigere che aspiri ad ulteriore perfezionamento e progresso?
    Noi umani siamo condannati ad essere liberi: le nostre stesse risorse intellettive ci hanno portato oltre le leggi naturali ed i nostri difetti sono totalmente e scientemente scelti.
    Ho il vizio del desiderio dell' impossibile, che, nel contempo, mi conferma l' esistenza di quell' anima che abbiamo evocato. L' anima c'è -qualsiasi cosa essa sia- e condanna chi la sa ascoltare ad una lacerante ed appassionata nostalgia del sublime. Un sublime che, se può essere concepito nell' idea e nell' idea condiviso da qualcuno, forse è già memoria di qualcosa che è stato perduto.
    "Vi è vera vita nella nostra disperazione
    vitalità del veleno - una radice viva
    che nutre rami implacabili."

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